L’essenziale del Piccolo Principe

80 anni fa, Antoine de Saint-Exupéry, l’aviatore leggendario, pubblica la favola che lo renderà immortale.
Statuetta del Piccolo Principe - Comune di L'Esclala in Spagna - (Daniel Culsan - wikipedia CC-BY-SA-4.0)

È il 6 aprile 1943 quando, negli Stati Uniti, Antoine de Saint-Exupéry pubblica, in inglese, Il Piccolo Principe, a New York, presso Reynal e Hitchcock, un capolavoro della letteratura per ragazzi che lo ha reso uno dei più celebri scrittori di sempre. Il libro, com’è noto, racconta la storia di un piccolo principe biondo e riccioluto che, viaggiando nell’universo, finisce sul pianeta Terra, dove incontra piante, animali, uomini. Ebbene, quella storia è la raccolta di tante altre storie vissute proprio da Tonio, come lo chiamavano gli amici e i familiari, o semplicemente Saint-Ex.

L’aviatore leggendario, Antoine de Saint-Exupéry, è un uomo alla ricerca dell’essenziale, quell’essenziale «invisibile agli occhi», aspirante a quella perfezione che «si raggiunge non quando non c’è più niente da aggiungere, ma quando non c’è più niente da togliere». Proprio le esperienze vissute in volo tra vari continenti, si ritrovano nelle circa venti opere da lui composte, oscurate dal successo de Il Piccolo Principe; tra le tante, Cittadella, opera quella postuma che raccoglie innumerevoli appunti e pensieri, aiuta ad approfondire la visione e la dimensione umana dell’autore.

È forte nel pensiero di Saint-Exupéry il concetto del Creato, della sua custodia e della prosecuzione dell’opera della creazione da parte degli uomini e delle donne di ogni tempo; infatti «l’uomo è innanzitutto colui che crea», mentre «sono fratelli solo gli uomini che collaborano», e vivono davvero solo «coloro che non hanno trovato la pace nelle provviste fatte».

Egli, da bambino, passeggiando lungo i viottoli di campagna, fa attenzione a non calpestare i bruchi, porta al guinzaglio una tartaruga, si arrampica sugli alberi, tenta di addomesticare una tortorella. Negli anni della maturità, quando lavora come pilota nel deserto, dà da mangiare agli animali che incontra, tra i quali un fennec, una volpe del deserto dalle grandi orecchie, che egli tenta perfino di addomesticare.

Proprio la volpe è uno degli animali che il piccolo principe incontra nel deserto, e con il quale si instaura un rapporto particolare, tanto che essa dice: «se tu mi addomestichi, avremo bisogno l’uno dell’altra, e tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo». Ebbene, la domesticazione degli animali è un punto di svolta importante nella storia dell’umanità e nell’equilibrio del nostro ecosistema, mentre il rapporto che si crea tra gli uomini e gli animali addomesticati assume connotati talvolta incredibilmente stretti ed affettuosi.

D’altronde, la domesticazione è anche quella che si sviluppa tra gli esseri umani. Egli scrive che «legati ai nostri fratelli da un fine comune e situato fuori di noi, solo allora respiriamo, e l’esperienza ci mostra che amare non significa affatto guardarci l’un l’altro, ma guardare insieme nella stessa direzione». Infatti, «non si è compagni che essendo uniti nella stessa cordata, verso la stessa meta in cui ci si ritrova».

È proprio nella dimensione del dono che Saint-Exupéry riconosce il legame tra gli uomini, laddove «donare significa gettare un ponte sull’abisso della solitudine», tanto che «ciò che tu dai non ti diminuisce, anzi ti accresce nelle tue ricchezze da distribuire». Ancor di più, «allo stesso modo chi ama tutti gli uomini in Dio, ama molto di più ciascun uomo di chi non ne ama che uno solo».

A tanti anni di distanza, il Piccolo Principe continua ad affascinare bambini ed adulti e manifesta ancora la sua attualità. Il piccolo principe proviene da un pianeta piccolissimo, per la precisione l’asteroide B 612, sul quale si trovano tre vulcani ed una rosa, un pianeta in equilibrio precario, però, proprio come il nostro. Infatti, il piccolo principe presta attenzione all’assetto del territorio, perché pulisce i tre vulcani tutte le settimane, anche quello spento. Il vero pericolo è invece rappresentato dai baobab che, non appena spuntano, devono essere estirpati dal piccolo principe, onde evitare che, crescendo, questi grandi alberi stritolino il piccolo asteroide con le loro radici.

La lotta del piccolo principe con la natura è costante, ma mai irrispettosa. Il piccolo principe lavora sodo per custodire un capolavoro della natura, una rosa. Egli la pone sotto una campana di vetro, la ripara dal vento, la protegge dai bruchi, la innaffia, compie tante piccole azioni che milioni di cittadini fanno sui loro balconi e milioni di agricoltori nei loro campi. Eppure «si devono pur sopportare dei bruchi se si vogliono vedere le farfalle… Dicono siano così belle!».

Dopo avere viaggiato nell’universo e visitato vari pianeti, il piccolo principe giunge sul pianeta Terra: è qui che incontra la volpe, incontra delle rose, incontra soprattutto un uomo, un aviatore con il suo velivolo in panne nel deserto. Il deserto, il luogo che sembra essere quello più inospitale sul nostro pianeta, è in realtà un luogo pieno di vita, un luogo frequentato da uomini ed animali, un luogo che custodisce da qualche parte un elemento essenziale per la vita dell’uomo e la vita stessa sulla Terra: l’acqua.

Ecco che «ciò che fa bello il deserto», dice il piccolo principe, «è che da qualche parte nasconde un pozzo». Quell’acqua che è il bene più prezioso nel deserto, quell’acqua che il mondo continua a sprecare incautamente, quell’acqua per la quale si fanno sempre più spesso delle guerre. Una volta lasciatolo, Saint-Exupéry rimpiange la purezza del deserto, soprattutto paragonandolo alla crisi della civiltà europea che porta alla II Guerra Mondiale.

Saint-Exupéry, come pilota militare, combatte contro l’aviazione tedesca durante la prima fase della guerra, ma poi sceglie, non senza amarezza ed esitazione, di lasciare la Francia per recarsi negli Stati Uniti e non sottomettersi al regime filo-nazista di Vichy. Sebbene Saint-Exupéry sia costretto a ritirarsi dal campo dell’azione militare, non smette mai di cercare un’unità aerea alla quale congiungersi, cosa che avviene ad Algeri nel maggio 1943. Egli, il 31 luglio 1944, trova la morte proprio in volo: durante una missione di ricognizione il suo velivolo, abbattuto da un aereo nemico, finisce in mare, dove resterà per decenni.

Alla fine della storia, com’è noto, anche il piccolo principe scompare improvvisamente: muore, morso da un serpente, cadendo «lentamente, come cade un albero», ritornando alla terra dalla quale siamo generati. Ecco, la natura nella quale è immerso il piccolo principe è la stessa natura nella quale è profondamente immerso Saint-Exupéry, tanto da scrivere altrove: «le montagne, i temporali, le sabbie, ecco i miei familiari».

L’essenziale, alla fine, per Saint-Ex potrebbe essere stata raggiunto in quel Dio al quale si rivolge, in Cittadella, e dice: «Signore, vengo a te poiché ho arato in tuo nome, a te la semina. Io ho costruito questo cero, tocca a te accenderlo. Io ho costruito questo tempio, tocca a te abitare il suo silenzio».

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