L’Europa può ribellarsi
Le speculazioni finanziarie che aggrediscono i vari paesi dell’Unione potrebbero essere bloccate da una politica comune e da una tassazione efficace. La politica si è arresa al potere del denaro?
L’attacco speculativo dei giorni scorsi sui titoli di stato italiano ha fatto crescere di otto miliardi di euro l’ammontare degli interessi che ogni anno il tesoro italiano dovrà pagare per rifinanziare i 400 miliardi di euro di titoli in scadenza nei prossimi 18 mesi. Dato che quasi la metà dei titoli italiani sono in mani estere, significa che metà di questi soldi non “rimarranno in casa", poiché sono risorse che si sposteranno all’estero,anche se i titoli sono emessi da noi. Dato che l’ammontare di questi interessi non si potrà addebitarlo ai politici che con i loro litigi o malgoverno hanno dato motivo alla speculazione di scatenarsi e non potendo aumentare ancora il nostro debito se non vogliamo finire in bancarotta, si traduce nel fatto che li dovremo pagare noi italiani con più imposte o meno servizi.
Avendone avuto l’occasione, ho chiesto ad un autorevole funzionario italiano del settore perché l’Europa non impone che i famosi Credit Default Swaps (CDS), oggi il mezzo più semplice per speculare, siano soggetti all’imposta sulle assicurazioni, dal 22 al 26 % del premio.
I CDS infatti, anche se non nella forma, nella sostanza sono una forma di assicurazione, perché coprono dal rischio di default, cioè di insolvenza del debitore. Secondo le ultime stime coi CDS oggi si assicurano 55.000 miliardi di dollari di debiti e ciò comporta che ad un costo del 2 per cento, premi per 1.100 miliardi, potrebbero fruttare agli stati 275 miliardi di dollari, molto utili ai paesi più coinvolti dalla speculazione finanza che stanno cercando di non affogare nei debiti.
Ora più il debitore ha difficoltà a far fronte agli impegni più queste polizze accrescono il loro valore e questo genera ulteriori rischi speculativi. Una tassazione potrebbe in qualche modo limitare queste operazioni e allora perché non si agisce?
La risposta del funzionario è stata spiazzanti: «Perché altrimenti queste operazioni si trasferirebbero nei paradisi fiscali». Sono rimasto interdetto, forse era l’unica risposta che al momento aveva trovato, magari nell’imbarazzo di non aver avuto il coraggio di proporla nel suo ambito.
Ripensandoci però l’inconsistenza della risposta mi è sembrata evidente: simili operazioni sono di solito opera di istituti finanziari che operano secondo le leggi del loro paese, altrimenti si cade nell’area della criminalità. Ora per trasferire queste operazioni nei paradisi fiscali questi istituti dovrebbero trasferirvi i loro capitali ufficialmente e quindi dovrebbero pagare nei paesi di origine le imposte sui guadagni da essi ottenuti.
Se l’Europa non si ribella imponendo queste imposte forse è perché il potere affidato ad un governo mondiale che di fatto nessuno vuole, è già esercitato dalla finanza speculativa, che in questi giorni vediamo essere in grado di aumentare o diminuire il debito di un paese dichiarando più o meno sicuri i titoli da esso emessi, astenendosi o meno dal renderli oggetto di speculazione.
Se è così, le nostre democrazie sono fasulle e sarebbe il momento che la comunità europea, il gruppo di stati più potente del mondo, facesse pesare la sua potenza a vantaggio di tutti, ribellandosi al potere del denaro.
Se l’Europa decidesse che i contratti CDS sono impugnabili legalmente solo se registrati nel suo ambito o hanno versato la dovuta imposta, il gestirli altrove perderebbe di valore e le banche centrali avrebbero molti più elementi per valutare le banche che hanno il compito di controllare, i cui impegni non sempre compaiono nei bilanci.