L’Eucaristia fa la Chiesa: la Chiesa fa l’Eucaristia
Carissimi fratelli in Cristo,
ci riunisce qui la celebrazione del Congresso Eucaristico, che è stato indetto nella nostra diocesi come un momento di Dio, col motto: “L’Eucaristia fa la Chiesa: la Chiesa fa l’Eucaristia”. Un “momento di Dio”, che si prolunga per sette giorni, e che va vissuto in ogni istante.
In questa mezz’ora dovrò esporre qualche idea, che ci aiuti a vedere come possiamo mettere in pratica il motto stesso del Congresso, ma sono convinta che l’esposizione del poco che saprò dirvi, avrà la sua piena efficacia se noi viviamo questo breve tempo che passiamo insieme, veramente come un momento di Dio, e cioè per Lui solo e assieme a Lui.
Se siamo qui radunati in Lui e come Lui vuole, e cioè nel reciproco rispetto e amore cristiano, Egli lo sappiamo — è con noi: “Dove sono due o tre uniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 18, 20).
E, se Lui è con noi, illuminerà meglio la nostra mente, scalderà il nostro cuore e spronerà la nostra volontà: metterà luce e fuoco sotto ogni parola. Precisiamo, allora, subito la nostra intenzione: siamo qui non soltanto perché piaccia assistere ad una celebrazione, non tanto per udire qualcosa di nuovo, non perché in Chiesa bisogna pur andare, né per fare un piacere a chicchessia, ma proprio per Lui, per esprimerGli il nostro amore, con questo atto di ascolto, in questa reciproca comunione fra chi cerca d’offrire qualcosa per amore e chi, per amore, riceve.
L’Eucaristia ci trasforma in Cristo e ci fa una cosa sola
“L’Eucaristia fa la Chiesa”, dice la prima parte del motto. Fa la Chiesa.
Ma che cos’è la Chiesa?
La Chiesa è il Corpo di Cristo, è Cristo che continua.
E come mai l’Eucaristia fa la Chiesa?
Per capire ciò è utile sapere che differenza c’è fra l’effetto che operano gli altri sacramenti e ciò che opera l’Eucaristia.
Per gli altri sacramenti si è uniti a Gesù per la grazia speciale di ciascuno di essi.
Il sacramento del battesimo, ad esempio, lava nell’uomo il peccato originale e gli altri peccati, per cui è il sacramento della nuova nascita. Il sacramento del matrimonio dà la grazia per vivere uniti in Cristo nella vita matrimoniale.
Ciò che fa l’Eucaristia è diverso. In Essa si ha Gesù stesso. Nell’Eucaristia è Gesù stesso che viene in noi.
E che cosa fa Gesù in noi? Ci trasforma in sé.
E una cosa straordinaria, ma è così. “L’effetto proprio dell’Eucaristia – dice san Tommaso – è la trasformazione dell’uomo in Dio: la sua divinizzazione1.
Dice la Lumen gentium: “La partecipazione al corpo e al sangue di Cristo, altro non fa, se non che ci mutiamo in ciò che prendiamo”2.
Noi non trasformiamo Gesù in noi, come accade per il cibo della nostra vita quotidiana, ma per l’Eucaristia siamo noi trasformati in Lui.
Dice sant’Alberto Magno: “Ogni volta che due cose si uniscono in modo che una si deve trasformare in tutto il resto, allora ciò che è più potente trasforma in sé ciò che è debole. Perciò, siccome questo cibo possiede una forza più potente di coloro che ne mangiano, questo cibo trasforma in sé coloro che lo mangiano”3.
I Padri e i dottori della Chiesa parlano chiaramente: “… in figura di pane ti è dato il corpo e in figura di vino ti è dato il sangue, per diventare, avendo partecipato dei corpo e del sangue di Cristo, concorporeo e consanguineo di Lui”4.
Diventiamo: “… ossa delle sue ossa, carne della sua carne, membra delle sue membra”5.
Non avviene un’unione fisica, ma un’unione delle nostre persone col corpo glorificato di Cristo -presente nell’Eucaristia -. Siamo concorporei, realmente, ma in un senso nuovo, mistico.
Ma l’Eucaristia non produce solo la trasformazione di ogni singolo cristiano in Cristo, ma, da vero sacramento d’unità, produce anche l’unità fra gli uomini, la comunione tra i fratelli, fratelli di Gesù e fratelli gli uni gli altri; fa la famiglia dei figli di Dio.
Gesù, mediante l’Eucaristia, unisce i cristiani a se stesso e tra loro in un unico corpo, e così dà vita alla Chiesa, nella sua essenza più profonda, là dove essa è tutta carità, è unità, corpo di Cristo.
L’Eucaristia fa veramente la Chiesa.
Queste le meraviglie che essa opera.
Comportarsi come Gesù vivendo le Beatitudini
Naturalmente, come tutti sappiamo, gli effetti dell’Eucaristia si verificano a quelle condizioni che impariamo nel catechismo e che erano conosciute ed osservate tanto bene dai primi cristiani.
È logico che può comunicarsi e sperare in questi frutti chi crede nella dottrina di Cristo, chi è battezzato, chi, particolarmente, ha fede in ciò che l’Eucaristia è, chi si pente e confessa i propri peccati, chi ha l’intenzione di vivere secondo gli insegnamenti di Cristo.
Occorre poi riconciliarsi con i fratelli con i quali non si fosse nella pace, perché Gesù ha detto chiaramente: “Se dunque presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro dite, lascia il tuo dono all’altare e va prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono” (Mt 5, 23-24).
Ancora, può accostarsi all’Eucaristia chi è in piena unità con la Chiesa, col Vescovo, perché dov’è il Vescovo lì è la Chiesa. E infine chi ha il desiderio di quell’unione con Cristo e con i fratelli che l’Eucaristia realizza.
Ma, se ci sono delle condizioni necessarie perché l’Eucaristia produca gli effetti desiderati, affinché questi effetti (e cioè la trasformazione del nostro essere in Lui e la profonda piena unità con i fratelli cristiani) permangano, si esige un nostro preciso comportamento. 1
L’Eucaristia ci trasforma in Cristo. Chi diventiamo? Un altro Cristo.
E allora come dobbiamo comportarci? È evidente: come Cristo stesso. I suoi sentimenti, i suoi modi di pensare, devono diventare i nostri; il suo modo di agire, il nostro.
Gesù dice “beato” colui che è afflitto, che piange, perché Egli pensa che il dolore dell’uomo, se unito al suo, è fonte di una gioia nuova che questo mondo non conosce, e garanzia di una gioia futura?
Anche se il mondo che ci circonda non ragiona così, noi cristiani lo dobbiamo fare: le idee di Gesù devono diventare le nostre.
In un mondo che spesso cerca la felicità a tutti i costi, come nell’edonismo e nella droga, noi cristiani dobbiamo testimoniare che si può essere felici anche nelle lacrime, che tutto ciò che gli altri chiamano disgrazie, dolori, avversità, può diventare, se visto nell’ottica di Cristo, motivo di gioia profonda, pura, feconda di bene.
Gesù dice “beati” i poveri in spirito e cioè quelli che sono distaccati dalle cose della terra, perché, aggiunge: “di essi è il Regno di Dio”! Lo dobbiamo dire anche noi. Oggi, in un mondo qual è il nostro, dove il consumismo penetra dappertutto come un’aria malefica, dove il materialismo congela i cuori nell’esasperato desiderio di benessere solo terreno, noi cristiani dobbiamo andare controcorrente e mantenere il cuore distaccato da tutto.
Gesù è convinto che sono “beati” i puri di cuore perché vedranno Dio. I puri di cuore! La purezza! Ai nostri giorni si sente poco parlare di purezza, e si può capire: in un mondo spesso così corrotto, una simile parola scotta, e allora è meglio dimenticarla.
Ma questo non esime noi cristiani dal viverla profondamente, pienamente.
Non si concilia, ad esempio, la vita di Gesù, che l’Eucaristia porta in noi, con la facilità con cui si seguono oggi alcuni programmi televisivi, con la lettura di certi giornali, con la visione di certi film, con lo sfoggio di certi abbigliamenti.
Il cristiano è chiamato a vedere Dio: è questo il suo straordinario avvenire; e come chi vuole raggiungere un traguardo, non misura gli sforzi, non ha paura dell’allenamento, così il cristiano non deve misurare la fatica che la purezza può costargli.
Pace e misericordia
Gesù afferma: “Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio” (Mt 5, 9)! Se vogliamo che la trasformazione del nostro essere in Cristo per l’Eucaristia permanga, dobbiamo sperimentare anche questa beatitudine.
Siamo nell’epoca delle tensioni, in famiglia, fra le generazioni, tensioni fra le classi sociali, fra gli Stati, tensioni fra est ed ovest, fra sud e nord; in alcune nazioni, fra ricchi e poveri; assistiamo giorno per giorno a fatti di violenza, ad episodi di terrorismo; esistono focolai di guerra già in atto, vediamo ogni giorno la pace del mondo in pericolo e non impossibile anche una catastrofe generale. E i mass-media aggiungono spesso ancora più tensione a quest’atmosfera.
Ognuno di noi ha il dovere di essere un operatore di pace. Come?
Prima di tutto, se l’agitazione affiora, se la violenza ci scuote, stabilendo e mantenendo la pace dentro di noi.
Poi fuori, in famiglia o sul lavoro o nei ritrovi con gli amici o a scuola o per strada: dove occorre. Un animo alterato, che ha perduto la pace, è un focolaio di violenza già acceso: non se ne conoscono le ripercussioni. Ma quando si porta la pace è come quando si getta un sasso nell’acqua: non si sa dove arrivano le benefiche conseguenze.
E poi Gesù ci vuole misericordiosi: che perdoniamo, per essere perdonati. “Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia” (Mt 5, 7).
E potrei continuare…
Ma, l’abbiamo capito: quest’effetto straordinario dell’Eucaristia, che è la nostra trasformazione in Cristo, esige che noi viviamo tutti i suoi insegnamenti, quelli dati nel Nuovo Testamento e spiegati e applicati dalla Chiesa, che Gesù ha istituito perché Lo continui.
Si potrà obiettare: Eh! come si fa! Gli insegnamenti di Gesù sono tanti! come fare a ricordarli? Soprattutto come fare a viverli? Sono difficili, specie in un mondo come il nostro!
Certamente. Sono difficili e sono molti. Ma ce n’è uno che li riassume tutti: amare. Amare Dio; amare il prossimo. Dicono le Scritture e confermano i santi che nell’amore si trovano tutte le virtù. Non solo: ma quando si ama, tutto diventa facile. Si legge in un salmo: “Corro per la via dei tuoi comandamenti, perché hai dilatato il mio cuore” (Sal 119, 32).
Si corre nell’adempimento dei comandi di Dio, se il nostro cuore ama! E allora? Ripromettiamoci oggi almeno questo: cominciamo ad amare tutti.
Vivere come una famiglia: l’amore reciproco
Abbiamo visto però che l’Eucaristia non opera solo la nostra trasformazione in Cristo. Essa ci unisce anche fra noi cristiani in un solo corpo, essa ci fa vivere la Chiesa: l’Eucaristia fa la Chiesa.
Perché questa stupenda realtà d’essere corpo di Cristo, Chiesa, famiglia di Dio, permanga, dobbiamo anche qui far la nostra parte.
Ogni famiglia – come sapete – ha le sue esigenze, le sue leggi.
Caratteristica ad esempio di una famiglia naturale, di una buona famiglia di questa terra, è quella di vivere tutti insieme. I membri: papà, mamma, figlioli, nonni, abitano sotto uno stesso tetto.
La vita comune della famiglia è più manifesta poi, in certi momenti quando ad esempio lutti si siedono a tavola insieme.
In ogni famiglia, ancora, pur avendo ciascuno qualche piccolo oggetto personale, si ha tutto in comune.
Il dolore d’un suo membro è sentito da tutta la famiglia. Ognuno si preoccupa, aiuta, risparmia per l’altro. C’è chi perde le notti per assistere uno ammalato, chi fa più lavoro per integrare uno stipendio insufficiente…
La gioia poi d’un membro è di tutti: si gode per una promozione, si festeggia un compleanno, un matrimonio…
Nella buona famiglia i saggi insegnamenti dei genitori sono criteri di vita. Sì. In ogni famiglia, così come Dio l’ha fatta, c’è solidarietà, aiuto reciproco, comprensione, partecipazione…
Anche la famiglia dei figli di Dio ha i suoi aspetti caratteristici.
Possiamo avere noi, cristiani del XX secolo, un esempio di famiglia di Dio il più vicino possibile al Suo pensiero?
Penso che non possiamo trovare modello migliore di quello delle primitive comunità cristiane.
In esse quattro sono gli elementi che le distinguono: l’amore reciproco, i beni in comune, il pregare e soprattutto lo spezzare il pane attorno alla mensa eucaristica, l’ascoltare dagli apostoli la Parola.
Noi cristiani siamo chiamati oggi, in più modi, a riattualizzare in ogni forma di vita associata, nelle nostre comunità ecclesiali, parrocchiali, diocesane, quest’esperienza.
Ma qual è la radice, l’unica radice, da cui scaturiscono quei quattro tipici atteggiamenti principali delle primitive comunità cristiane?
Come la vita di una famiglia naturale ha varie manifestazioni, ma tutte sono effetto dell’amore reciproco che lega assieme i membri, – anima, cemento della famiglia -, così è per la famiglia dei figli di Dio.
È l’amore vicendevole il suo segreto.
L’amore. L’amore è proprio sempre il segreto della vita cristiana. Se impariamo ad amare abbiamo fatto tutto.
L’Eucaristia ci insegna ad amare
Ma a chi guardare per saper amare?
Se l’Eucaristia ha come compito di farei diventare concorporei, consanguinei di Cristo, di farci Chiesa, essa è anche il modello di come può fare il cristiano ad amare.
Fa impressione quando si deve girare il mondo, a contatto con razze diverse, con culture che non conosci, con religioni le più varie, con lingue estranee, clic ti fanno sentire lontano dalla tua patria, vedere come in qualsiasi piccola chiesa, anche nelle più sperdute, è presente lo stesso Gesù Eucaristia che noi possiamo adorare e amare nelle nostre grandi cattedrali, in San Pietro, cuore della cristianità.
Gesù è lì, con tutto il suo amore, tutto intero per tutti, tutto intero per ciascun uomo della terra. Da Lui si impara come gli uomini sono veramente tutti uguali, tutti figli di Dio, tutti possibili suoi seguaci, tutti candidati al suo Corpo mistico. Non ha preferenza di persona Gesù, non fa discriminazioni.
Gesù Eucaristia, dunque, col suo solo esistere, può direi fin dove il nostro amore deve arrivare, aprendoci alla fratellanza universale.
Ma Gesù Eucaristia ci insegna anche modo di accostare le persone.
Che cosa significa amare?
Vuol dire ‘farsi uno’ con tutti.
‘Farsi uno’ in tutto ciò che gli altri desiderano, nelle cose più piccole e insignificanti, in quelle che forse a te poco importano, ma che agli altri interessano.
Gesù ha esemplificato, in maniera stupenda, questo modo di fare, proprio istituendo l’Eucaristia. In essa Egli si fa pane per entrare in tutti, si fa mangiabile per farsi uno con tutti, per servire, per amare tutti.
‘Farsi uno’ fino a lasciarsi mangiare, dunque! Questo è l’amore.
‘Farsi uno’ in modo che gli altri si sentano nutriti dal nostro amore, confortati, sollevati, compresi. Una mamma si fa uno col suo bimbo e balbetta perché ama, e il figlioletto ride; un padre gioca col suo ragazzo perché ama, e il ragazzo ne è divertito; una giovane indovina ciò che è gradito al suo fidanzato, perché ama, e cresce il reciproco amore… Chi ama si fa uno. E se il nostro dovere fosse un giorno anche correggere, su questa base d’amore l’ammonimento sarebbe capito ed accettato.
‘Farsi uno’ in tutto, tranne nel peccato. Come Gesù che, da Dio che era, s’è fatto uomo come noi uomini, nel lavoro, nella vita familiare, nel riposo, nel nutrirsi, in tutto, tranne nel peccato. Gesù ha veramente – come oggi si dice – ‘vissuto t’altro’
Così noi dobbiamo piangere con chi piange, preoccuparci con i preoccupati, essere allegri con chi lo è… E tutto solo per amore, senza interesse alcuno.
‘Farsi uno’ anche con chi non crede, scoprire e comprenderne le esigenze positive che sempre esistono, dividerne gli ideali fin dove è possibile. Questo ‘farsi uno’ è oltre tutto un metodo apostolico straordinario, vorrei dire quasi infallibile. È il modo di agire di san Paolo, che ne ha conosciuto gli effetti: “Mi sono fatto debole con i deboli, mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno” (1 Cor 9, 22).
Forse il risultato non sarà immediato, forse arriverà fra anni. Ma verrà.
Verrà il giorno in cui, o oggi o domani, il fratello, toccato da questo nostro ‘farci uno’ che è il nostro modo di amare, dividerà con noi le nostre convinzioni cristiane.
Fra cristiani, poi, desiderosi gli uni e gli altri che Gesù Eucaristia abbia il massimo effetto nel loro cuore, questo ‘farsi uno’ realizza l’amore reciproco, condizione perché permanga quell’altro effetto dell’Eucaristia per cui siamo Chiesa.
L’amore reciproco fra cristiani!
Noi non immaginiamo quanto sia importante oggi la sua attuazione! Se ci aiutiamo infatti, spiritualmente e materialmente, se camminiamo assieme verso Dio, cercando la nostra perfezione come quella degli altri, se siamo pronti a morire l’uno per l’altro, avremo reso al nostro tempo il servizio più utile, il più indicato, il più atteso.
Se c’è qualcosa cui oggi il mondo è particolarmente sensibile, questi sono i fatti, e per questo – come ha detto Paolo VI – in questo tempo gli uomini ascoltano più volentieri i testimoni che i maestri6, quelli cioè che fanno, quelli che mostrano una realtà nuova: come una porzione di Chiesa viva.
A questa comunione fraterna, a questa unità, è legata del resto una promessa straordinaria di Gesù: il mondo, vedendola, ne è toccato, anzi si converte: che “tutti siano una sola cosa… perché il mondo creda” (cf. Ci’ 17, 21).
L’Eucaristia fa la Chiesa col nostro corrispondere
Carissimi fratelli e sorelle, ho avuto occasione, qualche mese fa, di annunciare il nome di Cristo, attraverso la mia esperienza spirituale, a 12.000 buddisti giapponesi, che desideravano conoscerla.
E lì ho potuto constatare quale contributo al Regno di Dio possono dare i cristiani che vivono la loro fede. I leaders buddisti avevano conosciuto ed osservato gruppi del Movimento dei Focolari in varie parti del mondo. È stato per questo che le mie parole, che pur toccavano i nostri principali misteri della fede, come la Trinità, erano accolte profondamente e davano l’impressione di saziare un’immensa fame di Cristo e della sua parola.
Carissimi fratelli e sorelle, oggi nella Chiesa di Dio, in tanti Paesi, i cristiani si trovano un po’ nelle condizioni di san Francesco, quando il Signore lo invitò a restaurare la sua Chiesa.
In questi tempi, col secolarismo che smorza lo spirito religioso, e le varie correnti di materialismo che lo congelano, la Chiesa ha bisogno di essere a volte quasi ricostruita, quasi rifatta. Ma, se non dovunque è in queste condizioni, sempre abbisogna di riparazioni: una finestra, un capitello, un cornicione, il pavimento…
E Dio si attende qualcosa senz’altro anche per la nostra Chiesa locale, la nostra diocesi.
Ma ecco arrivare il Congresso Eucaristico apportatore d’uno straordinario messaggio, che svela il segreto, che ci dice chi è in grado di fare o rifare la Chiesa.
“L’Eucaristia fa la Chiesa”.
E la fa con il nostro corrispondere, col nostro amore.
Carissimi cristiani, la Chiesa locale, di cui noi facciamo parte, è un po’ speciale.
Essa è vicina a Roma, dove arrivano persone da tutto il mondo, in cerca di cristianesimo.
Essa ospita anche centri internazionali di Movimenti, ai quali convergono persone di tutte le nazioni d’Europa e oltre.
Non vi sembra che sarebbe un ottimo frutto di questo Congresso Eucaristico, se noi prendessimo la decisione, anzitutto di nutrirci spesso del corpo del Signore, e poi col suo aiuto ci mettessimo sul serio in questa divina avventura di amare, amare, amare con tutto il nostro cuore?
Amare e amarci, perché l’Eucaristia che riceviamo abbia il pieno effetto. Così potremmo fare più bella la nostra Chiesa, rinnovarla, farla esistere là dote non ci fosse.
Non sarebbe meraviglioso suscitare qui, vicino a Roma, al Papa, una Chiesa locale così viva, che si possa dire a molti: “Venite e vedete”?
Questo è un sogno, ma può diventare realtà.
La Madonna, modello e tipo della Chiesa, la Madonna che qui a Frascati si onora, tenga questo sogno nel suo cuore e, se crede, si serva anche di noi per realizzarlo.
Ci dirà quanto pensa, anche attraverso il nostro Vescovo e i nostri sacerdoti, che hanno il potere, Ira il resto, di fare l’Eucaristia perche l’Eucaristia faccia la Chiesa.
NOTE
1 Tommaso d’Aquino, IV Sent.. dist. 12, q. 2, a. 1.
2 LG 26; cf. Leone Magno, Serm. 63, 7 (PL 54, 357).
3 IV Sent., 9, 2 – B 29, 217.
4 Cirillo di Gerusalemme, Cat. myst. 4, 3 (PG 33,1100).
5 Alberto Magno. De Euch., 3, 1, 5 (B 38, 257).
6 Paolo VI, Udienza generale, 2 ottobre 1974.