L’Etna patrimonio dell’umanità

Il vulcano, "Mungibeddu" ("monte bello", come lo chiamano affettuosamente i siciliani), è stato dichiarato, alcuni giorni fa, patrimonio mondiale dell'umanità
Etna

È il vulcano più alto di Europa (3.350 metri circa), è ancora abbastanza giovane (ha più o meno 600mila anni), è la montagna per eccellenza di tutti i siciliani (la chiamano “Mungibeddu”), e adesso è patrimonio di tutta l’umanità, come annunciato alcuni giorni fa dall’Unesco. Stiamo parlando dell’Etna, un vulcano sempre sveglio e attivo, che ultimamente si è spesso mostrato particolarmente furioso e sbuffante. Ne sanno qualcosa gli abitanti delle pendici del vulcano, che devono fare i conti con le frequenti piogge di cenere lavica, o gli utenti dell’aeroporto di Catania, costretti a subire gli effetti di ritardi e cancellazioni dei voli. Meno male che i periodi di attività parossistica sono abbastanza brevi e in alcuni casi non durano più di qualche ora.

Eppure questa montagna esercita un vero e proprio fascino, sia sui turisti che si avventurano fin quasi alle estremità del cratere, sempre fumante e con spettacolari getti di materiale incandescente, sia sugli abitanti dell’intera Sicilia, che in un certo senso la identificano con il cuore pulsante dell’isola. “Di Mungibeddu tutti figghi semu…”, recita una canzone popolare.

Lo spettacolo offerto dal vulcano è certamente affascinante: si passa da zone scure e brulle, ricoperte dalla lava delle eruzioni più recenti, ad altre più verdeggianti e rigogliose, con boschi e pinete. Passeggiando tra gli alberi e la vegetazione si resta incantati, sentendosi profondamente immersi nella bellezza di una natura che cresce e si sviluppa su un gigante, custode di un’enorme quantità di energia proveniente dall’interno della Terra e che si sprigiona di tanto in tanto con particolare virulenza, o in maniera più moderata e continua.

Il fatto che l’Etna, così come diverse altre bellezze naturali del nostro pianeta, venga dichiarato patrimonio dell’umanità ci porta a riflettere sul legame profondo, quasi simbiotico, che l’uomo ha con la natura e sulla necessità che tutti quanti abbiamo, ciascuno per la propria parte, di contribuire alla sua custodia e preservazione. Non possiamo continuare a sfruttarla in maniera incontrollata, in nome di uno sviluppo industriale e tecnologico inarrestabile. Occorre tenerne presente i limiti sostenibili. Altrimenti… sarebbe come dilapidare sconsideratamente un patrimonio faticosamente accumulato nel corso di miliardi di anni.                                                                     

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