L’estate dei Noir Desir

Sono in quattro, arrivano da Bordeaux, e sono l’ultima rivelazione dell’etno-rock transalpino. La cosa relativamente sorprendente è che siano riusciti ad arrampicarsi fin sul gradino più alto delle classifiche di vendita italiane. E se la sorpresa è data dal fatto che ben raramente i cugini d’oltralpe hanno saputo far breccia sui mercati nostrani, il relativo è invece frutto di un padrino d’eccezione come Manu Chao, dalla recente collaborazione con i Pgr di Lindo Ferretti (due fra i nomi più in vista d e l l ‘ a v a n g u a r d i s m o rockettaro); e soprattutto dal fatto che Bertrand Cantat e soci hanno affrontato il mercato italiano, forti dei due milioni di copie già vendute in Francia con questo Des visage des figures (Carosello): opera in verità tutt’altro che facile, ma contenente l’intrigante singolo La vent nous portera, che si sta proponendo come uno dei tormentoni dell’estate in corso. Certo il fatto che sia bastata la miseria di ventimila copie per conquistare la testa delle classifiche la dice lunga su quanto desolato sia il panorama contemporaneo, ma questa è tutta un’altra storia, della quale ci occuperemo sul prossimo numero… I Noir Désir non sono dei novellini. Oltre ai due Grammy Award francesi già in bacheca proprio grazie a questa loro recente impresa, sono al sestoalbum e dopo vent’anni di dignitosa e rigorosa carriera hanno saputo elaborare uno stile decisamente personale, ad un tempo futurista e tribale, colto e istintivo, dove spunti rock, etnici e jazz s’incrociano generando atmosfere di grande forza suggestiva, con sembianze spesso del tutto estranee ai canoni dell’odierna canzonetta da classifica. Basti pensare alla conclusiva L’Europe, praticamente una mini suite di oltre venti minuti, o all’angosciante Le grand incendie, dove si canta la disfatta dell’occidente sullo sfondo di una New York infiamme (ancor più inquietante se si considera che l’album è stato pubblicato in Francia proprio l’11 settembre scorso), o ancora a Des armes, scritta a quattro mani con un maestro del cantautorato anticonformista come Leo Ferrè. E anche questi sono particolari rivelatori poiché il gruppo mostra con orgoglio la propria appartenenza all’universo fremente delle banlieau, le periferie delle grandi città francesi, senza dubbio uno dei poli creativi più vivaci della Francia contemporanea, quella ribellista, filoa n a r c h i c a , multietnica e no-global: una delle poche realtà socioculturali capaci di sintetizzare e talvolta di interpretare in forma arti- stica le tensioni e le problematiche della post-modernità. Tutto questo per dire che un disco del genere avrebbe dovuto rimanere merce destinata ad una ristretta élite intellettuale e sinistrorsa: ma non sempre – e fortunatamente, dobbiamo aggiungere – le cose vanno secondo le previsioni degli stregoni del business. Non foss’altro perché oggi più che mai la musica di consumo ha bisogno di proposte spiazzanti, orgogliosamente indipendenti dai ragionamenti sui target e dunque impermeabili agli imperativi mediatici. Il tempo ci dirà se tale imprevisto successo è bastato a cambiarli o a dirottarne gli intenti: la vera battaglia dei Noir Désir è appena cominciata. CD novità Morecheeba “Charango” Wea Se i primi due album li avevano segnalati tra le realtà più interessanti del trip-hop britannico, e il precedente Fragments of freedom li aveva consacrati a star di prima grandezza del post-pop europeo, i nuovi Morcheeba continuano ad esplorare nuovi sentieri espressivi lanciandosi in un affascinante operazione di contaminazione stilistica: miscelando al loro modernismo ritmico-melodico soffici spunti country Red country (grazie alla collaborazione con gli eterei Lambchop) e il tropicalismo sambante dei primi anni Settanta (quello dei “cannibalisti” Gilberto Gil e Caetano Veloso).Anche se manca un hit dirompente come Rome wasn’t built in a day, il risultato è notevole. Red hot chili peppers “By the way” Cgd-Warner Era uno dei dischi più attesi dell’anno. La nuova impresa di Frusciante, Kiedis, Flea e Chad Smith è all’altezza delle aspettative e conferma la band californiana tra le realtà più ispirate del decennio. Dopo il fortunato Californication (’99) il quartetto procede con questa sua ottava prova sui pascoli sempiterni del rock: con intatta energia, varietà di linguaggi espressivi, e una sempre più spiccata vocazione melodica. f.c.

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