Lei mi odia

Un giovane vicepresidente di un’azienda farmaceutica denuncia la società in cui lavora per un giro di tangenti e corruzione. L’azienda viene messa sotto inchiesta ma lui perde il posto. Emarginato e senza lavoro, si lascia coinvolgere dall’ex fidanzata, che lo ha lasciato per un’altra donna, in un’attività un po’ particolare: aiutare donne omosessuali a concepire figli, a pagamento. Satirico senza graffiare, grottesco senza volerlo, Lei mi odia assomiglia a un divertissement raffinato ma senza spessore, in cui il genio del regista emerge solo a tratti. È un film strano, inclassificabile, giocato su due distinti e separati livelli narrativi, legati ai due diversi ruoli del protagonista: il coraggioso manager che lotta contro il malaffare delle corporation; e il partner a pagamento in grado di soddisfare il desiderio di maternità di donne omosessuali. Due temi attuali che confermano come Spike Lee sia un regista attento a cogliere i fermenti che agitano la società e a trasferirli sul grande schermo. Ma questa volta il risultato non è all’altezza delle aspettative. Lei mi odia è un film disunito e schizofrenico, in cui commedia e denuncia faticano ad amalgamarsi e, anzi, si indeboliscono a vicenda. Soprattutto per la superficialità con cui è affrontato tutto e che finisce per banalizzare temi importanti e complessi, riducendoli a materie per gag e battute più o meno salaci. La parte migliore del film sono i titoli di testa: una serie di riprese ravvicinate di dollari che indugiano sui dettagli delle celebri banconote verdi e che termina con l’immagine di una banconota da tre dollari (che non esiste, e quindi è falsa) con il timbro della Enronn e raffigurante il presidente George W. Bush. Una sequenza che a ben guardare costituisce l’essenza stessa della storia che si voleva raccontare ma che il film annichilisce nel semplicismo e nella retorica. Regia di Spike Lee; con Anthony Mackie, Kerry Washington, Ellen Barkin, Monica Bellucci, Jim Brow

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