«L’ecumenismo diventi una mentalità»

La prima comunità luterana a Roma nasce nel 1819. Una chiesa aperta al confronto con le altre realtà cristiane e con progetti di solidarietà verso i paesi più disagiati. Aperture anche al microcredito per sostenere piccole aziende femminili
Il pastore luterano Jean-Martin Kruse

In Italia, complessivamente, tutte le comunità protestanti raggiungono le 500 mila unità e sono radicate soprattutto nel Nord del Paese. Sono molto diverse tra loro ma hanno alcuni tratti in comune: la centralità della Bibbia, il sacerdozio universale dei credenti, comunità governate in modo molto democratico e con assemblee molto partecipate aperte a tutti i fedeli e la convinzione che la salvezza sia solo grazia di Dio e non derivi dalle nostre azioni. La prima chiesa protestante è quella luterana che prende il nome da quel frate agostiniano, Martin Lutero, che diede inizio alla Riforma nel 1517. A Roma il pastore della chiesa luterana è Jean Martin Kruse.

Quali sono gli esordi luterani a Roma?

«Nel 1819 nasce la prima chiesa luterana di Roma. A quei tempi avevamo ancora bisogno della protezione della Prussia perché la Santa Sede non permetteva l’esistenza di una nostra chiesa. Per questo motivo l’edificio religioso sorge dentro l’ambasciata di Prussia in Campidoglio. Ora, invece, la nostra chiesa è in Via Toscana, abbiamo circa 500 fedeli ed esiste per un motivo molto semplice: dove ci sono dei cristiani, ci deve essere una comunità. Il nostro è solo un servizio. Roma riveste un significato importante perché sono presenti tutte le chiese della cristianità, in questo senso è la capitale della cattolicità».

Il centro delle vostre attività pastorali è il culto domenicale?

«Certamente ma facciamo anche lezioni di catechismo per bambini, giovani e anziani. Inoltre organizziamo tanti concerti di musica classica, viaggi in Terra Santa, abbiamo un coro e dei corsi di approfondimento sulla fede che hanno luogo presso le case dei fedeli. Per noi è molto importante l’ecumenismo e per le nostre ricorrenza, la festa della Riforma del 31 ottobre, l’Ascensione, invitiamo tutte le altre chiese a partecipare perché per noi la Riforma non è una confessione religiosa, ma significa tornare al Vangelo. Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno predicato dal nostro pulpito. Sono i primi due papi, dopo la Riforma, ad avere celebrato in una chiesa luterana».

Cosa fate per i poveri della città?

«Ogni mercoledì mattina organizziamo una “colazione per i poveri” per 120 persone e distribuiamo anche vestiti, prodotti per l’igiene. Una volta al mese, invece, aiutiamo circa 70 donne dell’Africa del Nord che hanno bambini piccoli fornendo loro pannolini, giocattoli, indumenti. Abbiamo anche un progetto in Camerun per sostenere le donne con il microcredito. Gli compriamo le galline così che possono vendere le uova e guadagnare un po’ di soldi. È una piccola iniziativa ma ne vale la pena».

Cosa si potrebbe fare di più per aumentare la sensibilità ad un ecumenismo di base, del popolo?

«La nostra esperienza è che non abbiamo difficoltà con la base perché la gente ha una grande apertura verso di noi. Le preghiere ecumeniche che di tanto in tanto facciamo sono importanti, ma dobbiamo approfondire la comunione con le altre chiese per capire che siamo tutti cristiani e abbiamo la stessa fede. Quello che noto è che manca nelle parrocchie cattoliche una conoscenza delle altre chiese cristiane. I parroci potrebbero far di più e anche i vescovi nel sensibilizzare i fedeli verso l’ecumenismo e una maggiore apertura. La mia speranza è che l’ecumenismo diventi una mentalità, in cui ognuno vive il suo carisma, ma solo insieme siamo la Chiesa di Cristo».

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