L’Europa per un mondo unito
Abbiamo parlato, durante il giorno, dell’Europa e, in particolare, dell’Europa dello spirito. Abbiamo visto il contributo che possiamo dare alla sua realizzazione, attraverso, ad esempio, i movimenti e le comunità spirituali o carismatiche. Viene ora da chiederci: abbiamo esaurito con ciò quanto doveva emergere dalla giornata di Stoccarda? Nei fondatori e padri dell’Europa unita, l’Europa non era considerata come il fine ultimo del loro sforzo di unione. Infatti la Dichiarazione Schuman afferma: L’Europa, con maggiore copia di mezzi, potrà continuare la realizzazione di uno dei suoi compiti essenziali: lo sviluppo del continente africano (1), di cui oggi così tanto si è udito parlare. Nella loro visione, l’Europa è una famiglia di popoli fratelli, ma aperta ad una missione universale. L’Europa vuole la propria unità anche per contribuire all’unità della famiglia umana. L’unità della famiglia umana… Ma proporsi l’unità della famiglia umana non è forse, si potrebbe pensare, una speranza illusoria? Direi di no, perché puntare a un mondo unito è piuttosto quanto i segni dei tempi domandano. Infatti, l’unirsi di stati è, qua e là nel mondo, una realtà già in atto, segno di un’esigenza non più rinviabile. Vi è un consolidarsi di rapporti fra stati, presente in tutti i continenti, come la recente Unione africana, come le Conferenze ibero- americane. E ci sono le organizzazioni internazionali a vocazione universale, a cominciare dalle Nazioni unite, il cui ruolo resta determinante per conoscere, affrontare e gestire con il concorso di tutti gli stati le principali questioni che toccano la vita di popoli e paesi. Volere un’Europa unita per arrivare al mondo unito può essere, perciò, uno di quei contributi finali al nostro pensare qui a Stoccarda. E allora chiediamoci: per stare al passo con i tempi e con Dio ed i suoi piani, riguardanti l’Europa e il mondo, quale il modo ideale di comportarci? L’abbiamo già annunciato ed è utile ripetercelo: tradurre in vita da subito quell’idea-forza che è la fratellanza universale, e farlo vivendo l’arte di amare di cui abbiamo parlato. Quest’arte la si può, la si deve vivere anche in politica, apporto indispensabile per raggiungere il mondo unito. Si può ricordare che i movimenti carismatici, pur essendo primariamente religiosi, hanno, non di rado, un’attenzione particolare al mondo politico, coinvolgendo nella propria novità di vita cittadini, politici di diversi partiti, funzionari, diplomatici, tutti i soggetti della politica. Lo scopo di questi politici aderenti ai movimenti è vivere sempre nella fraternità e, con essa alla base, aprirsi ai valori profondi, eterni dell’uomo. Solo dopo si possono muovere all’azione politica. La scelta dell’impegno politico per essi è un atto d’amore, con il quale rispondono ad una chiamata personale o vengono incontro ad un bisogno sociale, ad un problema della città, alle sofferenze del popolo, alle esigenze del tempo. Chi è credente avverte che è Dio stesso a chiamarlo; chi è di convinzioni diverse risponde ad una domanda umana che trova eco nella sua coscienza. Questi politici, ancora, non si accontentano di amare da soli, ma cercano di portare gli altri, alleati o avversari, all’amore, perché la politica è relazione, è progetto comune. Un’ulteriore espressione della fraternità in politica è amare la patria altrui come la propria. La più alta dignità per l’umanità sarebbe, infatti, quella di non sentirsi un insieme di popoli spesso in lotta fra loro, ma, per l’amore vicendevole, un solo popolo arricchito dalla diversità di ognuno e per questo custode nell’unità delle differenti identità. Certamente tutti questi aspetti dell’amore, che realizzano la fraternità, richiedono sacrificio. E qui, il saper portare la propria croce è la condizione sine qua non. Perché il politico, fra il resto, è colui che deve abbracciare le divisioni, le spaccature, le ferite della propria gente. E allora sarà una buona ed utile conclusione della giornata di Stoccarda Insieme per l’Europa, che tutti noi, cittadini e politici, ci proponiamo d’iniziare seriamente ad attuare, con la fede del bambino evangelico, la fraternità universale in Europa, in vista d’un mondo unito. Sì: in vista del mondo unito! Per questa missione ciò che ci ispira, nel nostro spirito e nel nostro agire, è il Testamento di Gesù, la sua lunga preghiera al Padre prima di morire. Da esso emerge chiaramente che l’unità della famiglia umana, come parte del disegno di Dio sin dalla creazione, è capace di superare le evidenti divisioni, non solo quelle territoriali, ma anche quelle frutto di scelte politiche, di condizioni etniche, religiose, linguistiche… (cf 1Cor 12). Partendo da questo presupposto, si capisce come il Testamento di Gesù contenga in sé il germe di ogni forma di integrazione ed unità tra i popoli: l’unità, e il metodo per raggiungerla: l’amore scambievole. La conseguenza è il rifiuto di discriminazione, di guerre, di controversie, di nazionalismi, di rivendicazioni dell’interesse nazionale e l’esigenza di porre a disposizione di tutti i popoli i beni della creazione quali doni di Dio, è l’idea della comunione, della fraternità universale in atto. Giovanni Paolo II, nel Messaggio in occasione del 50° anniversario della fine della Seconda guerra mondiale (1995), rivolgendosi ai giovani scrive: A voi è affidata la missione di aprire nuove vie di fratellanza tra i popoli, per costruire un’unica famiglia umana (…) Risuoni nella coscienza di tutti questo invito: ama gli altri popoli come il tuo. Signore e signori tutti, fratelli e sorelle, e membri dei vari movimenti e gruppi. Un politico, forse qui presente, ci ha comunicato, qualche tempo fa, un pensiero su questa giornata, che vorremmo fosse una speranza: La realtà vitale dei movimenti – ha detto – che percorre come un magma incandescente, ma sotterraneo, la vita del continente, deve bucare la crosta e far sì che il proprio fuoco sia ben visibile, in maniera che la società, ed in modo particolare il mondo politico, ne vengano scossi e modificati. Va creata una sorta di corto circuito che li metta in contatto e faccia in modo che la vita vera possa condizionare la società a tal punto che non se ne possa più prescindere. Stoccarda potrebbe essere quella occasione. Che il Signore faccia che lo sia!