L’eterno e il tempo tra Michelangelo e Caravaggio

Un viaggio nei decenni, col Rinascimento che trapassa nel Barocco, un mondo di capolavori al museo di San Domenico a Forlì

Da Michelangelo all’altro Michelangelo, il Caravaggio. Dal tempo visto come kairòs, epoca della Grazia eterna, al tempo cronologico della storia, reale e sanguinosa. Nessuna contrapposizione: eterno e presente convivono, da sempre. E Caravaggio continua la ricerca del Buonarroti, rivestendo il suo sublime con un altro sublime, quello della tragicità vissuta, come aveva fatto il Cristo.

In mezzo ai due geni infatti ci sono decenni di guerre, scismi, eresie, contrapposizioni, scoperte: dal Nuovo Mondo a Galileo, e in poesia dall’Ariosto sereno al Tasso melanconico. Il Rinascimento trapassa nel Barocco grazie ad un cattolicesimo papale slanciato e sicuro di sè, “riformato” tra drammi e luci. I protagonisti? Il vecchio Michelangelo con Cristi e Pietà, Tiziano e Correggio, Bronzino e Rosso Fiorentino, Beccafumi e Lotto, Sebastiano del Piombo e Veronese, fino ai Carracci e a Guido Reni. Un mondo di capolavori, una frenesia produttiva che incanala i temi religiosi e il mito nel teatro emozionale delle passioni, del sentimento, del simbolo.

Questo mondo è ricreato a Forlì al museo di San Domenico, in una rassegna splendida, imperdibile, per contenuti ed opere: un viaggio nei decenni in compagnia dell’arte. Ecco il marmo michelangiolesco del Risorto – la prima versione, quella scartata per un difetto della pietra –: un eroe come quello del Giudizio nella Cappella Sistina. Poi, il Compianto del Correggio da Parma, anno il 1524: già prima dello choc del sacco di Roma nel ‘27, il pathos religioso aleggiava nella Bassa padana in forme morbide e commosse, mentre a Firenze nel ’23 il Rosso nella chiesa di San Lorenzo dipingeva la grande tavola dello Sposalizio di Maria, arrivata in mostra. Una folla di personaggi inquieti, un Giuseppe bello come un angelo del Pontormo e una Maria come una gentildonna fiorentina.

Poi, gli anni Quaranta e Cinquanta, e l’aria cambia. C’è il Concilio a Trento e il post-concilio con Roma attenta a dare all’arte un chiaro indirizzo riformistico e catechetico, insomma di usare i media dell’epoca per rievangelizzare. Allora come ora? Michelangelo ha dipinto il Giudizio finale, che suscita scandalo e ammirazione, una catastrofe apocalittica; disegna Pietà che i discepoli ripetono in dipinti, come Daniele da Volterra nella Deposizione romana a Trinità de’Monti. Perché Roma diventa il centro propulsore di un nuovo immaginario sacro e profano, dalle chiese – come quella del Gesù – ai palazzi, come quello Farnese dove i Carracci bolognesi a fine secolo affrescheranno i miti dell’amore, rivestendoli di un significato allegorico per far tacere i moralisti.

Gli artisti scendono dal Nord-Italia. Moretto a Brescia ha dipinto nel 1540 una Conversione di san Paolo originalissima: è immenso il cavallo sopra il santo, tanto che pare lui il protagonista. Risultato? Caravaggio, che l’ha visto, lo ripeterà nella tela romana a Santa Maria del Popolo.

Il tema sacro della Pietà è tra i più gettonati. Naturale, ispira devozione e lacrime, come vogliono i padri conciliari. Si piange tanto e in pubblico: siamo già nel barocco. Federico Barocci da Urbino dipingerà per il duomo di Perugia nel 1569 una Deposizione mossa dal vento che scompiglia vesti e cuori, rivestendola di primavera, rossi ciliegia, gialli limone: il dramma si rallenta nel colore fresco. Stupendi questi artisti che sanno mettere insieme devozione sincera e culto della bellezza.

Poi, c’è Tiziano, il dominatore della pittura veneziana che si degna di venire a Roma per i Farnese. Infatti li dipinge in una tela, ora a Napoli, lasciata incompiuta chissà perché. Un capolavoro di mosse feline, di dire e non dire: messaggio politico e familiare più che religioso. Paolo III, guardingo, spia Ottavio genuflesso. L’altro nipote cardinale, Alessandro, si aggrappa alla poltrona: già progetta di diventare il secondo papa Farnese. Tiziano varia i rossi che diventano pensieri nascosti dei personaggi, in decenni dove politica e religione sono legate in modo inestricabile.

L’arte sacra elabora nuovi modelli, martiri e santi penitenti: Lorenzo sempre sulla graticola, Caterina d’Alessandria suppliziata con la ruota, Maddalena in pianto, Rocco e Sebastiano, Francesco e Pietro in lacrime. I bolognesi, Carracci e Guido Reni, ne creano nuove immagini: più sensibili, emozionanti, patetiche. Colori veneti, luci padane, corpi tra il classico e il realistico. Caravaggio, sceso da Milano a Roma, vede e studia. Poi prende la sua via. La Madonna dei pellegrini è una ragazza romana sulla soglia di una casa sbrecciata che presenta un bambino troppo grosso a due pellegrini dai piedi sozzi e dagli abiti sporchi. Scandalo dei benpensanti, meraviglia per un’arte che imprigiona il tempo, lo scruta nel reale, ne individua i giorni e le ore che affaticano gli uomini, li fanno piangere, sorridere. E avere fede. È il tempo di Caravaggio. L’eterno si è fatto vicino. Che modernità.

L’Eterno e il tempo tra Michelangelo e Caravaggio. Fino al 17.6 (catalogo Silvana Editoriale)

 

 

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