L’esposizione del lusso
Se vuoi investire i tuoi soldi in azioni sicure, è tempo di puntare sul lusso, ormai stabilmente in vetta alle classifiche dei titoli a più alto rendimento. Può arrivare una pandemia, può iniziare una guerra, può scoppiare una bolla speculativa, ma il lusso non si smuove dalla sua regale posizione di indifferenza verso le contingenze economiche.
Apparentemente. Perché in realtà anche l’industria del lusso ha i suoi problemi, i suoi alti e bassi, gli scostamenti di gradimento da un marchio all’altro, in una normale economia di concorrenza. Ma gode di un a priori positivo: anche se l’economia va giù, i ricchi restano ricchi e continueranno a vivere al loro livello, non hanno problemi di acquistare il filetto anche se aumenta di 5 euro al chilo, non si preoccupano se i biglietti aerei fanno un balzo del 30 o più percento. Perché per loro tali sommovimenti dei corsi bancari sono insignificanti. Semmai, il lusso è costretto a vendere sempre di più, a spostare il proprio raggio di azione rapidamente, a conquistare nuovi mercati per mantenere la fiducia degli azionisti.
Fin qui il motore economico del lusso, un’industria come le altre, ma con una base più stabile di altri comparti più soggetti alle fluttuazioni del mercato. Quel che regge il lusso è soprattutto il bisogno di apparire. La visibilità. Gli oggetti del lusso vengono comprati non perché sono ben fatti – anche se, va detto, molto spesso tali oggetti sono vere opere d’arte –, ma per essere mostrati, per dare lustro a chi li indossa.
Meglio non far nomi, ma non è scandaloso che un campione dello sport salga alla cronaca perché gli hanno rubato un orologio che costa più di un attico al centro? O che una coppia del jet-set si impantani nelle pratiche di divorzio per questioni di altri orologi di lusso e di gioielli spariti? Ancora, che una tanto discussa influencer sia ricoverata in ospedale e posti una foto in cui i flaconi della flebo sono contenuti da una borsa di lusso da migliaia di euro, vi sembra normale? Tutta pubblicità nascosta – e nemmeno tanto – per persone che hanno il solo scopo di influenzare gli acquisti dei polli e delle pollastre che si fanno abbindolare da tali oggetti e da tali portaoggetti. Ma è esposizione deleteria del lusso anche sfrecciare con una vettura da favola e postare le proprie performance senza accorgersi di mettere a repentaglio la vita propria e altrui.
La visibilità di per sé non è più un vizio, è stata sdoganata diventando virtù, come auspicava Italo Calvino nelle sue Lezioni americane, auspici per i letterati del XXI secolo: la visibilità, la bellezza propria e altrui non è più da biasimare, ma da perseguire con misura e in vista del bene comune. Ma quando la visibilità viene raggiunta con l’esposizione gratuita del lusso, spesso sfociando nel kitsch, perde la sua qualità di bene comune, diventando bene esclusivo. Chi può permettersi quegli oggetti? I malavitosi sono non a caso grandissimi utilizzatori ed espositori di oggetti del lusso, perché la mancanza di strumenti onesti di visibilità li porta a cercarla con quei segni esterni, che non esprimono nulla della propria umanità, ma che suppliscono ai loro deficit culturali e razionali.
Ma c’è un lusso-un-po’-meno-lusso che ci contagia un po’ tutti, che non stravolge le nostre vite ma che orienta una parte cospicua delle nostre entrate verso oggetti di lusso non proibitivi, ma comunque di lusso: telefonini, capi di abbigliamento firmati, automobili, attrezzi sportivi, cibi… Ed è questa la trappola nella quale spesso cadiamo, per opera di un apparato pubblicitario che ci fa intendere che possedendo tali oggetti la nostra vita prenderà una piega di felicità garantita. Non abbiamo la possibilità di comprare una borsa come quella dell’influencer in ospedale, ma posso concedermi qualcosa di meno costoso eppure sempre di lusso, e ci lascio magari uno stipendio. Senza sapere che, raggiunto un certo livello di benessere, sarà più che arduo tornare, se necessario, a un livello inferiore; anzi saremo spinti a salire sul gradino superiore. È una delle leggi basilari della macroeconomia.