Legalità non è solo una parola

L'anno scolastico dell’Istituto comprensivo Antonio Ugo , nel capoluogo siciliano, è costellato di momenti per vivere l’accoglienza nelle sue molteplici declinazioni. Ne abbiamo parlato col preside Riccardo Ganazzoli

“Legalità non è solo una parola” è il progetto di educazione alla legalità dell’Istituto comprensivo Antonio Ugo del capoluogo siciliano. Il punto di partenza è la Costituzione Italiana e attraverso questa la consapevolezza di essere titolari di diritti e di doveri nel rispetto degli altri e della loro dignità. Per questo nel corso dell’anno scolastico si fanno anche incontri con associazioni di volontariato che si occupano di accogliere i profughi a Palermo e si invitano i ragazzi accolti a raccontare le loro esperienze.

Abbiamo incontrato il preside dell’istituto Riccardo Ganazzoli e la vicepreside, nonché responsabile del progetto, Marilena Salemi, alla conclusione della Festa dell’Accoglienza, la festa di inizio anno per accogliere i nuovi alunni, momento per vivere l’accoglienza nelle sue molteplici declinazioni.

 

Da quanti anni realizzate questo progetto?

In realtà da sempre. I dirigenti e i docenti che si sono susseguiti hanno sempre messo al centro la legalità. Nel 2005, quando io sono arrivato – dice il preside –, erano già progetti avviati e di anno in anno hanno subito variazioni dettate dalla variazione dell’utenza della scuola e dagli eventi storico-sociali della città.

La scuola insiste su due quartieri: Noce e Zisa. La sede centrale è in prossimità della zona più povera dei quartieri, mentre la succursale ricade nell’area dove ci sono nuove abitazioni e dove abitano e convivono ceti sociali misti, in questo abbiamo visto l’uscita da ghetto verso la possibilità di una contaminazione.

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Perché inserire nel progetto legalità l’accoglienza degli stranieri?

L’articolo 3 della Costituzione è rivolto ai cittadini, ma il concetto di cittadinanza si è evoluto, non siamo solo italiani, siamo europei e ora il fenomeno dell’immigrazione ridisegna i confini, quindi nell’art. 3 ci sono tutti gli uomini e tutte le donne del nostro continente. Lo stesso Miur ci richiama attraverso le linee guida per l’integrazione degli alunni stranieri a realizzare una pedagogia dell’Intercultura.

Inoltre uno degli obbiettivi è l’educazione alla solidarietà e alla tolleranza, noi vogliamo promuovere l’accoglienza a 360 gradi, accoglienza per i neoiscritti così come per i ragazzi trasferitisi da altre scuole, da altre città e da altre nazioni.

 

Quali e quanti operatori sono coinvolti?

Tutta la scuola. Per quei progetti ove sono richieste solo poche classi, cerchiamo di far partecipare tutti a turno. Da anni facciamo funzionare il comitato dei diritti, composto da due rappresentanti per classe, in modo da educare i ragazzi alla partecipazione, a questo comitato si dà il compito di partecipare a tutti i progetti, e gli alunni che partecipano alla formazione riportano alle classi ciò che viene realizzato.

Durante la festa dell’accoglienza per esempio facciamo esibire o raccontare i lavori svolti ai ragazzi che incontrano maggiori difficoltà e non ai primi della classe, perché la nostra festa è per raccontare la scuola e la sua autenticità e non una mostra di talenti.

 

Avete finanziamenti o aiuti per realizzare i vostri progetti?

Partecipiamo ai Pon e alle progettazioni nazionali e riusciamo ad utilizzare fondi di finanziamento, ma molte cose sono fatte volontariamente attraverso il dono del tempo dei docenti, il nostro è un mestiere che non si può fare diversamente.

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Qual è la risposta degli alunni e quella del territorio?

La risposta è estremamente positiva, per noi l’accoglienza è assolutamente naturale, perché nel nostro territorio sono presenti comunità di stranieri da molti anni, i nostri sono quartieri multietnici. A scuola non ci sono mai stati gesti di intolleranza e il senso di uguaglianza è diffuso nei confronti di ogni diversità.

 

Avete mai incontrato difficoltà?

Mai sino a quest’anno.

 

Ci potete spiegare?

È stato in seguito alla nostra festa dell’accoglienza che è stata presa di mira da un articolo di una testata nazionale che ha prodotto insulti sui social network. Il nostro modus operandi, in modo particolare l’educazione all’accoglienza dello straniero, è stato definito “lavaggio del cervello”, descrizione che ha prodotto un seguito di sgradevoli insulti sui social. Abbiamo subito dopo invitato i genitori perché riteniamo che tanta eco mediatica, soprattutto di questo genere, possa aver scosso sia i ragazzi sia loro. Era opportuno incontrarsi per confrontarsi e riflettere insieme.

Proporrò una giornata di studi tra istituzioni, rappresentanti politici di diverse linee e organi di informazione per un momento di accoglienza dialettica.

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