L’eredità di Solidarnos´c´

Ci sono delle parole che sanno risvegliare emozioni vere perché evocano avvenimenti che, anche dopo molto tempo, non possono lasciare indifferenti. Una di queste è certamente Solidarnos ´c´. Sentendola pronunciare, affiora nella memoria una scritta tracciata con un grosso pennello su uno striscione; la vediamo ondeggiare su folle di manifestanti, o impressa su miriadi di volantini, portata all’occhiello come una coccarda, stampigliata sul selciato e sui muri agli angoli delle strade, fasciare mazzi di fiori. Perché per una lunga stagione quella parola fu il respiro di un popolo che per essa ritrovò la propria unità. Seppe cambiare le sorti di un paese e quelle di un intero continente. E dopo niente fu più come prima. Quei fatti, accaduti 25 anni fa, sono troppo noti perché li si debba raccontare nei dettagli. Gli scioperi nei cantieri di Danzica e nelle miniere del bacino carpatico, la loro repressione nel sangue. L’emergere di un oscuro elettricista che portava all’occhiello l’immagine della Madonna nera di Cszestochowa; la consegna rispettata di una protesta ferma, ma incruenta; la disponibilità al dialogo; la mediazione autorevole e prudente della chiesa, consapevole di rappresentare la gente e di avere nel papa polacco un sicuro punto di riferimento. La Polonia che aveva sempre subito la storia, ora la faceva. Mentre il mondo intero stava con il fiato sospeso perché, dopo le drammatiche esperienze della rivolta ungherese e della Primavera di Praga schiacciate nel sangue, tutti si aspettavano che anche a Danzica e a Varsavia si sarebbero mossi di nuovo i carri armati sovietici. Ma non fu così. Il compito della repressione venne lasciato al generale Jaruzelski che agì con fermezza, ma con prudenza, sapendo di avere di fronte una nazione compatta, tanto che, alla fine, dovette cedere. Fu un periodo di straordinaria fraternità fra noi polacchi – ricorda ancora oggi il regista Krzystof Zanussi in una intervista rilasciata a Avvenire -, una solidarietà che accomunò i più diversi gruppi sociali, operai e intellettuali, studenti e contadini, giovani e vecchi. Un sentimento di unità nazionale che fece breccia perfino dentro la base del partito comunista. Nel ricordare questo avvenimento della nascita di Solidarnos´c´ e degli impensabili sviluppi che ne seguirono, rifletto sull’abuso che viene fatto tanto spesso della parola solidarietà e sull’eco opaca che ne risuona quando ce ne riempiamo la bocca per dare un fondamento sociale al nostro argomentare, fino a inflazionarne del tutto il significato vero, se essa non viene supportata dai fatti. Pronunciata in polacco, Solidarnos´c´ ha il profumo del pane fresco, il sapore dell’acqua sorgiva, perché ricorda una stagione in cui questa parola che battezzò il sindacato dei lavoratori dei cantieri navali di Danzica e dei minatori di Katovice e la loro rivolta pacifica, incarnò la testimonianza più vera e completa del suo valore etico che – come Giovanni Paolo II ebbe a ricordare – ha aperto le porte alla libertà. Perciò questo concetto può essere ripetuto oggi da molti autorevoli personaggi presenti alla celebrazione dei 25 anni della fondazione di Solidarnos´c´, che si è tenuta nella città baltica il 30 agosto, a cominciare dal principale protagonista Lech Walesa: La nostra generazione – afferma l’elettricista di Danzica che diventerà presidente della Repubblica – ha messo fine al comunismo grazie a Solidarnos´c´ senza spargimento di sangue, proprio quando in Polonia erano presenti 200 mila soldati sovietici e alle frontiere era appostato un milione di militari (…). Ma nel ’78 un polacco era diventato papa ed è stato grazie a lui che tutto ebbe inizio. E Vaclav Havel, il dissidente cecoslovacco che pure sarebbe diventato presidente della Repubblica nel suo paese, può incalzare: Nell’agosto dell’80 mi trovavo in prigione e i carcerieri mi dicevano: Non illuderti, qui non siamo in Polonia. Ma io ebbi il presentimento che per i regimi comunisti Solidarnos´c´ rappresentava l’inizio della fine. Oggi il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso, presente pure lui a Danzica, può testimoniare: I vostri sforzi hanno mobilitato attorno all’idea di democrazia le parti dell’Europa che soffrivano sotto l’occupazione sovietica fino a mettere in crisi quell’impero e rendere possibile la riunificazione del continente. Mentre il presidente tedesco Koehler può aggiungere: Senza Solidarnos´c´ non avremmo avuto la riunificazione della Germania. Ovviamente è stato ricordato anche l’apporto determinante dato da Giovanni Paolo II, nel pensiero e nell’azione, a questo processo di liberazione non solo del suo paese, ma dell’Europa intera: meriti riconosciuti unanimemente e ricordati. Meriti fra l’altro condivisi dalla chiesa polacca così attivamente presente in questo processo. Fu una rivoluzione pacifica, è vero, ma non trionfò senza che venisse pagato un caro prezzo di privazioni e sofferenze. Si pensi al martirio di Jerzy Popieluszko e alle 400 mila persone che, sfidando dure rappresaglie, parteciparono ai suoi funerali. Oggi, nella persona del nuovo arcivescovo di Cracovia Stanislao Dziwisz, che fu segretario di Giovanni Paolo II durante tutto il suo pontificato, fresco di nomina a capo della diocesi che fu di Carol Wojtyla, tutto sembra avviato ad una continuità feconda. Anche per questo l’attenzione alle sue parole si fa più viva e diventa più facile cogliere il senso profondo del miracolo polacco. Se la solidarietà più grande e più vera di cui l’umanità ha fatto esperienza è quella mostrata da Dio stesso verso l’uomo, possiamo renderci conto che essa, come relazione reciproca, non è radicata nelle incerte e transitorie ideologie, ma nell’amore di Dio (…).Venticinque anni fa, in questa città gli operai hanno pronunciato in un modo nuovo e in un nuovo contesto la parola solidarietà, l’hanno pronunciata con tutta la forza e la determinazione a nome del futuro dell’uomo. Le tre altissime croci forgiate dagli operai dei cantieri navali ed erette con coraggio sul luogo dove i loro compagni di lavoro avevano versato il sangue, testimoni mute eppure eloquenti degli avvenimenti e del significato oltre che del valore del sacrificio in questa storia unica per la libertà, svettano sull’immensa folla e gridano al mondo il loro messaggio.

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