Le vacanze surreali dei coniugi Lagonìa

L’epica di un matrimonio durato 40 anni,  in un giorno speciale in riva al mare. Un racconto attuale e delicato, che diverte in un modo originale e commuove per la sincerità scoperta dei personaggi, suggerendoci come può essere semplice il senso della vita
Un momento dello spettacolo

È un giorno speciale quello che si apprestano a vivere i coniugi Lagonìa. Lo scopriremo man mano parlano, gesticolano, ridono, cantano. Stanno davanti ad un mare immaginario, su un tappeto di plastica trasparente che il riverbero della luce calda fa sembrare un bagnasciuga. Lei, nel suo grande vestito arancione, sempre seduta, impossibilitata a muoversi per via di una malattia, è allegra e parla sempre; lui, dalle mani grandi come quelle di Gianni Morandi, intento all’inizio a modellare un castello, poi a rinfrescare la moglie con un enorme ventaglio e a pettinarle i capelli, a sollevarla lentamente per un cambio improvviso, quindi tornare a risolvere i cruciverba della Settimana Enigmistica e apprestarsi a una nuotata con maschera e pinne, è untaciturnoe malinconico, dai movimenti lenti. Attorno, un ombrellone, una borsa da mare piena di oggetti, e una barca adagiata lateralmente. E momenti surreali come un gabbiano che muore d’infarto e la descrizione di una nuvola a forma di coniglio.

Ci fanno ridere, e commuovere, nel loro dialogo apparentemente normale, semplice, fatto di ricordi, di sguardi, di litigi in agguato, di collere e riconciliazioni, di pianti e mazzate sulle ginocchia, di domande che soprattutto lei lancia a lui, sempre silenzioso, che si esprime invece con laconicità. Marisa e Ferdinando insieme da 40 anni, sono invecchiati, eppure si sentono ancora giovani innamorati di un amore spietato e dolce, a tratti dispotico o molesto.

E allora ecco affiorare a ritroso barlumi della loro vita: dalla loro bambina che non c’è più e dei cui occhi e gambe non si ricordano, ai genitori che li portavano al mare, fino ad oggi, alla casa e al lavoro che, anch’essi, non ci sono più. E forse, proprio per questo, hanno preso una decisione. Nel mezzo momenti di nostalgia come quando lui piegandosi posteriormente batte la mano sulla gamba imitando la canzone di Morandi “Occhi di ragazza”, e lei, andando dietro al canto della radio, intona la celebre aria di Händel “Lascia ch’io pianga” facendo commuovere il marito.

E poi c’è quella tanica di benzina che, a un certo punto, lui prenderà cospargendola attorno e su loro stessi. Gesto che arriva senza grandi stravolgimenti, quale atto già programmato consapevolmente. Ma forse un ripensamento cambierà la loro vita: il sogno di partire per l’Africa, compiendo il viaggio opposto a quelli che invece salpano per venire in Italia a cercare la possibilità di una nuova vita, su quella barca che però, a un certo punto, ha finito il carburante.

“Le vacanze dei signori Lagonìa”, dal sottotitolo “Una foto di famiglia per due attori, un ombrellone e un mare immaginato”, testo bellissimo, originale e inaspettato, scritto a quattro mani da Francesco Lagi e Francesco Colella, rispettivamente regista  e attore, fa leva sulla prestazione di due magnifici interpeti in perfetta interdipendenza, ovvero lo stesso Colella nel ruolo di Marisa, il quale, con inflessione calabrese e senza farne una caricatura, ci restituisce una verità umanissima del colorito personaggio; e Mariano Pirrello, un baluginante Ferdinando, espressivo e incisivo nel suo stralunato muoversi e “dire” senza dire.Una intensa prova attoriale grazie anche alla regia di Lagi che chiude la storia con la canzone di Morandi che dice: «Occhi di ragazza io vi parlo coi silenzi dell’amore e riesco a dire tante cose che la bocca non dirà».

Le vacanze dei signori Lagonìa”, Produzione Teatrodilina, selezione Premio In-Box 2015, Progetto Goldstein . A Roma, Teatro dell’Orologio, fino all’1/11.

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