Le vite amputate di Prich e Zaida

“Un giorno ricevo una lettera da Handicap International. La apro e la leggo controvoglia: ancora un appello alla mia generosità! È come per la pubblicità e le offerte dei “regali-fregatura”, la mia piccola cassetta delle lettere ne rigurgita tutte le settimane appena entro in casa. “Dalla busta, spedita dalla Cambogia, esce una minuscola stampella in bambù, così leggera, ma così piena di significato. Incuriosita, leggo la denuncia di Handicap International sulle mine antiuomo, di cui avevo fino ad allora nozioni molto vaghe. Quel giorno la mia coscienza di semplice cittadina è stata messa in allarme…”. A raccontarsi così è Reine-Marguerite Bayle, francese, autrice di testi di teatro per ragazzi, che lei stessa interpreta e conduce in laboratori scolastici. Sconvolta dall’ingiustizia e dalla crudeltà di quegli ordigni destinati a mutilare atrocemente, anche in tempo di pace, degli innocenti, la scrittrice ha trascorso quattro mesi al seguito di una organizzazione umanitaria francese – Handicap International, appunto – per raccogliere le testimonianze di alcune vittime in due tra i 25 paesi più contaminati: Cambogia, dove esistono tante mine quanti abitanti, e Mozambico, dove ugualmente nessuna zona è sfuggita a questa semina di morte. Risultato della ricerca della Bayle è Un nemico nascosto per Prich e Zaida, edito dal Gruppo Abele: un libretto smilzo, ma decisamente scioccante, anche perché le drammatiche vicende dei due giovanissimi protagonisti, rivissute con partecipazione umana, sono corredate da una documentazione da brivido su questa barbarie dei nostri tempi. In Cambogia, Prich sta portando al pascolo una coppia di buoi – è la sola ricchezza sua e della vecchia nonna – quando, improvvisamente, inciampa in un filo. “Una tremenda detonazione lo stordisce. Proiettato tre metri all’indietro, cade al suolo. Ha il respiro bloccato. Si sente svenire. Non vede più nulla con l’occhio destro. Porta la mano al volto. E’ coperto di sangue. E’ dall’occhio che sgorga il sangue e cola, caldo, sul suo viso. Trema. Ha la gola secca, bruciante. Ha sete. Sa che c’è un piccolo stagno lì vicino. Una sola ossessione: bere. Vuole alzarsi in piedi. Impossibile. Solo allora si accorge che la sua gamba è dilaniata”. Causa di tutto, una mina a frammentazione. Prich verrà salvato, curato, Handicap International gli fornirà anche una protesi, ma quale vita mai sarà la sua? È ormai pace nel Mozambico distrutto da sedici anni di guerra civile. Di ritorno con i suoi nel villaggio natale da cui erano fuggiti, Zaida si attarda a raccogliere un mango per la nonna sfinita… “In quell’istante esplode una detonazione, secca e crudele (…). I soldati hanno l’abitudine di mettere le mine intorno agli alberi da frutta per mangiarla e riposarsi alla loro ombra. Selesta, atterrita, vede dei brandelli di carne sparsi sull’erba macchiata di sangue. Si precipita, ignorando il pericolo, per sostenere il corpo ansimante della figlia svenuta dal dolore”. Zaida si salverà, anche se una gamba è perduta. Ma il suo fidanzato Nelson non vorrà saperne di una donna mutilata. “Così, quando un contadino di un villaggio vicino la chiede in sposa, offrendo in cambio una vacca, Ricardo non esita a concedergli la figlia. Zaida si ritrova così, dall’oggi al domani, quarta sposa di un vecchio che non conosceva e che non amava”. Prich e Zaida… così diversi per cultura ma accomunati da una stessa tragedia. La loro vicenda fa parte ora di una collana per ragazzi che comprende storie coraggiose, vere, di denuncia delle ingiustizie. Le nuove generazioni hanno bisogno di sapere: solo così matureranno gli uomini nuovi per un domani migliore.

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