L’economia dell’indifferenza e le sue alternative

Intervista a Simone Siliani del cantiere Novo Modo di Firenze. Il lungo percorso dei movimenti “per un altro mondo possibile”. Dal caso Monte Paschi al lavoro nero di Prato, la necessità di uscire dalle regole della globalizzazione disumana
finanza

Il cantiere Novo Modo di Firenze rappresenta la continuità con la grande realtà dei Forum Sociali “altermondialisti” e cioè quella parte di realtà sociali diffuse da decenni su scala planetaria convinte della possibilità di costruire un “altro mondo” diverso da quello del pensiero unico liberista.  Intervistiamo Simone Siliani, della Fondazione culturale Banca etica, che porterà, nel laboratorio di Loppiano Lab sulle periferie, il contributo di quelle «organizzazioni della società civile, dell’ambientalismo, della finanza etica e del mondo sindacale accomunati da una condivisa idea di cambiamento e da una radicale critica al sistema economico, sociale, ambientale e culturale che ha portato alla moderna crisi».

Non suscita una certa amarezza per voi, aver visto in anticipo le conseguenze della “globalizzazione dell'indifferenza” e aver potuto far poco per impedire il danno ?

«Novo Modo cerca di trovare una nuova strada all'impegno della società civile e delle sue organizzazioni nel solco di una continuità di analisi e di una innovazione nelle forme e negli strumenti di mobilitazione. Infatti, per quanto la cosa non ci renda particolarmente orgogliosi, l'analisi sulle cause e sugli effetti della crisi che il movimento per una diversa globalizzazione ha sviluppato dagli inizi del nuovo secolo si sono rivelate tutte giuste (mentre tutte sbagliate sono state quelle del sistema politico e finanziario: basti ritornare a leggere certi trionfalistici proclami sulla crescita dei primi anni 2000 o sulla sottovalutazione della crisi fra il 2008 e il 2011). Non è una asfittica rivendicazione di ragione non riconosciuta, ma la constatazione che alle analisi sbagliate del sistema hanno fatto seguito azioni (o inazioni) che stiamo tutti pagando a caro prezzo, mentre le proposte del movimento sono state ignorate e, dunque, neppure messe alla prova. Per noi di Novo Modo, ad esempio, le analisi e le proposte sviluppate in Terra Futura dal 2002 fino al 2013 sono un punto di riferimento fondamentale: se andiamo a rileggere i position paper di quegli anni vediamo come le analisi del movimento avessero anticipato quello che poi sarebbe accaduto».

Cosa è mancato per incidere?

«Il movimento ha ritenuto in quegli anni che la forza di quelle analisi e la proposizione di alternative, soprattutto attraverso buone pratiche dal basso, avrebbero irrorato quasi automaticamente il sistema sociale e avrebbero messo il sistema politico di fronte a queste alternative come quasi necessarie. Ma così non è stato! Il sistema politico (a tutti i livelli, da quello locale fino a quello globale) si è fatto sempre più autoreferenziale e non ha saputo ascoltare e comprendere che un altro mondo era possibile e addirittura in via di costruzione. Di questa sconfitta noi di Novo Modo ci facciamo anche carico e ci proponiamo di cercare di capire quali altre strade, anche di confronto attivo con i decisori, siano possibili, consapevoli che la gravità della crisi richiede oggi non un cieco ottimismo (peraltro poco supportato dai dati di una fragilissima e microscopica ripresa), bensì una maggiore radicalità e urgenza di misure attive. Non è, ad esempio, un bel segnale quello della recente eliminazione della Tobin Tax dall'agenda del governo italiano».

Come valuta le scelte fatte dagli ultimi governi? 

Purtroppo gli ultimi governi italiani hanno mancato di affrontare con decisione le ricadute sociali della crisi. Si sono concentrati, al contrario, sul rispetto dei parametri imposti dal Patto di Stabilità, aggravato dall'inserimento in Costituzione del pareggio di bilancio (cosa che, ad esempio, non è stato imposto alla Francia che sistematicamente da qualche anno sfonda il muro del 3 per cento nel rapporto fra debito e PIL senza che alcuna sanzione o censura provenga dalle istituzioni europee), accogliendo da diligenti scolaretti le ricette del pensiero economico main stream: per stare dentro i limiti l'unico modo è ridurre il deficit, quindi tagliare spesa pubblica e welfare e chiudere gli investimenti. I risultati di questa impostazione (che dal governo Monti in poi, presenta una sostanziale linea di continuità) sono sotto gli occhi di tutti: il deficit non è diminuito e la crescita è debolissima e, forse, solo congiunturale.  Mentre, molto più efficiente sarebbe stato una scelta di investimenti o di misure effettive contro la povertà per stimolare la crescita e quindi far aumentare il denominatore di quel rapporto. Un esempio? Gli 80 euro in busta paga come misura generalizzata (entro certi limiti di reddito) ha avuto una minima ricaduta in termini di consumi; sarebbe stata al contrario molto più efficace, con gli stessi 8 miliardi di spesa annua, una misura mirata di sostegno al reddito per lavoratori espulsi dai processi produttivi. Inoltre, negli ultimi governi non abbiamo visto un passo verso una spending review selettiva ed efficace, che rispondesse a delle chiare scelte politiche, come ad esempio la riduzione (e per certi settori anche l'azzeramento) dei capitoli di bilancio per l'acquisto di nuovi sistemi d'arma nel bilancio della Difesa: molta discussione sugli F35, ma zero risultati!

Passando dal globale al nazionale e al territorio, come si può spiegare nella civilissima e virtuosa Toscana l'emergere di uno scandalo finanziario come quello del Monte paschi di Siena (Mps)?

La Toscana è civilissima davvero, ma non è un'isola felice: non esistono, non sono possibili isole felici e non interconnesse con il resto del sistema nel mondo globale in cui viviamo. Dunque il caso di Mps è spiegabile, in linea generale, così. Anche Mps come tutte le banche medio-grandi del paese, dell'Europa e del mondo, ha perso di vista il suo elemento fondativo: una banca serve a raccogliere risparmio per metterlo a disposizione dello sviluppo di un territorio di riferimento, che può essere più o meno grande, nella forma di credito alle imprese e di altre facilities. Invece, anche Mps si è fatta abbagliare dalle sirene della finanza globale, cioè raccogliere il risparmio per inserirlo nel circuito vizioso della finanza globale, dove i soldi non servono per creare sviluppo e benessere delle comunità (quindi per ritornare, in forma ampliata e diversa, agli stessi risparmiatori), bensì solo per creare altri soldi. Per di più, finti, fittizi. Mps ha dimenticato e trasformato la sua natura, né più né meno che altre banche italiane e internazionali. E, allo stesso modo che in altri paesi, è stata salvata, al momento del crack, da soldi pubblici (i Monti bond), cioè dei cittadini, con la motivazione (non peregrina, invero) che di mezzo c'erano i posti di lavoro di tante persone e i crediti e i risparmi vantati da tante persone e aziende. Ma questo non è un  buon motivo per dimenticare le responsabilità di questa situazione e tanto meno per cambiare direzione. Un buon cambio sarebbe una normativa (nazionale e/o europea) che distinguesse le banche commerciali che possono anche agire sui mercati finanziari (a certe condizioni, magari, di trasparenza) e le banche di risparmio che utilizzino i risparmi solo per investimenti nella società.

E che dire della lunga tolleranza del lavoro semischiavistico dei cinesi emerso a Prato? 

Anche questo è il portato di processi di globalizzazione da cui neppure la Toscana è immune. Lì, peraltro, si sarebbe dovuto capire negli anni '80-'90 quando è iniziata la immigrazione cinese, che la globalizzazione non può essere ignorata perché lei si occuperà di te, se tu non vuoi occupartene. Naturalmente a Prato abbiamo avuto una situazione di sostanziale omertà per lungo tempo per il semplice motivo che le imprese italiane e pratesi ne beneficiavo, inserendo nel circuito produttivo imprese che potevano operare a bassissimi costi e che quindi consentivano maggiori margini per l'intero ciclo produttivo e, dunque, anche per le imprese italiane. Così ci si è, colpevolmente, tappati gli occhi per non vedere le condizioni incivili e pericolose di vita delle persone in quel distretto, lavoratori e bambini. Fino al tragico rogo del dicembre 2013 in cui  morirono 7 persone. Da allora la Regione Toscana ha messo in campo un sistema di controlli, sanzioni e incentivi per far emergere il sommerso e le condizioni di lavoro pericolose e incivili del distretto. I risultati sono incoraggianti: entro i primi mesi del 2016 tutte le aziende dell'area pratese e fiorentina saranno state controllate dai 75 nuovi controllori che la Regione ha assunto (con un investimento significativo e straordinario) e l'85 per cento di quelle finora controllate e sanzionate hanno avviato procedure e investimenti per mettersi in regola con le norme per il lavoro. Questo dimostra che i fenomeni possono essere governati e indirizzati verso i diritti delle persone».

 

Per sapere di più di Novo Modo consultarewww.novomodo.org

I primi promotori di Novo Modo sono ACLI, ARCI, Banca Popolare Etica, Caritas Italiana, CISL, Fondazione Culturale Responsabilità Etica e Legambiente. Dalla seconda edizione si sono uniti anche Libera – Associazione, nomi e numeri contro le mafie, Fairtrade Italia, CTM Altromercato, Polo Lionello Bonfanti, Scuola di Economia Civile.

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