Legge anticorruzione: fare presto
L’indice di ‘corruzione percepita’, calcolato ogni anno dall’associazione ‘Transparency International’, evidenzia come il problema della corruzione continui ad essere una vera piaga un po’ in tutto il mondo. Nel rapporto pubblicato per il 2011 sono stati analizzati 183 Stati attraverso 17 indagini che hanno cercato di capire quale fosse la percezione della corruzione del settore pubblico attraverso la raccolta di numerosi dati su alcuni indicatori tipici della corruzione, come la facilità di accesso alle informazioni, l’applicazione di leggi anti corruzione, e i conflitti di interesse tra gli uomini delle istituzioni.
Nell’Eurozona, le istituzioni pubbliche italiane risultano tra le meno trasparenti. L’Italia si colloca al 69esimo posto, sotto il Ruanda e il Botswana e a pari merito con il Ghana e le Samoa. Il nostro Paese è tra i peggiori tra le potenze Europee, davanti solo alla Grecia. Secondo l’analisi, il fatto che in Europa le nazioni peggio collocate in questa classifica siano proprio quelle con il più alto debito pubblico, è dovuto proprio alla circostanza che in questi Paesi è ancora scarsamente efficace la lotta alla corruzione.
Secondo il procuratore generale aggiunto della Corte dei Conti, Maria Teresa Arganelli, la corruzione in Italia vale circa 60 miliardi di euro l'anno, mentre nel 2011, applicando le norme vigenti, sono state inflitte condanne solo per 75 milioni di euro. Un gap notevole. Se la corruzione venisse combattuta seriamente non ci sarebbe bisogno di pesanti manovre economiche e di chiedere gravi sacrifici agli italiani. Per questo urge una legge seria.
Si sta tentando da oltre un anno. Il 14 giugno 2012 la Camera ha approvato (con 354 voti favorevoli, 25 contrari e 102 astenuti) un disegno di legge “anticorruzione”, reduce da un periodo di elaborazione e discussione molto lungo (si pensi che era stato approvato dal Senato un anno prima, nel giugno 2011). Il Ddl contiene, tra le altre cose, provvedimenti per la maggiore chiarezza e trasparenza dell’attività delle amministrazioni pubbliche, un inasprimento delle pene per i reati di corruzione, incentivi e garanzie per i dipendenti pubblici che denuncino episodi di corruzione.
E delega infine il governo, entro un anno dall’approvazione definitiva, ad approvare un Decreto legislativo sull’incompatibilità tra la carica di parlamentare e le condanne per reati di corruzione. Il disegno di legge è tornato al Senato, dato che il testo approvato dalla Camera contiene modifiche rispetto a quello che era stato approvato dal Senato nel giugno dello scorso anno. E lì giace.
C’è chi ipotizza che l’èmpasse sia da attribuirsi al fatto che la legge contenga norme che possano avere refluenze su alcuni celebri processi in corso (ad esempio quelli riguardanti Berlusconi e Penati). Riteniamo che tutto questo interessi molto poco alla gente, perché, più che guardare al passato, il cittadino-elettore vorrebbe che vengano fissati nuovi e più rigidi paletti per fare un po’ di pulizia, non solo in Parlamento (già a partire dalle prossime elezioni del 2013), ma anche in tutte le Pubbliche amministrazioni.
Va di moda dire “ce lo chiede l’Europa”. Non è un calembour. Dell’Europa facciamo convintamente parte e continuiamo a credere nel progetto ideale dei suoi padri costituenti. Il Consiglio d’Europa, già tredici anni fa (tra gennaio e novembre 1999), aveva approvato a Strasburgo due Convenzioni sulla corruzione, non ancora recepite e ratificate dal nostro Paese. Siamo in forte ritardo.
A dire della ministra Severino, il Governo è pronto ad emanare subito la legge delega anticorruzione. Ma c’è il rischio che, se i tempi del dibattito parlamentare si allungano, le nuove norme che saranno emanate dalla legge delega del Governo siano applicabili solo a partire dal 2018.
Domanda: per renderle operative già dalle elezioni del 2013, non potrebbe il Governo porre la fiducia? In generale questa procedura poco democratica, che relega i parlamentari al ruolo di “yes-men”, non ci piace affatto. Troppe volte vi si fa ricorso. Monti ne ha ottenute ben 34 in nove mesi di governo, in media quattro al mese, una alla settimana. Pressappoco gli stessi standard dei governi precedenti (Prodi e Berlusconi).
Ma, francamente, una in più cosa cambierebbe? in questo caso, almeno, una qualche giustificazione l’avrebbe, e chiuderemmo volentieri un occhio.