L’EcoPlan che andò alle Nazioni Unite: «Dichiariamo il nostro impegno»
Intervistiamo Valentina Falcioni, dottoressa forestale abilitata alla professione, con studi tra Italia, Francia a Madagascar. Parte del gruppo EcoOne per l’ambiente, ha lavorato all’EcoPlan e si occupa adesso di agricoltura di precisione all’Università della Tuscia.
Che cos’è l’eco plan?
Parlando di cura della Terra, si è cercato in questi ultimi decenni, anche con l’enciclica di Papa Francesco Laudato si’, di mettere l’accento sul futuro che vogliamo dare al mondo e al senso dell’impatto dell’uomo sul nostro pianeta. Quindi, è iniziata un’importante fase sia del prendersi cura del pianeta, sia di questa presa di coscienza della realtà delle cose. Anche il Movimento dei focolari si è mosso in questo senso e, dopo l’assemblea generale del 2021, si è voluto verificare la sostenibilità ecologica delle strutture e delle attività svolte. Una task force di esperti in ambito ambientale, appartenenti al Movimento, si sono messi a lavorare per analizzare a fondo la situazione e creare delle linee guida generali, applicabili trasversalmente a livello personale, comunitario, locale, nazionale e globale. È nato quindi l’EcoPlan, un documento tradotto in più lingue, presentato il 3 giugno 2022 al cinquantesimo anniversario del programma ambientale delle Nazioni Unite a Stoccolma. Ha contribuito anche il gruppo Faith Invest. La stessa Margaret Karram, Presidente del Movimento dei Focolari, ha firmato un accordo proprio sulla riduzione dell’investimento nei derivati fossili. Per tanto il Movimento sta prendendo questa posizione abbastanza chiara e l’EcoPlan ne vuole indicare gli intenti anche secondo la struttura del carisma.
Qual è il significato spirituale e morale, oltre che concreto, dell’EcoPlan?
Tutta la parte del discernimento e della presa di consapevolezza di quali siano le motivazioni più profonde che ci muovono. Siamo in una situazione ambientale chiaramente in crisi. Vediamo lo scioglimento di ghiacciai, la sparizione di intere specie di animali e piante. Li vogliamo salvare? Dobbiamo allora cambiare rotta e stili di vita. È un mio pensiero: sono scettica sul lavoro di alcuni estremisti ambientali che, per difendere un principio, tra l’altro, di tutela, vanno sostanzialmente a vandalizzare dei beni comuni e patrimoni culturali di tutta l’umanità. D’altro lato, c’è ancora chi nega il cambiamento climatico… Prediligo personalmente le azioni positive concrete, e penso che con l’EcoPlan gli studiosi hanno fatto un passo importante in questo senso, coniugando comunque più voci e punti di vista differenti.
Un piccolo scorcio su alcuni dei contenuti?
Sensibilizzare l’opinione pubblica con dichiarazioni e discorsi pubblici, per esempio su un corretto uso dell’energia, sul risparmio energetico e sul disinvestimento nelle risorse fossili. Incentivare il mercato dell’usato ma avere un consumo critico anche degli stessi prodotti sostenibili e locali, a km zero. Coinvolgere le comunità locali, le consulte diocesane, e avere associazioni di animatori e formatori per la cittadinanza attiva ecologica o creare delle strutture di ascolto, di solidarietà, delle reti di dialogo intergenerazionali.
È un documento pensato a un uso interno del Movimento dei Focolari o è invece una sorta di manifesto aperto a chiunque desideri prenderlo a riferimento?
È sicuramente aperto, anche con un linguaggio trasversale per essere compreso dalle realtà di tutto il mondo. Nasce da una task force dedicata, di cui EcoOne, il gruppo che si dedica all’ecologia, una diramazione del Movimento dei focolari.
Come è strutturato EcoOne?
Abbiamo una commissione internazionale di esperti ad alti livelli, referenti del lavoro che EcoOne svolge in tutti i continenti, di cui cerchiamo di essere rappresentativi al massimo. Siamo circa tredici persone e lavoriamo insieme. Al momento stiamo contribuendo a preparare un convegno previsto per dal 18 al 20 ottobre 2024 “Relational Sustainability” con doppia sede in diretta da Roma e da Cordoba (Argentina). A livello locale in Italia abbiamo un gruppo molto attivo e intergenerazionale, in costante ampliamento. EcoOne si occupa di convegni, congressi, laboratori, e iniziative culturali.
Come è nata in te questa passione per la tutela del creato e il tuo conseguente impegno attivo?
Ero convinta di voler fare architettura d’interni, avevo iniziato la formazione da geometra. Poi, studiando come si fanno gli sbancamenti di terra per le fondazioni di edifici e strade sono rimasta sconvolta perché ho pensato a come una macchina in poche ore potesse stravolgere la natura e la morfologia di un terreno che si è costituito nei secoli. Avendo sempre avuto un rapporto importante con la natura sin da piccola, mi sono voluta concentrare sulle scienze ambientali e forestali. Intraprendere questo percorso mi ha fatto studiare tutto l’ambiente naturale, la struttura e il funzionamento dei paesaggi e degli ecosistemi, che ho avuto poi l’occasione di osservare da vicino grazie alle uscite didattiche organizzate dagli stessi docenti universitari.
Dagli Appennini alle Alpi, sul nostro meraviglioso territorio nazionale, ho potuto ammirare le meraviglie della natura che, talvolta, esistono solo nei nostri ecosistemi. È stata una formazione interdisciplinare, da tutti i punti di vista: la natura è profondamente interconnessa, ci sono moltissimi ambiti e fattori differenti da tenere a mente. Avere conseguito l’abilitazione alla professione di dottore forestale mi permette di lavorare per la salvaguardia, la tutela e la gestione quanto più sostenibile di tutte queste risorse naturali in relazione alle quotidiane attività antropiche.
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