L’eterno sorriso dei Baha’i
La giornata non è senz’altro delle migliori: si preannuncia uggiosa e grigia, con una pioggia insistente che tuttavia lascerà poi un caldo asfissiante tipico della Delhi dei monsoni. Ma l’appuntamento con il signor Merchant è una di quelle cose da non perdere. L’ho chiamato sul cellulare appena atterrato a Delhi e, dopo poche parole, mi ha subito detto di venire al Lotus Temple. La domenica alle 9 sono sempre lì. Non me la sento di tradire un’ospitalità così squisita, e poi mi attira l’idea di rinnovare un’amicizia nata qualche mese addietro. Il risciò a motore se la prende con tutto comodo: la domenica mattina non c’è niente di meglio che far fare un giro un po’ più lungo della capitale ad uno che non è di Delhi. Ma per poche rupie ne vale la pena. Così arrivo all’appuntamento con 15 minuti di ritardo e mi spiace davvero, ma il sorriso di Merchant è subito rassicurante e mi mette pienamente a mio agio. Entrato nel grande complesso del Lotus Temple, nella periferia sud di Delhi, sembra di essere arrivati in un paradiso terrestre. A parte la struttura armoniosa del tempio, i prati rasati, le piscine con acqua trasparente, le piante perfettamente potate, ecco i sorrisi sinceri dei volontari Baha’i, che accolgono le migliaia di visitatori giornalieri, e ti fanno entrare in un mondo che pare surreale. Siamo in un’isola paradisiaca, commento. Lo ha detto anche il Dott. Kallan, il presidente dell’India, quando venne qualche mese fa – conferma l’amico Baha’i -. Anzi, ha aggiunto che, a parte la pulizia e l’armonia, c’è un silenzio che fa pensare, che fa sentire Dio dentro di sé. Anche durante la preghiera, il Dott. Kallan, famoso scienziato mussulmano, uno dei padri dell’atomica indiana, e da un anno presidente della repubblica indiana, ha confessato di non aver seguito la lettura dei passi del Corano, del Gita e della Bibbia, letti da membri della comunità: Ero troppo occupato ad ascoltare quel silenzio . Bellezza, armonia, pulizia, silenzio: tutti segni che sembrano parlare di una presenza soprannaturale. Il grigiore di Delhi, via via che passano i minuti, si colora di una moltitudine di sari, salwar kamiz, kurte sgargianti. Nella fiumana di persone che entrano, si notano mussulmani e indù, un gruppo di suore cattoliche, stranieri e indiani del sud, una lunga fila di bengalesi le cui donne si distinguono per i tipici sari. Ci sono alunni di una scuola, con le loro camicie tutte uguali. Uno spaccato di umanità: una presenza interculturale e multireligiosa. Tutti vengono a vedere questa meraviglia architettonica a forma di fiore di loto, in marmo bianchissimo, ma senza dubbio incontrano una presenza soprannaturale e ritengo non siano pochi i visitatori che ogni giorno s’azzardino a pensare che siamo tutti fratelli. Proprio questa idea, l’unità dell’umanità, un fatto, ma anche un sogno da realizzare, è uno dei cardini della religione Baha’i. Me lo spiega con una grande serenità Laben, un aitante studente spagnolo, che dopo aver completato gli studi preuniversitari, ha deciso di dedicare un anno al servizio della sua comunità. È stato così ad Haifa, in Israele, nel Centro mondiale dei Baha’i, ed ora da qualche settimana si trova a New Delhi. Mi fermerò un mese – mi spiega con gioia – per servire la mia comunità e fare un’esperienza di unità con i Baha’i di tutto il mondo: in effetti qui siamo 45 volontari da diverse nazioni. È un’esperienza incredibilmente arricchente. Anch’io sono qui per qualche mese – continua Leda, giovane del Bangladesh – ed è un’esperienza meravigliosa quella di servire gente di tutto il mondo. Si sperimenta quanto Baha’u’llah ci ha detto: L’umanità è una famiglia. Laben e Leda sono due delle decine di volontari che ogni anno si spostano nell’universo Baha’i, non solo per servire la propria famiglia religiosa, ma anche per sperimentare che la fratellanza universale è possibile. Anche mia figlia maggiore – interviene Merchant – ha deciso di fare questa esperienza. È appena partita per Haifa dove resterà un anno. Colpisce profondamente la serenità di questi ragazzi ed anche di Merchant, che ragazzo non è più, ma che conserva una freschezza giovanile nello sguardo. Non c’è però nulla che faccia pensare all’ostentato o al manieroso. Appena s’inizia una conversazione, ci si accorge di quanto genuini siano quei sorrisi e quelle maniere delicate, di quanto siano radicate in convinzioni profonde. Leda, un bel nome, mi viene spontaneo dire alla ragazza del Bangladesh. Non solo è bello – ribatte lei con l’immancabile gentilezza -, per me è molto prezioso perché significa chiamata. Mi sento veramente chiamata da Dio a vivere la mia religione e a farla sperimentare anche ad amici, conoscenti, vicini di casa. Anche Laben non è da meno sull’argomento: Sono nato in una famiglia Baha’i. Ma, come per tutti, sono io che a 15 anni ho scelto di seguire questa fede. È stato un passo molto importante per me. Sono contento di averlo fatto: nessuno mi ha imposto la religione che ho scelto. Dei Baha’i, certo non si sa molto. Sulla mappa universale delle religioni, sono con tutta probabilità gli ultimi arrivati, eppure hanno avuto in poco più di un secolo la possibilità di sperimentare quanto molte altre fedi hanno dovuto subire. Nati nell’Iran verso il tramonto dell’Impero ottomano, non hanno tardato a conoscere persecuzioni cruente. Molti di loro, tra la fine del XIX secolo e l’inizio del secolo scorso, riuscirono ad emigrare, soprattutto verso l’India, dove oggi il credo Baha’i vanta la comunità più numerosa e vivace. Sono un milione e quattrocento mila nell’oceano del miliardo di indiani: un infinitesimo, certo, ma una presenza di grande qualità e, dagli anni Ottanta, legata soprattutto al Lotus Temple di Delhi. Nel cosmo spirituale che l’India rappresenta nel mondo, dove praticamente tutte le religioni hanno trovato posto ed hanno seguaci, non potevano mancare loro, che trovano una facile sintonia con il sentire spirituale del paese asiatico. L’India ha infatti da sempre visto tutte le religioni come fiumi che scendono verso quell’oceano che è Dio. Per i cristiani ciò porta con facilità al relativismo sincretista. Per l’anima dell’uomo asiatico, invece, non avvezzo ai dogmi o alle rivelazioni definitive, il rispetto delle diverse strade verso Dio, richiama all’impegno di riconoscere che la fede altrui è degna di rispetto quanto la propria. L’idea di Baha’u’llah che la rivelazione di Dio non sia ancora completata e che nessuna religione possa vantare di essere giunta alla verità ultima, sembrava essere fatta apposta per poter trovare casa in questo contesto di convivenza multireligiosa. Ma i Baha’i sono presenti anche in diversi paesi dell’Africa e negli Usa, come pure in America latina e nell’Estremo Oriente e, persino, in tante isole del Pacifico. Le loro case di preghiera, come vengono chiamate, sono luoghi di profondo silenzio, dove i visitatori, qualunque sia la loro fede e cultura, sono benvenuti e possono partecipare ai momenti di preghiera, ma sempre con un atteggiamento consono alla spiritualità del luogo e del momento. Non esistono sacerdoti fra noi. Baha’u’llah sosteneva infatti che diventare Baha’i comporta una processo di discernimento ed una scelta così profonda che chiunque scelga questa fede dovrebbe essere in grado di offi- ciare le varie funzioni e leggere e spiegare le letture. C’è infatti in tutti i membri della comunità un grande senso del sacro e della necessità di trasferirlo nel quotidiano. È quello che mi dice il Sig. M.B. Kumar, simpatico sessantenne, ex-capitano della marina mercantile. Munito di walkie-talkie, di un berretto da teenager e di occhiali da sole da ventenni all’ultimo grido, dirige tutta la delicata macchina della sicurezza interna del parco e del tempio. Kumar, con la stessa pace e serenità dei due studenti incontrati in precedenza, mi dice che il suo tempo libero, ora che non naviga più, va alla comunità Baha’i, che vuole servire con tutto ciò che Dio gli ha dato. Così, persino la domenica mattina, quando la gente della sua classe se ne sta con tutta probabilità a casa a sonnecchiare o a giocare coi nipotini, Kumar con il brio di un ventenne, cammina su e giù per il grande complesso, dirige, istruisce, ma sempre con una grande gentilezza, unita alla fermezza richiesta dal lavoro che svolge. Arriva il tempo di lasciarci. Sul grande complesso del Lotus Temple si è affacciato un sole tropicale che con l’acqua caduta nella mattinata ha reso l’atmosfera soffocante. Ma la pace e la serenità del luogo non hanno perso nulla, nemmeno con l’aria irrespirabile e con le migliaia di persone che ormai entrano ed escono. Ravindra Chheda BAHA’U’LLAH I Baha’i sono seguaci di una fede piuttosto recente, nata nell’ambito del monoteismo, tipico delle religioni semitiche. Il loro profeta, Baha’u’llah, nacque nel novembre 1817, figlio di uno stimato ed influente ministro della corte dello scià di Persia. Ad una brillante carriera politica, spianata dal prestigio del padre, preferì la strada impervia del servizio ai poveri e della ricerca della verità, alla sequela di un messaggero inviato dall’alto – chiamato Bab – per dare un annuncio al mondo intero: qualcuno verrà a proclamare ciò che tutti attendono, una piena e universale rivelazione dell’Onnipotente. Il Bab, dapprima oggetto delle reazioni violente del clero e del popolo in Iran, fu infine condannato a morte e giustiziato pubblicamente. Ma le persecuzioni non tardarono nemmeno per Baha’u’llah: fu portato a Teheran dove finì in prigione e poi esiliato. Dopo 40 anni vissuti a Baghdad, fra persecuzioni e ostilità, sulla via di Constantinopoli, annunciò di essere colui che Bab aveva preannunciato: Il signore atteso dagli ebrei, il ritorno del Cristo per i cristiani, il grande annuncio per i seguaci del profeta Maometto,una nuova incarnazione di Krishna per gli indù, e per gli zoroastriani l’avvento dello Shaha Bahran. Le persecuzioni infuriarono, e da Costantinopoli Baha’u’lla dovette rifugiarsi a Adrianopolis, ed infine nella colonia penale di Akka, in Terra santa, dove morì nel 1882. La fede Baha’i, monoteista, opera sia a livello sociale che a livello personale. Propone infatti l’impegno per la costruzione della grande famiglia universale attraverso la presa di coscienza e una vita conseguente e coerente dei suoi seguaci, impegnati a realizzare il piano di Dio su ciascun essere umano. I Baha’i sono oggi presenti in Europa, ma soprattutto in India, senza dimenticare l’Africa, le Americhe e vari altri paesi dell’Asia.