Le visioni di Bosch

Venezia presenta al pubblico le tavole del pittore, che fotografa con precisione fiamminga persone e cose, con digressioni sull'Aldilà: è il suo omaggio alla mistica
Hieronymus Bosch

Organizzata da Vittorio Sgarbi, l’esposizione – fino al 20 marzo – delle tre opere di Hieronymus Bosch merita una visita, anche perché si tratta di lavori rari, di eccezionale bellezza. Fa impressione che, mentre a Roma Raffaello e Michelangelo in Vaticano celebrano la gloria rinascimentale della bellezza ideale dell’uomo e della natura, un pittore nordico si inventi un universo completamente differente. Decisivo comunque per la pittura veneta, per l’ultimo Bellini, per Giorgione e gli altri maestri contemporanei, il Lotto innanzitutto.

 

La Visione dell’Aldilà, Il Trittico di santa Liberata e il Trittico degli eremiti sono le tre opere in mostra, appartenute tutte al cardinale Domenico Grimani che le lasciò in testamento alla Serenissima. Sono opere scioccanti. La precisione fiamminga delle descrizioni anche minime di persone, animali e cose si accompagna a visioni ultramondane fantastiche, orrende e mistiche. Sono i tre registri emotivi e poetici di queste opere. La Condanna dei dannati e l’Inferno hanno una terribilità di fronte alla quale il Giudizio michelangiolesco sembra più lieve. Dal nero pece del fondo, una notte buia e senza luce, come nei versi danteschi, si aprono squarci sulfurei, bagliori d’incendi, mostri che avvinghiano le anime nude e le trascinano nella notte più nera. Bosch descrive la morte eterna con un senso di ineluttabilità che desta spavento.

 

Al contrario il Paradiso terrestre si apre ad una visione della natura quasi giorgionesca, pur nella freddezza della luce, sempre velata da nebbie nordiche. Ma è l’Ascesa al cielo il pendant straordinario dell’Inferno. Al buio eterno si contrappone l’ascesa dalle tenebre alla luce. Non è tutto subito luce. Con una profondità psicologica ed una acutezza anche teologica uniche, Bosch si inventa un cosmo scuro entro cui salgono in volo, accompagnate da angeli custodi, le anime, filamenti rosei. A coppie i gruppi salgono verso un gorgo luminoso che termina in una luce bianca densissima dopo la quale c’è Dio. Gli angeli depongono le anime sulla soglia del corridoio luminoso perché poi da sole entrino dove “ amore e luce ha per confine”. Qualcuno ha paragonato quest’immagine alle descrizioni dei pazienti usciti dal coma profondo.

 

Io penso che Bosch invece abbia fatto sue le descrizioni dei mistici tedeschi contemporanei e medioevali, la cui eco si ritrova anche nel Paradiso di Dante. Il pittore, nello spazio ridotto della tavola, riesce infatti a trasmettere il sentimento profondo dell’incontro dell’anima col divino, della purificazione che essa sente durante il volo verso il paradiso. I corpi sono tocchi di luce calda, gli angeli hanno il volto perso nel cosmo. Si respira una atmosfera pregna di emozione e di pudore. Bosch è un romantico anche quando dipinge visioni di cielo.

 

(catalogo Skira)

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