L’essenza di Rio

La coinvolgente avventura olimpica di Rio 2016 si avvia ai fuochi finali, lasciando un’innumerevole eredità di storie, parabole esemplari, colpi di scena e modelli sportivi encomiabili.  Impossibile elencarle tutte, ma proviamo a immortalarne in flash qualcuna particolarmente significativa
sport

“BurCHIni”?

 

Fa discutere la decisione di alcuni sindaci francesi, del premier francese Manuel Valls, che in queste settimane hanno imposto il divieto per le donne di indossare il costume che copre interamente il corpo, il cosiddetto burkini, sorta di costume da bagno femminile disegnato per la compagnia Ahiida dalla stilista australiana di madre libanese, Aheda Zanetti. Specificamente disegnato per le donne di religione musulmana, consente loro di nuotare senza denudare il corpo e lasciando scoperto solo viso, piedi e mani: non a caso il nome, marchio registrato, rivela l’unione dei termini burqa e bikini. Quello indossato a Rio dalla velocista  saudita Kariman Abuljadayel è uno hijab d’ordinanza che non si discosta poi tanto: nero da capo a piedi, senza sponsor, votato a non mostrare le gambe. Il mondo non può non accorgersi che si tratta di una donna musulmana che intende tenacemente correre e competere, evidentemente impedita da questa sorta di scafandro mobile che nella sua batteria, la terza dei 100 metri donne, le vieta di vestirsi come preferirebbe, senza sacrificare l’efficienza alla tradizione.

 

Non era una batteria importante, la sua: Kariman è staccata di un’eternità di 5 secondi dalla maltese Wingfield, che taglia per prima il traguardo. Un’eternità, ma non arriva ultima lasciandosi alle spalle la Tewaaki, atleta del minuscolo stato del Kiribati: a Rio, Karimanè arrivata solo grazie a un invito speciale da parte del Comitato olimpico internazionale, perché le norme religiose in Arabia Saudita non consentono lo sport alle donne. In Arabia avevano accettato a malavoglia: «Continuando ad agire in accordo con le norme governative e religiose. Così faranno anche le nostre atlete», recitava la risposta ufficiale alla vigilia dei Giochi. Tre le condizioni imposte: adeguato abbigliamento per la religione, approvazione da parte del marito della presenza ai giochi, non entrare in contatto con gli uomini. Con quella corsa, impacciata ma audace, Kariman ha tracciato una via che, almeno per cento metri di strada, ha imposto al mondo islamico di interrogarsi e a quello restante di riflettere su cosa significhi laicità di uno stato.

 

Dal virus all’oro

 

Quando Chris Mears e Jack Laugher, duo britannico che a Rio ha conquistato l’oro nel trampolino da 3 metri, si sono abbracciati tra le lacrime, il tempo si è fermato a Rio: interrompendo lo strapotere cinese nella disciplina, il loro è il primo oro nei tuffi nella storia della Gran Bretagna, con un tocco di prorompente rivincita su una sorte beffarda: Chris Mears, 23 anni, nel gennaio 2009 aveva contratto il virus di Epstein-Barr, lo stesso responsabile della mononucleosi e di alcuni tipi di linfoma, che gli aveva causato la rottura della milza. Ricoverato in ospedale, aveva perso moltissimo sangue, era entrato in coma e si era visto dare dai medici il 5% di possibilità di sopravvivenza: no, la sua storia non finiva lì.

 

Attenti al Lupo

 

Dopo avere mandato ko, con una perentoria schiacciata, il duo russo Semonov-Krasilnikov nella semifinale di beach volley dei Giochi, l’urlo liberatorio di Daniele Lupo incanta Rio: non solo perché insieme al compagno di squadra, Paolo Nicolai, gareggerà contro i padroni di casa brasiliani Alison Cerutti e Bruno Oscar Schmidt per conquistare uno storico oro, ma perché il 25enne romano a marzo 2015, durante i preparativi per il Mondiale in Olanda, si era visto diagnosticare un tumore. Ricoverato e operato d'urgenza, si riprese evitando metastasi e chemioterapia, così da riprendere presto gli allenamenti. A distanza di poco meno di un anno e mezzo, il Lupo sembra pronto a stupirci.

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