L’eccletismo dei Maroon 5
Da sempre condomini di quel limbo che separa le rockstar planetarie dagli onesti big del pop internazional-popolare, i californiani Maroon Five dimostrano ancora una volta il loro eclettismo stilistico: un equilibrismo precario tra modernità e tradizione, tra sound bianco e negritudine, e tra pop e rock, appunto.
Sono ormai passati dodici anni dai loro esordi (da quella Makes me wonder che li impose tra le promesse più sostanziose della scena statunitense), ma ancora Adam Levine e compari non hanno sciolto i dubbi che ogni ibrido si porta appresso.
A confermarlo c’è anche questo nuovo singolo, Payphone, tra i più gettonati dell’estate in corso, il traino perfetto per il loro recente quarto album Overexposed (Sony music).
La melodia, dall’andamento in perfetto american style, s’accompagna ad un testo banalotto ma che fotografa implacabilmente gli struggimenti, i rimpianti e le nostalgie che solo certi amori andati a male si portano appiccicati addosso: «Non puoi pretendere che io sia solo un amico (…) Ho sprecato le mie notti, tu hai spento tutte le luci. Ora sono paralizzato, ancora fermo a quel periodo in cui eravamo innamorati (…) Se fosse esistito un "felici e contenti", io ti abbraccerei ancora così; tutte quelle belle favole sono piene di merda: ancora una fottuta canzone d’amore e io mi ammalerò».
Poi, fra gli inconfondibili falsetti di Levine, sbuca una parentesi rap affidata all’emergente Wiz Khalifa, furbettamente infilata per rendere più moderno l’impatto di un brano piuttosto convenzionale, ma nel complesso più che adeguato per far da colonna sonora ai magoni di chi, proprio per i succitati motivi, trova insostenibile l’ambrosia che s’irradia da certi meravigliosi tramonti estivi…