L’eredità di Henrietta
Le cellule HeLa, la storia di una famiglia e il dibattito sulla brevettabilità dei tessuti umani.
Henrietta Lacks è una donna di nemmeno trent’anni. Allegra, giovane, generosa, piena di vita. Madre di cinque bambini, è cresciuta a Clover in Virginia, una delle zone più povere degli Stati Uniti. Qui ha lavorato nei campi di tabacco, come i suoi antenati schiavi, e si è sposata, per poi trasferirsi a ventun anni nella zona delle acciaierie di Baltimora nel Maryland.
Il 29 gennaio 1951, si reca all’ospedale Johns Hopkins, uno dei migliori del Paese, fondato per curare i più poveri. Entra passando attraverso la porta riservata ai neri come lei: siamo infatti in piena epoca di segregazione razziale, per cui tutti i reparti sono doppi, di qua i bianchi, di là i neri. All’infermiera che l’accoglie dice che ha un nodo nella pancia che le fa «un male da morire». Il dottore che la visita è stupito, non ha mai visto un tumore alla bocca dell’utero come quello: duro, irregolare, viola e soprattutto inesistente solo tre mesi prima, quando la donna ha partorito il quinto figlio. Deve quindi essere cresciuto a velocità incredibile.
Il responso della biopsia è tumore maligno. Mentre la prepara per la terapia, il medico, senza dire niente a Henrietta, asporta un piccolissimo pezzetto di tumore. A quei tempi, nessuno si preoccupa di chiedere al malato l’autorizzazione, le regole del “consenso informato” non sono ancora state definite. Il tessuto di Henrietta finisce quindi nel laboratorio dell’ospedale, diretto da George Gey che, da trent’anni, insegue un obiettivo mai raggiunto: far vivere le cellule umane fuori dal corpo.
Immortali
Contrariamente al solito, però, le cellule di Henrietta stranamente non muoiono, anzi si moltiplicano senza sosta, a milioni, raddoppiando ogni giorno. Sembrano immortali. Gey, raggiante, comunica la notizia ai suoi amici scienziati che, sospettosi, chiedono un campione. Ai giorni nostri, la prima cosa che fa un ricercatore è brevettare la scoperta, ma Gey è un entusiasta, crede nella ricerca pura e nella collaborazione tra scienziati. Non sa che potrebbe diventare multimiliardario e spedisce i campioni.
Nel frattempo Henrietta sente che quella «cosa nera le sta entrando dentro dappertutto». All’ospedale, dove vive le sue ultime settimane, ha spesso visite: sono gli operai a cui tante volte ha dato da mangiare e da dormire nella sua povera casa di Baltimora. Muore il 4 ottobre 1951, raccomandandosi che non succeda «niente di brutto ai bambini».
Le sue cellule cancerose, invece, più vive che mai, iniziano a correre nel mondo. I campioni, inviati da Gey nei cinque continenti, appena arrivati iniziano a replicarsi. Basta tenerli al caldo e rifornirli di sostanze nutrienti. Il sogno è realtà: su quelle cellule si può fare qualsiasi esperimento, con virus, batteri, farmaci, proteine. Nei cinquant’anni successivi le cellule di Henrietta saranno direttamente coinvolte nella maggior parte dei progressi della medicina: dal vaccino contro la polio alle terapie per il cancro, dalla clonazione alla fecondazione in vitro, dalla genetica alle ricerche nello spazio (1960).
Fabbrica di cellule
Ma prima è necessario un passaggio decisivo: la produzione in serie per soddisfare le richieste di nuovi campioni che arrivano a milioni dai laboratori del mondo. La linea cellulare di Henrietta, infatti, ha caratteristiche particolari e, a quei tempi, è l’unica a riprodursi. Due soci, Reader e Vincent, mettono su la prima fabbrica industriale: per meno di 50 dollari pensano a preparazione, sterilizzazione, congelamento, spedizione aerea. Il mondo viene invaso dalle cellule HeLa, come vengono ormai chiamate, e il fatturato dell’industria per la commercializzazione di materiale biologico umano arriva presto a miliardi di dollari.
I bambini di Henrietta nel frattempo crescono ignari di tutto e fanno la fame, sperimentando la dura vita degli ultimi nella scala sociale, mentre qualcuno comincia a chiedersi di chi siano quelle cellule. Bisognerà però aspettare fino agli anni Settanta prima che un articolo di giornale sveli il vero nome celato dietro le iniziali. La famiglia di Henrietta Lacks viene così a conoscenza di quello che sta succedendo, ma in modo confuso e senza capirci molto.
Business
Nel 1980 la Corte suprema americana sentenzia che la materia viva è brevettabile. È una svolta piena di conseguenze: Ted Slavin, primo di una lunga serie, inizia a vendere gli anticorpi prodotti dal suo organismo perché preziosi per la scienza, mentre anche i ricercatori cominciano a brevettare le cellule che usano. A questo punto un operaio, John Moore, scopre che la sua milza, asportata anni prima per leucemia, è stata brevettata dal suo medico che ne rivende a caro prezzo le cellule, preziose per la ricerca. Inizia la causa legale che Moore perde al primo round, ma vince in appello perché esiste un «diritto dell’individuo a decidere cosa viene fatto al proprio corpo».
È il panico tra gli scienziati, la loro protesta dilaga sui giornali e tra i politici, con minacce di paralisi della ricerca in medicina, finché la Corte suprema della California sentenzia in modo definitivo che, una volta uscite dal corpo, le cellule di Moore non sono più di sua proprietà. Quindi possono essere brevettate. L’unica concessione è che il paziente dovrebbe essere informato degli interessi economici in gioco. Da allora, nel mondo le cause di tribunale relative all’utilizzo di tessuti umani sono andate sempre aumentando.
I figli di Henrietta naturalmente non sanno nulla; l’unica cosa che pensano di aver capito è che l’ospedale Johns Hopkins “ha rubato” le cellule della madre, per cui meditano di far causa per ottenere un risarcimento. Ma non hanno soldi e non se ne fa nulla.
Passeranno altri trenta anni prima che tutta la vicenda venga alla luce nei dettagli. Una giornalista, Rebecca Skloot, si intestardisce a cercare gli eredi di Henrietta, a vincerne con pazienza la diffidenza, a spiegargli cos’è una cellula tumorale, in che senso la loro madre è ancora viva, quali traguardi sono stati raggiunti dalla medicina con il suo tessuto e perché a loro non è toccato (e non toccherà) un soldo.
Deborah e Rebecca
In particolare Deborah, la figlia, si interessa spasmodicamente di tutto quanto riguarda la madre: con l’aiuto di Rebecca studia testi di medicina, legge i vecchi referti medici, osserva al microscopio le cellule HeLa, ultima eredità della madre.
Tanti gli suggeriscono di far causa al Johns Hopkins o, peggio, di bloccare l’uso delle cellule HeLa nei laboratori di tutto il mondo, il che significherebbe un disastro epocale per la ricerca scientifica. Ma lei, poco prima di morire, ribatte: «Non ne ho voglia, non riesco ad avercela con la scienza, perché aiuta la gente a star bene, e senza questo io sarei nei casini.
Guardami, sono una farmacia che cammina! Ma certo mi piacerebbe avere l’assicurazione medica e non dover pagare tutti quei soldi per comprarmi medicine che probabilmente sono state fatte con l’aiuto delle cellule di mia madre» (Rebecca Skloot – La vita immortale di Henrietta Lacks – Adelphi). Il dibattito continua.