Le vittime di oggi

Non ci sono solo i film che raccontano le stragi ormai note, dall'Olocausto a quella dei Curdi. Ma anche lavori di piccolo cabotaggio, all'apparenza, ma capaci di tracciare ritratti di persone sofferenti nella società in cui viviamo.

Il colore nascosto delle cose  è un lavoro di un regista delicato, umbratile come Silvio Soldini. Emma (una perfetta Valeria Golino) è cieca dall’età di 17 anni. Vive nel mondo normale, fa l’osteopata, coltiva amicizie, è indipendente dopo un matrimonio fallito.  Teo (Adriano Giannini) è un pubblicitario di successo, passa da una donna all’altra, è in lite con la famiglia. Si incontrano, sono attratti ma l’avvicinamento è difficile, fatto di ansie ed anche di inganni, da parte di lui, che ha un’altra. Viene scoperto e sembrerebbe impossibile che i due possano amarsi sul serio.

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Il racconto entra nel mondo dei non-vedenti, che la società intorno finge di non vedere, ne indaga con delicatezza e perizia le frustrazioni (la quindicenne allieva di Emma che non accetta la sua menomazione), i timori, l’ipersensibilità nei rapporti  il “colore” mentale effettivo del mondo che li circonda. Soldini analizza i sentimenti, li scava con rispetto:  il film è dalla parte delle vittime di una malattia  tanto diffusa quanto evitata  dai “sani”. Scopre per noi  il dolore di chi si sente emarginato e non lo accetta, la paura di venire usati e gettati come Teo è tentato di fare con Emma. E’ interessante il tatto usato dal regista e dalla Golino nel tratteggiare i non-vedenti, il colore tiepido, ombrato delle luci con forte  significato simbolico. La storia cresce delicatamente, scena dopo scena e, se il finale non è all’altezza del resto, il film rimane comunque capace di dire molto, anche solo per accenni, sulla vita difficile dei non-vedenti, ma senza piagnistei o sentimentalismi. Peccato solo che  la interpretazione di Giannini sia più corpo che anima, più distratta che profonda.

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Glory – Non c’è tempo per  gli onesti è un film bulgaro del  2016 uscito ora in sala, diretto da Kristina Grozeva e Petar Valcharov. La storia è  semplice. Tzanko è un uomo solo, lavora in ferrovia, vive come un eremita tra l’orto e l’allevamento di un coniglio. Barbuto come un anacoreta, onestissimo, timido e balbuziente. Trova casualmente migliaia di soldi sparsi lungo le rotaie, e li restituisce al governo. Quanto lui è diritto e rispettoso, tanto la capo dell’Ufficio stampa del Ministero dei trasporti è iperattiva, cinica, autoritaria. Sfrutta la situazione, inventa una operazione mediatica che trasforma l’uomo semplice in un eroe a vantaggio della politica. Lo premiano con un orologio guasto, e lui richiede il suo, cui è molto legato: gliel’ha regalato suo padre, è un segno di affetto, l’unico valore  che possiede. Egli lo vuole per recuperare  la sua dignità di uomo onesto, ma la donna lo ricatta malamente. L’innocente e buono Tzanko  ritroverà il suo orologio, ma sarà un dramma.

Film -metafora  di chiaro intento universale, il racconto commuove e trascina con il ritmo calmo, inesorabile dei prepotenti che sfruttano gli onesti e li rendono ancor più “vittime” e”vinti” della società. Una società guasta in ogni settore pubblico, che non comprende gli innocenti e i puri di cuore – il povero ferroviere verrà pestato dai compagni -, li usa e li getta (indimenticabile la scena del cambio dei pantaloni nello studio televisivo, lui smarrito, lei dispotica). Un dramma pessimista sulla persecuzione dei buoni nel nostro tempo, e sempre. Eppure,questi buoni sono capaci di risorgere e in qualche modo di  riprendersi la dignità offesa. Scabro e di una sacralità laica, il film è un piccolo grande capolavoro di riflessione amara ma anche in un certo modo speranzosa sulla possibilità degli onesti di dire qualcosa alla società algida che ci circonda. Magari con un orologio vecchio, ma che diventa simbolo di riconquista del proprio essere uomini.

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