L’energia fai da te

Che il pianeta si scaldi davvero lo dice in modo inconfutabile il fatto che il famoso passaggio a Nord Ovest del Canada, che permette di risparmiare 6 mila miglia per collegare via nave Tokyo da New York – un percorso fino ad oggi possibile solo in certe stagioni con l’aiuto di rompighiaccio -, è adesso diventato navigabile. Ragion per cui gli ecologisti canadesi si preoccupano che, se si orienterà verso quell’area una parte notevole del traffico mercantile che attualmente utilizza il canale di Panama, gli effetti sull’ambiente dell’Artico, fino ad oggi immacolato, si faranno presto sentire. Intanto dagli ultimi congressi scientifici veniamo a sapere che, se solo pochi anni fa il riscaldamento del pianeta sembrava dovuto alle attività umane al 60 per cento, adesso lo è al 90 per cento: esiste cioè solo il dieci per cento di probabilità che tale riscaldamento sia legato a cause diverse, come una maggiore attività solare o ad altre cause naturali. A rendere ancora più preoccupante la situazione, il premio Nobel 1995 Paul Crutzen del Maz Plank Institute (Germania) sostiene che le previsioni di innalzamento di temperatura del Rapporto 2007 Ipcc (Coordinamento intergovernativo sui cambiamenti climatici, recentemente premiato col Nobel per la pace) sono troppo ottimistiche. A suo parere in esse non si tiene conto che il ritmo di riscaldamento può essere accelerato da effetti da esso stesso indotti: oltre allo scioglimento dei ghiacci, lo scongelamento anche di grandi estensioni di terreno siberiane oggi gelate (il permafrost). Le conseguenze? Una volta scongelato, nel permafrost si risveglierebbero i micro-organismi anaerobici che vi dormono da migliaia di anni, riprendendo il loro lavoro di decomposizione dei vegetali ed animali in esso sepolti: verrebbero così emesse nell’atmosfera grandi quantità del gas metano prodotto nella decomposizione (purtroppo come gas serra esso è venti volte più potente dell’anidride carbonica prodotta dall’utilizzo dei combustibili di origine minerale, quella contro cui oggi è diretta la maggiore attenzione). Inoltre va ricordato che i primi a riscaldarsi sono gli oceani, col risultato di un’accresciuta violenza degli uragani della zona equatoriale. Non solo: le loro acque fino ad oggi sono state in grado di assorbire la maggior parte dell’anidride carbonica prodotta in eccesso dall’uomo, mentre con l’aumento della loro temperatura potrebbero non essere più in grado di farlo, se addirittura non si arrivasse ad invertire l’equilibrio fisico ed essi iniziassero invece a restituire la quantità fino ad oggi assorbita. Ormai la questione ambientale è per fortuna avvertita come primaria, anche se il presidente Bush, pur indicendo congressi sul problema, dimostra ancora una volta nei fatti di non voler prendere provvedimenti risolutivi: anzi, la sua decisione di incentivare la produzione nordamericana di alcol dal mais per sostituire la benzina importata dall’Europa ha avuto il risultato di far passare a mais molte coltivazioni a grano, prima destinate all’estero grazie ai sussidi che ricevevano. Si è creata così una carenza di grano, difficilmente sostituibile nel breve termine con nuove coltivazioni altrove. Così è aumentato il prezzo di tutti i prodotti legati al grano, dal pane alla pasta, al latte ed alla carne bovina e suina. Ed allora, dove stiamo andando con il problema dell’energia? Interessante in merito è una intervista su RTD Info, la rivista della ricerca europea, al notissimo economista e futurologo americano Jeremy Rifkin che, con il suo solito approccio spiazzante, boccia tutte le attuali fonti convenzionali, non solo per proteggere l’ambiente, ma perché nel giro di trent’anni esse finiranno: non solo il petrolio ed il gas naturale, ma anche l’uranio. Egli ammette che si potrebbe produrre ancora energia dal carbone, anche se con un pesantissimo effetto serra, perché la soluzione dell’energia pulita da carbone, segregando sotto terra l’anidride carbonica prodotta con la sua combustione, non solo sarebbe carissima, ma richiede ancora decenni per la sua sperimentazione in termini industriali. E qui la proposta provocatoria, ma forse possibile, di Rifkin: come fino a trent’anni fa non esistevano personal computer e fino a vent’anni fa non esistevano i cellulari, mentre oggi ve ne sono miliardi di entrambi, così nei prossimi anni si potranno diffondere delle cellule a combustibile funzionanti ad idrogeno, che diventeranno fonti di energia a portata di tutti. Solo che queste celle non avranno bisogno di essere ricaricate altrove: ciascuno se le potrà ricaricare da sé utilizzando il sole, il vento, le onde del mare. Il fatto che oggi le cose non siano ancora così dipende in parte dalla tecnologia non ancora avanzata a sufficienza, ma anche dal fatto che non siamo organizzati per utilizzare questa fonte di energia. L’idea di Rifkin è che l’energia del sole, del vento e delle onde è intermittente, e quindi non sempre disponibile: quello che ancora manca è il modo di immagazzinarla. Per questo, secondo lui, è disponibile l’elemento più diffuso in natura, l’idrogeno. Avendo a disposizione l’idrogeno, è possibile in qualsiasi momento ottenere energia senza inquinamento: bruciando, infatti, esso produce solo acqua. L’importante non è tanto produrlo, perché è possibile trasformare l’energia del vento o del sole in idrogeno scindendo (idrolizzando) acqua tramite l’energia elettrica prodotta dal sole o vento; importante è invece trovare il modo di immagazzinarlo e poi di condividerlo, perché produrre più energia di quella che ci serve potrà diventare una fonte di reddito. Il problema ancor oggi non risolto è quello dell’immagazzinare l’idrogeno, senza aver bisogno di bombole ad alta pressione; ma si pensa che nei prossimi anni, soprattutto grazie alla tecnologia delle membrane porose e delle nano tecnologie, ci si riuscirà senza dover utilizzare materiali costosi come nel presente. Quando il problema tecnologico sarà risolto, esploderà una nuova industria, di dimensione ancora superiore a quella del presente. Anzi Rifkin intuisce che sarà proprio l’attuale rete di comunicazioni a farci trovare il modo di condividere l’energia accumulata in più da ciascuno per gli utilizzi comuni. Certamente è una visione del rapportarsi della società molto diversa da quella attuale, in cui le regioni oggi più trascurate e sottosviluppate sono proprio quelle maggiormente irradiate dal sole: come oggi stanno traendo risorse per il loro sviluppo le regioni che hanno il petrolio ed il gas nel sottosuolo, chissà che – nel disegno della provvidenza – la tecnologia non faccia diventare prezioso quanto oggi sembra senza valore!

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