L’escalation della guerra dall’Ucraina al Mediterraneo

Il Consiglio supremo di Difesa italiano segnala il pericolo nell’area del Mediterraneo allargato mentre dalla base Usa di Ramstein, in Germania, si annuncia una svolta nella fornitura di armi pesanti all’Ucraina. Scenari e scelte che chiamano in causa la società civile. Incontro a Reggio Calabria su "Pianeta Terra tra guerre e pace"
Guerra in Ucraina Segratario della Difesa Usa Lloyd Austin altavolo con il rappresentante dell' Ucraina Oleksii Reznikov al vertice di Ramstein in Germania 20.012023 (AP Photo/Michael Probst)
Riunione del Consiglio supremo di Difesa del 17 gennaio 2022 Foto La Presse/ Quirinale

Dalle foto ufficiali del Quirinale sembrava una cerimonia di festa, tra i sorrisi, ma il Consiglio supremo di Difesa che si è riunito il 17 gennaio ha lanciato l’allarme di un pericolo imminente sul fronte meridionale dell’Europa che coincide in gran parte con il Mediterraneo dove circola il 20% del traffico marittimo mondiale, comprese le navi della marina militare russa. Una presenza cresciuta, in particolare, con la proiezione di Mosca nelle aree di conflitto in Siria e Libia.

«Il Consiglio – si legge nel comunicato stampa – ha posto speciale attenzione al Mediterraneo allargato – e soprattutto alla Libia, al Sahel, ai Balcani e al Medio Oriente – in considerazione della sua rilevanza strategica, anche alla luce delle ripercussioni che l’accresciuta postura di potenza della Russia sta causando in quell’area».

Putin in vedeoconferenza con il ministro della Difesa e il comandanate della nave da guerra Gorshkov (Mikhail Klimentyev, Sputnik, Kremlin Pool Photo via AP)

L’allarme sui media è concentrato sulla presenza della fregata Admiral Gorshkov dotata dei missili supersonici Zircon. A parere di Marco Ludovico de Il Sole 24 ore, si tratta solo di un’esibizione teorica perché «il dispositivo Nato è al massimo della sua capacità offensiva, già pronto allo scenario apocalittico» salvo poi riconoscere che l’ipotesi di questo scenario estremo non è «affatto priva di concretezza».

La linea adottata dal Consiglio supremo di Difesa è quella di garantire che «lo stato di efficienza dello strumento militare corrisponda ai criteri concordati in sede NATO e dell’Unione europea» per concludere che «in tale contesto assume speciale rilevanza strategica l’avanzamento tecnologico e la competitività dell’industria nazionale».

Una linea che non ha soluzioni di continuità con la “Strategia Mediterranea” definita nel maggio 2022 da Lorenzo Guerini, ministro della Difesa del governo Draghi. In quel documento si è esplicitata la sinergia tra ministero della Difesa e quello degli Esteri nel «posizionamento industriale ed economico nel mondo» del nostro Paese chiamato ad una particolare attenzione verso il «Mediterraneo Allargato» che è un concetto «in continuo divenire e pertanto non ancorabile a rigidi vincoli geografici.

La Difesa identifica questo spazio con le aree immediatamente contigue al Mediterraneo “in senso stretto”, incorporando l’Europa continentale (inclusa l’area balcanica e il Mar Nero), il Medio Oriente (inclusa la Penisola Arabica e il Golfo Persico) a est e l’Africa relativamente alle fasce settentrionali e sub- Sahariana, che dal Corno d’Africa e attraverso il Sahel si estende al Golfo di Guinea a sud». Quest’ultimo definito nel documento della Difesa come «l’hot spot mondiale della pirateria».

È funzionale a tale visione e priorità la creazione da parte di Leonardo, ex Finmeccanica, della Fondazione MedOr rivolta appunto al Mediterraneo allargato e affidata alla presidenza dell’ex ministro degli Interni Marco Minniti passato direttamente dal banco di parlamentare dem al vertice della società controllata dallo Stato che rientra tra i primi produttori mondiali di armi.

Secondo tale prospettiva c’è bisogno di armi pesanti e sempre più evolute dato che le scorte occidentali si stanno esaurendo, come denunciano gli esperti, a causa delle forniture richieste dalla politica di sostegno militare al governo dell’Ucraina.

Un cambio di passo decisivo è stato registrato nel recente incontro che si è tenuto il 20 gennaio nella base militare Usa di Ramstein, in Germania, del “Gruppo di contatto per la difesa dell’Ucraina” promosso dal segretario alla Difesa statunitense Lloyd Austin. La novità, come afferma Natalie Tocci, direttrice dello Iai, Istituto Affari internazionali, è rappresentata dalla decisione di procedere con l’invio di mezzi pesanti a sostegno della controffensiva.

Moritz Frankenberg/dpa via AP

Viene trattato come un intollerabile boicottaggio ogni dubbio sulla sostenibilità di tale strategia di riarmo, come quello avanzato dal cancelliere Scholz, che ha cercato di resistere alle pressioni esterne e interne, soprattutto dei verdi, a favore della fornitura dei carrarmati Leopard prodotti dalla Rheinmetall Defence.

Arrivati a questo punto la soluzione del conflitto in Ucraina può essere solo militare e non più diplomatica, osserva Lucio Caracciolo su La Stampa del 23 gennaio 2023. Ma il direttore di Limes arriva anche ad un’altra inevitabile considerazione e cioè che «prima o poi l’invio periodico e limitato di armi ai combattenti ucraini non basterà più. Bisognerà considerare l’invio di nostre truppe in Ucraina». E non come forza di interposizione. La pubblicistica di geopolitica ne tratta da tempo così come avviene per gli scenari di uso di armi nucleari cosiddette tattiche.

Un vero e proprio tabù che, per essere infranto, richiederà i tempi brevi di una situazione estrema come è quella generata dalla guerra nel cuore dell’Europa che dura ormai da 11 mesi.

La società civile responsabile deve discutere e porsi il problema senza attendere i tempi decisi dai partiti e dai principali media. Nasce da questa esigenza l’iniziativa promosso giovedì 26 gennaio a Reggio Calabria da Laboratorio civico con un incontro pubblico dal titolo “Pianeta Terra, tra guerre e pace” dopo che si è già esaurita alla Camera la discussione finale sul decreto che autorizza l’invio di armi italiane in Ucraina per l’anno 2023 con il voto di una larga maggioranza politica trasversale.

L’incontro di Reggio partirà dalla relazione di Maurizio Simoncelli, tra i fondatori dell’Istituto di ricerche internazionali Archivio Disarmo, ambito di ricerca autonomo e indipendente attivo da oltre 40 anni in Italia, corrispondente del Sipri di Stoccolma. Città Nuova ha pubblicato un testo di Simoncelli, “Terra di conquista” dove lo storico offre una lettura accessibile a tutti su «ambiente e risorse tra conflitti e risorse».

Seguendo il criterio del “conoscere per agire” Città Nuova offrirà nell’incontro anche degli spunti per entrare nel merito del dibattito sulle scelte di politica economica e industriale che emergono dalla corsa al riarmo e al contrasto con i piani di conversione ecologica integrale annunciati nel pieno della pandemia.

Come esplicitato nella relazione di apertura del cardinal Matteo Zuppi, il contrasto alle mafie l’attenzione all’attuazione del Pnrr assieme alla necessità di fermare la guerra sono alcuni dei temi al centro dei lavori del consiglio permanente dei vescovi italiani in corso in questi giorni

Reggio Calabria, città posta nel mezzo del Mediterraneo, con le sue contraddizioni e ricchezze, è un luogo giusto da dove vedere il mondo.

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