L’epoca della donna cacciatrice
Una ragazza di II media “punta” un ragazzo di III e decide di entrare in contatto con lui. Siccome ne conosce nome e cognome, crea un collegamento in Rete, si presenta (virtualmente) a lui, gli chiede di uscire insieme. Dopo qualche settimana entrano in contatto sessuale (reale): lei racconta, senza imbarazzo, come ha preso l’iniziativa, mentre lui si è lasciato condurre. Non è un’esperienza generalizzabile, ma oggi è frequente sperimentare un mondo femminile non solo precoce, ma anche intraprendente.
Lasciamo stare gli adagi delle nostre nonne che ci hanno cresciuti con la raccomandazione che «è l’uomo a dover fare il primo passo». Un modello lontano anni luce rispetto alle generazioni attuali.
Lasciamo anche gli stereotipi di genere, che hanno creato disparità dolorose tra uomini e donne.
È in corso un cambiamento che deve essere affrontato senza facili giudizi. Nelle serie televisive la figura femminile, e per di più materna, è quella più libera sulle tematiche sessuali, al punto da mettere a disagio il figlio maschio che, invece, è parecchio inibito.
Eppure alcuni valori femminili, se non esasperati, sono portatori di una bellezza tipica della donna, che non andrebbe persa. Ad esempio, il senso di pudore, che porta con sé la grandezza e l’intimità di alcune espressioni di coppia, come il contatto fisico. O il senso di accoglienza, che rende la donna più facilmente disposta a fare spazio all’altro, ad ascoltare, a facilitare il dialogo.
Questo non vuol dire che le ragazze debbano perdere la capacità di iniziativa, bloccarla o simulare timidezza per non essere scambiate come donne facili. Vuol dire che l’attesa, l’accoglienza e molte altre caratteristiche, sono attitudini così profonde da diventare dimensioni rappresentative della femminilità. Perché fare campagne contro tutto questo?
In qualunque campo, da quello sessuale a quello religioso, riappropriarsi di pari opportunità non equivale ad appiattire ruoli, capacità e predisposizioni naturali che favoriscono la possibilità di esprimere il meglio di sé e metterlo a frutto, nell’uomo come nella donna.
C’è un’altra serie televisiva, This is us (Questi siamo noi), nella quale sono riproposti i valori della famiglia, del rispetto, della solidarietà, dello stare insieme nella fatica e nelle lotte quotidiane della vita, con dimensioni “spirituali” e naturali oggi spesso messe in ombra. Cosa esprime questa serie statunitense candidata al Golden Globe? Che sono ancora significativi il perdono, che permette alla coppia di andare avanti e non lasciarsi alla prima difficoltà, lo sforzo di dialogare e stare insieme nonostante divergenti opinioni e sensibilità, il “perdere tempo” con l’altro, il saper festeggiare, gli affetti espressi a parole, senza ogni volta doverli tradurre in sesso esplicito.
Nella serie Usa le donne hanno spazi di realizzazione professionale, ma ricercano anche l’equilibrio psico-affettivo personale, sono mogli e madri senza che questo le faccia sentire “inferiori” o schiave della famiglia.
Pur riconoscendo l’importanza della storia che cammina, sono convinta che femminilità e mascolinità abbiano delle specificità che rischiano di perdersi nella folle idea che “siamo tutti uguali”. Perché la donna venga rispettata non serve che corra dietro ai modelli maschili del macho e del latin lover.
Quando chiedo ad adolescenti maschi cosa li abbia attirati rispetto a una ragazza, mi rispondono sempre mettendo in luce dimensioni che pubblicamente non avrebbero il coraggio di dire: l’aver preso loro (i ragazzi) l’iniziativa del chiedere un appuntamento, la mancanza di “esperienza” per cui quella ragazza è ai primi passi nella costruzione della relazione ed eventualmente della sessualità.
Va bene, allora, superare il principe azzurro e l’ingenua principessa; forse però dovremmo ri-umanizzare l’uomo e la donna, educandoli alle emozioni e ai sentimenti, fin dai primi anni di vita, in famiglia e a scuola. Senza l’impegno personale e reciproco a diventare migliori e imparare ad amare, i femminicidi e le donne confuse circa la propria identità, rischiano di aumentare di numero.
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Gratificazione sessuale e crisi di coppia
I matrimoni, ma anche le stesse convivenze, durano sempre di meno. Si fa più fatica a restare insieme, sebbene ultimamente i matrimoni siano aumentati di numero. Guardando in particolare all’universo femminile, se in passato si riteneva che la spinta sessuale nelle donne fosse minore che negli uomini, oggi tale distinzione sembra superata da una decisa modificazione delle condotte sessuali di genere.
Non si intende negare che esistano differenze genetiche che producono influenze e differenziazioni: ad esempio, mentre nell’uomo il corredo organico tende a renderlo sempre sessualmente attivo, nella donna tale “spinta” segue piuttosto una curva in funzione del ciclo mestruale. In tal senso, il maschio è sempre fertile, mentre la donna presenta picchi di fertilità e infertilità. D’altra parte, a differenza degli animali, l’uomo e la donna si caratterizzano come individui “culturali”, in grado di orientare le spinte genetico-organiche a ciò che personalmente e socialmente ritengono auspicabile o “politicamente corretto”.
In passato si pensava che fossero gli uomini a tradire maggiormente, oggi si deve rivedere tale visione. Ha subito infatti un’impennata il valore della “qualità del rapporto sessuale”, inteso come prestazione: questo ha provocato un aumento della mobilità e della disponibilità a mettere in discussione il proprio partner sessuale, per cercarne di nuovi e più stimolanti. È evidente che la maggiore attenzione all’aspetto della gratificazione sessuale, tanto negli uomini quanto nelle donne, rappresenta un rischio per la stabilità di coppia.
Domenico Bellantoni
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Alleanza uomo-donna
Oggi parlare di sessualità, quando va bene, significa descrivere tecniche di sensualità e seduzione; quando va male, ricerca sfrenata di sesso, in cui ciò che conta sono le performance. Non ci deve meravigliare che in questi anni siano aumentati i fruitori di pornografia e prostituzione: anche le donne, ormai, si affacciano a queste “offerte di intrattenimento” senza imbarazzo.
In questo senso la parità di genere si è realizzata attraverso la trasformazione della donna da “preda” a “cacciatrice”. Come in altri ambiti della vita sociale, si è fatto l’errore di pensare che emancipazione femminile significhi imitazione dell’atteggiamento maschile.
Naturalmente non deve per forza essere il maschio a fare la “dichiarazione d’amore”, né ad ufficializzare con l’anello la (di questi tempi rara) proposta di matrimonio, che dovrebbe essere l’arrivo di un cammino costruito insieme. La sessualità, però, dovrebbe riflettere la maturità affettiva dei due.
Parlare di “alleanza uomo-donna”, allora, è parlare di una relazione paritaria alla cui base c’è rispetto e stima reciproci, nella prospettiva di una vita insieme. Di conseguenza arrivare al rapporto sessuale dovrebbe essere frutto di una conoscenza profonda nella quale, prima ancora che i corpi, si siano condivisi desideri, progetti, sogni, impegni. L’amore e le sue espressioni affettive sono conseguenza di questa comunanza che, se costruita giorno per giorno nella fatica del ricominciare dopo ogni fallimento, può riempire la vita e renderla felice.
Daniela Notarfonso