L’eredità di Paolo VI
Il professore Mario Taccolini è docente di storia economica e sociale all'Università cattolica di Brescia dove dirige il dipartimento di scienze storiche e filologiche. Fa parte della commissione per la formazione spirituale e culturale nel comitato per la visita del papa.
Qual è l’eredità di Paolo VI?
La percezione è che la memoria di papa Montini rischia di estinguersi. Paolo VI è il grande papa del Concilio Vaticano II, lo ha realizzato e portato a termine dopo la fase inaugurale e profetica di Giovanni XXIII. In estrema sintesi vorrei dare alcune indicazioni essenziali per capire il suo messaggio. Nella Evangeli Nunziandi, del 1975, rielabora i materiali del Sinodo e propone un documento molto profetico, parla di dialogo con le culture, di inculturazione del Vangelo. Nel suo testamento troviamo un compendio del suo pensiero e nell’omelia del 29 giugno del 1978, cinque settimane prima della morte, compie un bilancio dei suoi 15 anni di pontificato. In questi tre documenti è consegnata la straordinaria attualità di Paolo VI.
Come si è preparata la Chiesa bresciana?
Il vescovo Luciano Monari ha individuato con estrema lucidità nel legame e nella profonda comunione tra Chiesa locale e universale mediante il ministero petrino il significato e il fondamento della nostra esperienza ecclesiale. Senza questa comunione non sussiste la comunità cristiana nella sua integrità e autenticità. Anche la Chiesa bresciana deve sempre ridestarsi a questa consapevolezza e c’è molto terreno da esplorare, da riscoprire.
C’è attesa e risposta dal mondo giovanile?
Il nostro ruolo, come educatori, è di aiutarli a superare l’estemporaneità dell’evento della visita del papa. La responsabilità è di educare i giovani alla straordinaria tradizione cattolica bresciana e alla causa del Vangelo che deve essere vissuta con passione e proposta all’interno della Chiesa.