L’Europa della solidarietà
Carlos María Bru Purón, notaio, giurista e politico, ha militato nel gruppo democristiano Izquierda Democrática e dal 1979 nel Partito socialista operaio spagnolo (Psoe). Nel 1982 è stato deputato per Madrid nelle Cortes e poi eurodeputato in due legislature. Ci parla dell'Unione europea, tracciando un bilancio di sessant'anni di attività.
Nel 2012 è stato assegnato il Premio Nobel per la pace all’Unione europea. Perché a un organismo politico?
«È stato assegnato perché "per oltre sei decenni ha contribuito all'avanzamento della pace e della riconciliazione, della democrazia e dei diritti umani in Europa". Da quando è stato istituito il Nobel, nel 1901, tra i premiati 97 sono state persone, in 20 occasioni sono state organizzazioni. In quanto a organismi con potere politico, nel 2001 è stata riconosciuta l’Onu. Non mi sorprenderebbe se lo assegnassero alla Costa Rica per mancanza di forze armate o al Bhutan perché ha sostituito il Prodotto interno lordo (Pil) con la Felicità interna lorda».
L’Ue ha compiuto ormai sessant’anni. Facciamo un bilancio?
«Possiamo dire molto sommariamente che dopo secoli di lotte fratricide, rivoluzioni, repressioni e genocidi, a partire dal Congresso dell’Aia del 1948, che vede la nascita del Movimento europeo, è cominciato un cammino poi sfociato in un’unione politica di stampo federale. L’attuale crisi economica mette allo scoperto le sue carenze, incluso il rischio se non di rottura, certamente di inanità. Tuttavia il motto dell’Ue è "Unità nella diversità" e il dovere degli europei consiste nel non disunirsi nelle avversità».
E come lo facciamo?
«Credo consolidando gli elementi federalisti: autonomia, partecipazione e solidarietà. Autonomia significa che gli Stati, e al loro interno le comunità autonome, conservano la propria identità e gestiscono quello per cui sono capaci e sufficienti. La partecipazione, che è la base di ogni democrazia, nell'Ue avviene tramite la rappresentatività dei membri del Consiglio e quelli del Parlamento europeo. È molto probabile che in futuro il presidente della Commissione e forse il presidente dell’Eurogruppo verranno eletti. Inoltre, contiamo sul diritto di iniziativa dei cittadini europei, secondo cui con un milione di firme è possibile proporre misure legislative comunitarie non solo per l'Ue, ma anche per tutti i suoi accordi sulla giustizia, la pace e la sostenibilità del pianeta».
Forse in questo momento la solidarietà è l’elemento più deficitario.
«Non creda. L'intesa alla D’Artagnan – "Uno per tutti e tutti per uno" – nell’Ue la solidarietà si manifesta nei fondi strutturali, soprattutto quelli di coesione, e nella clausola esplicita di solidarietà dell’articolo 122 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea per rischi di attacco esterno, catastrofe o anche carenza di rifornimento energetico. A questi rischi c’è da aggiungere ora quello della recessione economica, con i conseguenti tagli di bilancio e disoccupazione».
Nonostante tutto, a volte si ha l’impressione che la solidarietà resti una bella parola.
«Per questo bisogna basarsi sulla razionalità e la legittimità del suo quadro economico, che comporta il conferimento della personalità giuridica all’Eurozona tramite la cosiddetta Cooperazione rafforzata».
Ossia che l’Eurozona richiederebbe una politica economica propria.
«Esatto. Ne è prova il Fiscal compact, un trattato tra i Paesi dell’Eurozona che prevede un impegno per la stabilità finanziaria. Poco a poco, e nonostante le resistenze, sta diminuendo le correzioni per non portarci a ulteriori recessioni. È positivo il Meccanismo europeo di stabilità (Mes) per gli aiuti locali. Ci sono anche i prestiti agevolati per favorire l’occupazione a carico della Banca europea per gli investimenti. Ma bisogna arrivare a una politica simile a quella a cui si è giunti con successo negli Stati Uniti d’America, ossia che la Banca centrale europea possa emettere eurobond o che sia garante delle obbligazioni emesse dagli Stati membri, razionalizzare il settore bancario mediante la Tassa sulle transazioni finanziarie (firmata già da undici dei diciassette Paesi membri), e arrivare all’Unione bancaria. Inoltre la politica economica si potrebbe integrare, se non vogliamo che si rompa, con l’armonizzazione sociale e quella fiscale, boicottando i paradisi fiscali».
Stiamo parlando dell’Eurozona. E gli altri membri dell’Ue? E il resto del mondo?
«Ovviamente bisogna essere solidali con tutti. In Europa bisognerebbe incentivare l’entrata dei restanti Stati dell’Ue nell’Eurozona e creare un regime differenziato per chi non vuole farne parte. Rispetto al resto del mondo, intesa con i Bric (Brasile, Russia, India e Cina) per raggiungere un bilancio attivo per i Paesi poveri. Nei Paesi ricchi abbiamo il doppio dell’attesa di vita; nel mondo ci sono milioni di persone senz’acqua potabile; ogni giorno muoiono di fame 40 mila persone… Per non parlare della disuguaglianza: 600 milioni di abitanti si accaparrano l’83 per cento della ricchezza mondiale, mentre il restante 17 per cento è per 5.700 milioni di persone».
Dati indiscutibili, dunque. E cosa fa l'Ue a proposito?
«In quanto al sostegno per lo sviluppo, l'Ue è ancora avanti, e con un discreto vantaggio, rispetto agli altri Paesi donatori; se è quanto mai certo che il famoso 0,7 per cento del Pil è andato perduto, bisogna recuperarlo e sorpassarlo. In quanto allo sforzo di sostenibilità, ricordiamo l’impegno dell’Ue per 20 (anni) – 20 (percentuale di riduzione di emissioni) – 20 (percentuale di energie rinnovabili)", con l’obiettivo di portare il secondo elemento a 30».
Infine, cosa può fare il cittadino?
«Bene, iniziative come il Movimento politico per l’unità sono già una risposta, con la sua impazienza di nutrire di fraternità il quadro politico a livello tanto locale quanto globale. Semplicemente perché riconosce che tutti e ognuno degli abitanti di questo mondo hanno condizione di dignità. Questa condizione figura esplicitamente nel preambolo della Dichiarazione dei diritti umani dell’Onu, redatta dal Nobel per la Pace René Cassin. L’ex presidente brasiliano Lula da Silva ha detto che l'Ue è "patrimonio democratico dell’umanità", che è una cosa molto bella, ma dovrebbe essere anche per l’umanità».