Le uscite del weekend
Due giorni, una notte
È il tempo che occorre a Sara, che dopo una malattia dovrebbe tornare in fabbrica ma ha contro il caporeparto, per convincere i colleghi a votare per la sua riassunzione e non per il licenziamento. Sposata con marito e due figli nella piccola città del Belgio, la donna trova a fatica il coraggio di affrontare i colleghi casa per casa, ricevendo risposte ora affermative ora negative. È un’umanità non cattiva, ma tendenzialmente solidale, che purtroppo deve fare i conti con la realtà: il bonus da mille euro che il caporeparto ha promesso, pur di non riassumere Sara, fa comodo in un tempo di crisi economica. La bellezza del film sta nella sincerità assoluta dei sentimenti, nel realismo dei personaggi e nella abilità registica di evitare, nelle ripetizioni delle scene casa per casa, la monotonia. Anzi ciascuna diventa specchio di una intimità familiare interrazziale – specchio dell’Europa attuale – di gioie, dolori, sospensioni che vengono faticosamente alla luce.
Nel suo “pellegrinaggio” Sara (una splendida Marion Cotillard) è assistita dal marito (Fabrizio Rongione) con un affetto generoso, discreto e capace di assorbire i momenti di tensione, tanto che il film è anche il ritratto dell’amore che circola in una famiglia nei momenti duri, una rarità nel disincantato e distruttivo cinema d’oggi sull’argomento.
I Dardenne regalano ancora una volta un gioiello di sapienza descrittiva e narrativa, di equilibrio sentimentale, di racconto reale dove i frequenti primi piani evidenziano nella loro purezza sostanziale i moti più profondi non solo dell’animo ma di una società.
Assolutamente da non perdere.
Lo sciacallo
Presentato al festival del cinema romano, il racconto diretto da Dan Gilroy gira intorno a Lou (un magnifico Jake Gyllenhaal) che è senza lavoro. Una notte assiste a un incidente stradale, si procura una videocamera e da quel momento gira a riprendere ogni sorta di violenza per poi vendere il materiale alle televisioni. Il lavoro rende bene, Lou assume un assistente, diventa sempre più spregiudicato e il suo cuore si indurisce, la coscienza affoga nel più totale cinismo.
Racconto durissimo notturno, violento e implacabile, il film è un incalzare di fatti cruenti accompagnati dall’occhio lucidamente crudo sulla morte e il dolore, senza provare alcun sentimento se non per il guadagno. Nessun compiacimento brutale, ma una analisi spietata di cosa è possibile per un giovane disposto a tutto: l’obnubilamento della coscienza. Per palati forti, da non perdere.
Tre tocchi
Marco Risi è un regista che gioca a calcio con gli attori, sente le loro storie e ha deciso di raccontarle. Ecco allora un mondo al maschile di frustrazioni, astuzie, inganni, compromessi di ogni tipo, depressioni di un gruppo di personaggi. Una serie di quadri più che una narrazione continuativa, di rapporti interessati ed egoistici, di miserie attoriali in attesa dell’eterno “provino”, di vite di camerieri o facchini, insomma per tanti un secondo lavoro per sopravvivere. Tutto vero, è il sottobosco attoriale che pochi conoscono. Peccato che la regia sia dispersiva e il cameo finale con Argentero, Santamaria e Giallini chiuda con amarezza e sarcasmo un lavoro che meritava – vista l’intuizione – di essere curato di più.
In sala ancora: il giallo di Claudio Noce La foresta di ghiaccio, il buonista di Luca Miniero La scuola più bella del mondo, il simpatico Il mio amico Nanuk per ragazzi e non.