Leonardo ritrovato
Passano le schiere dei turisti-fotografi (gli inossidabili giapponesi, cinesi in particolare) nella lunga Galleria degli Italiani al Louvre. Tutti oscillano verso la vasta sala dove spicca l’idolo-feticcio dell’arte, cioè la Gioconda. Le tele intorno di Tiziano, Lotto, Veronese, Bassano interessano solo ad alcuni. Potenza del simbolo, e della moda. E nella galleria dove pure “parlano” Giotto, Mantegna, Correggio, Raffaello e Caravaggio insieme a tanti altri maestri, ben pochi si fermano davanti alla tavola di Leonardo.
Eppure l’azzurro splendente, denso e mite di quest’opera ha qualcosa di abbacinante. La tavola dipinta dal Genio a Milano sul 1510-13 e poi portata con sé in Francia, fu rispedita in Italia da Salaì, l’allievo furfante del maestro e infine ritornò in Francia nella collezione del cardinale Richelieu; per poi passare al Louvre.
Che storia. Il soggetto molto fiorentino della ”Sant’Anna metterza” (messa terza tra Gesù e Maria) già amato dal pittore (si veda il cartone a Londra) è reso qui con un fascino che il restauro permette di comprendere e di ammirare in pieno. Anna è seduta – bella di quella bellezza ideale leonardesca -: sul grembo tiene Maria che si sporge ad accogliere il Bambino che è avvinghiato ad un agnellino. Il terreno è petroso, spicca di lato un albero frondoso. Lo sfondo è un capolavoro: una veduta a volo d’uccello su una natura fatta di rocce friabili, laghi e acque, impalpabili nell’aria azzurra dolcissima. Un sovramondo, il Tutto: realtà (il Lago maggiore?) e visione insieme. Come sempre, Leonardo lega mistero, sogno a realismo. Lontano e vicino.
Il manto azzurro di Maria è una falcata di colore che si innalza sui toni più bassi delle vesti e dei veli nel sorriso pieno di affetto verso il Bambino. Sono i sorrisi di una sensibilità delicata questi che dialogano nella tavola in una composizione piramidale che è anche monumentale, e leggera, incredibilmente. Sono i sentimenti allo stato bello e puro.
Anche se i danni del passato si notano – la pozza d’acqua ai piedi di Maria è appena visibile -, pure il restauro fa “cantare” i colori e le ombre in quella pienezza che influenzerà Raffaello, ma che è invenzione squisita di Leonardo.
Un restauro che è rivelazione. La vicina tavola della Vergine delle rocce meriterebbe anch’essa una ripulitura. E la Gioconda? Chi avrà il coraggio di togliere la vernice ingiallita che la deturpa e far vedere colori forse nuovi, forse meno iconici? Lasciamo la decisione ai francesi. Ma rischiare non sarebbe male, come si è fatto con la Cappella Sistina e con la sant’Anna metterza.