L’eredità di George Orwell

L'impegno democratico di un singolare difensore della libertà, sempre attuale, specialmente oggi.
George Orwell

I due lasciti indelebili di questo scrittore molto serio, oltre a quello di essere un buon narratore, sono di avere mostrato come la democrazia formale diventi una ridicola e oppressiva dittatura (La fattoria degli animali, 1945), e di aver dimostrato come la dittatura globale finisca per avere l’apparenza di funzionare come una democrazia, con il consenso generale (1984, 1949).

 

Le esperienze di vita, molto più che di cultura, prima nel mondo coloniale inglese (India), poi in quello universitario e intellettuale britannico, indussero Orwell a molti anni di vita povera, sprezzantemente antiborghese e soprattutto contraria alle astrazioni di ogni comoda teoria politica e letteraria. Il suo impegno democratico lo condusse a lottare contro Franco nella guerra civile spagnola restando gravemente ferito; testimonianza della sua esperienza, libera anche nella critica al comunismo, è Omaggio alla Catalogna (1938). Ma i libri che lo consacrarono, singolarissimo difensore della libertà, a occupare un posto peculiare nella letteratura, furono proprio i primi due citati.

 

Nel primo, gli animali di una fattoria, in rivolta contro l’uomo padrone, instaurano una democrazia che rapidamente degenera in dittatura dei maiali, i quali diffondono e fanno rispettare lo slogan: «Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri». Riprendendo la tradizione immortale di Chaucer e Swift, Orwell fa dire la verità sull’uomo a protagonisti non umani capaci di dargli lezione di realismo e umorismo (come in Urss aveva fatto qualche anno prima Bulgakov con Cuore di cane), e con questo libro scrisse il suo capolavoro.

 

Meno riuscito narrativamente, ma più clamoroso nell’ideazione e nello sviluppo, 1984 è opera perfetta come romanzo di idee, chiarissime, stringenti e inquietanti nel riferimento al mondo attuale, che è esplicito fin dal titolo (probabile anagramma di 1948, anno di scrittura del romanzo). Nel superstato di Oceania il potere è interamente in mano al “Grande Fratello”, che nessuno ha mai visto se non in grandi manifesti, e alla sua longa manus, il Partito (nella sua dimensione interna ed esterna), che regola con tecnologico pugno di ferro la vita dei sudditi: telecamere e microfoni sono installati in ogni abitazione.

 

Gli slogan obbligatori e deformanti («La pace è la guerra», «La libertà è schiavitù», «L’ignoranza è la forza») assecondano la politica del Ministero della Verità, fondata su tre parametri pragmatici: la “Mutevolezza del passato”, per cui si cambiano o sopprimono in giornali e libri quei fatti accaduti che sono o diventano svantaggiosi per il regime; il “Bispensiero”, per cui l’interpretazione di un enunciato può essere rovesciata; la “Neolingua”, in cui si sopprimono o distorcono parole e significati contrari agli interessi dei potere, rendendo linguisticamente impossibile ogni forma di pensiero libero e dissidente.

 

Il sistema è definito Socing, o socialismo inglese, e costituisce una più che trasparente profezia dell’immediato avvenire dell’umanità o di una sua gran parte (il superstato Oceania, in lotta o alleanza con gli altri due, Eurasia ed Estasia), e non certo soltanto una diagnosi ironico-drammatica dell’oppressione comunista sovietica, come è stato affrettatamente e interessatamente detto.

 

Il protagonista del fantaromanzo, che segue di poco Brave New World di A. Huxley, uno Smith qualsiasi, catturato e torturato dopo essere stato scoperto a organizzare liberamente, e di fatto contro il regime, la propria vita sentimentale e una “Lega della fratellanza”, è infine indotto dall’estrema pressione psicologica, più che dalle torture fisiche, a rovesciare la propria anima ponendo fine alla lotta: «Egli era riuscito vincitore su se medesimo; amava il Grande Fratello».

 

L’amarezza di Orwell, proprio mentre è meno condivisibile – uomini straordinari in quel secolo, da Kolbe a Solgenitsin a moltissimi altri, hanno dimostrato che si può restare liberi anche nelle condizioni più estreme di impotenza –, svolge il ruolo prezioso di campanello d’allarme per un’umanità addormentata nell’illusione di una democrazia formale, appunto, data una volta per tutte, e quasi automaticamente disponibile; che è la peggiore delle illusioni politiche e, prima ancora, morali.

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