L’estro di Giovanni da Ponte a Firenze
Che gli artisti siano preda della fantasia, lo si sa. Diversamente non potrebbero produrre capolavori originali. Che poi uniscano estro a intelligenza è una qualità molto ricercata. Così, entrando a Firenze, alle Gallerie dell’Accademia, uno per prima cosa si ferma davanti a Michelangelo: i Prigioni, giganti che vogliono uscire dalla materia vincendola e aggredendola, e il David, capolavoro di armonia classica e di intelligenza tecnica. Tutto ciò potrebbe bastare, perché davanti al genio di Michelangelo si resta sempre a bocca aperta e si capiscono cose nuove, ogni volta. Ma se si entra in una piccola mostra, negli ambienti dell’’Accademia e prima delle sale michelangiolesche, c’è da fare una scoperta. Capita così di incontrarsi con Giovanni di Pietro, chiamato Giovanni da Ponte, toscano vissuto tra il 1375 e il 1437/38, cioè all’epoca in cui è nato il primo Rinascimento. Per capirci, gli anni di Masaccio, frate Angelico, Paolo Uccello, Andrea del Castagno. Ma anche gli anni dell’autunno di una stagione meravigliosa dell’arte, il Tardogotico. Una civiltà figurativa che dal Trecento a metà Quattrocento ed oltre spazia dall’Europa del Nord alla Francia alla Spagna e all’Italia. È un mondo di magia, di costumi sgargianti, il trionfo dell’oro e del colore purissimo, della luce fiammante, di favole sacre e profane. Insomma, il trionfo della fantasia anche nei temi più usuali, Adorazioni di magi, Natività, Resurrezioni, cassoni nuziali, e così via. I personaggi? Ecco alcuni nomi: Masolino, Pisanello, Gentile da Fabriano,Lorenzo Monaco, Gherardo Starnina. E Giovanni da Ponte.
Convive con il rinascimento di Masaccio – gli affreschi di costui al Carmine -, ripensa anche a Giotto – i suoi affreschi a Santa Croce – ma è lui, estroso, fantastico, dinamico. Usa colori irreali che saranno ripresi dal Manierismo e forse con qualche occhiata nascosta da Michelangelo, gli piace immensamente la musica e si inventa concerti di angeli ogni volta che può, ma anche belle scene d’insieme con personaggi reali, e addirittura una coppia di giovani mano nella mano, elegantoni fiorentini del ‘400.
La mostra – la prima dedicata a lui in assoluto – è ricca di tavole sue e dei contemporanei, di lacerti di affreschi. Passiamo di fronte a questo oro che brucia gli occhi, alle Madonne tenere tenere come adolescenti fiorentine, affettuose o riservate col Bambino in braccio. Oppure, graziosamente impaurite davanti all’angelo annunciante ( (Trittico di Rosano), riccioluto che vola sopra una nube azzurra (ma quando mai le nuvole sono azzurre?…qui siamo già all’Espressionismo). A volte gli angeli si affollano intorno al trono (Polittico di san Pietro) e fanno musica: liuti, organetti, cimbali, e lei accarezza il piccolo, lo culla e spera che si addormenti. Quanta umanità tra le tinte luminosissime della fiaba amorosa della maternità.
Ma poi Giovanni si inventa scene larghe, alla Masaccio, diremmo. Una scena di corte papale con il cerimoniale di san Pietro barbuto in trono, vescovi e cardinali attorno, lo sfondo di una città: forse la Firenze del soggiorno papale di Eugenio IV in quegli anni? Oppure l’Adorazione dei Magi così solenne o san Giovanni evangelista, ampio come in Masaccio, che battezza. Giovanni si bilancia fra tradizione e novità. Ma si lascia guidare dalla fantasia, soprattutto. Ecco perché forse i dipinti più belli, più originali sono la Resurrezione col Cristo bianco e altissimo danzante nell’oro, la grande scena trionfale dell’’Incoronazione della Vergine, e quei due innamorati fiorentini che passeggiano in giardino tenendosi per mano, guardandosi negli occhi, tra fiori e alberi profumati. Si sente la magia dell’amore, del primo amore. Tardogotico o prerinascimentale il nostro Giovanni? Sono definizioni improprie. Giovanni è un poeta della musica, del colore, dell’amore. Vive nel sogno, ha i l colore del sogno, di un mondo diverso dove si è lieti e sereni perché c’ è solo la luce. Essa gli accende l’estro, quello che gli fa dipingere a san Miniato al monte, a Firenze, l’angelo inginocchiato dai capelli al vento o il Giardino d’amore con le quattro coppie dai costumi favolosi, amanti della vita.
Firenze, Galleria dell’Accademia. Fino al 12.3 (catalogo Giunti)