L’esercito mantiene le promesse: destituito Morsi

Il paese è in festa per il ritrovato feeling tra la piazza e le forze militari che hanno costretto il presidente a lasciare il suo incarico. Si attendono nuove elezioni che esprimano un sentire popolare più maturo. Occorre leggere questo passaggio non con un pensiero politico occidentale
Egitto in festa dopo gli arresti di Morsi

Come avevamo scritto ieri, il presidente Morsi è stato destituito dall'esercito egiziano, che ha ritrovato il suo ruolo di baricentro della nazione egiziana. Forse ciò potrà apparire ai puristi della democrazia all'occidentale qualcosa di estraneo alle logiche democratiche cui siamo abituati. Ma sarebbe gravemente errato ragionare dell'Egitto come si ragionerebbe dell'Italia o della Francia. In realtà il passo compiuto dall'esercito, che ha trovato nel generale Abdel Fattah al Sissi un leader amato sia dai militari che dalla popolazione, era l'unico possibile per evitare una sorta di guerra civile. Il fatto è che l'Egitto sta cercando, sin dallo scoppio della rivoluzione araba, la sua via non tanto alla democrazia quanto ad un regime rispettoso delle diversità e capace di presentarsi nel consesso internazionale con le credenziali a posto per tornare ad essere il Paese-guida del mondo arabo. Non si può in effetti sottovalutare l'orgoglio nazionalista del popolo egiziano.

Ieri, in fondo con pochissimo spargimento di sangue, la transizione è ricominciata. Al posto di Morsi, che sarebbe agli arresti domiciliari, l'esercito ha posto il presidente della Corte costituzionale Mansour, che dovrebbe costituire ora un gabinetto sostanzialmente civile atto a traghettare il Paese verso nuove elezioni. È stata inoltre abolita la costituzione introdotta dai Fratelli musulmani. Non va ignorato, poi, come questa transizione sia stata benedetta dal rettore dell'università Al Azhar, Ahmed al Tayeb, e dal papa conto-ortodosso Tawadros II. Naturalmente con l'esultanza del portavoce dell'opposizione Mohammad El Baradei. L'Egitto vorrebbe essere la patria di tutti gli egiziani, al di là del credo religioso o politico: questo affermano i ribelli e le piazze come di gente.

Resta l'incognita dei Fratelli musulmani, che paiono stordito dagli avvenimenti, divisi tra coloro che vorrebbero vendicarsi e coloro che invece mediterebbero di prepararsi di nuovo alle elezioni, che pensano ancora di poter rivincere. La speranza è che prevalgano i moderati. E che anche l'opposizione riconosca il ruolo che la Fratellanza ha avuto nella caduta di Mubarak.

La sospensione resta comunque grande, in attesa di nuovi avvenimenti, sperando che l'esercito non rifletta dal suo nuovo corso e capitalizzi il nuovo feeling creatosi col popolo.

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