Le ultime luci di Venezia

Dal 29 settembre al 6 gennaio la città festeggia i trecento anni della nascita del Guardi. L’ultimo vedutista lagunare
Francesco Guardi

Oltre cento opere, alcune mai viste, da tutto il mondo. Un itinerario diviso in cinque sezioni – dalla giovinezza alla vecchiaia, dai temi  sacri ai profani, dai Capricci alle Vedute – fa scoprire un mondo che è poco noto a molti. Il vedutista per antonomasia, nell’immaginario collettivo, è infatti il Canaletto, veneziano ed europeo, mentre Francesco non si è mai mosso dalla sua città.

Al mondo razionale, illuministico, chiaro e solare del primo – così amato dagli inglesi che lo seguiranno con Constable – si oppone l’aria palpitante, trepida, e spesso nostalgica di Francesco.
Certo egli racconta o meglio rivive feste e concerti – la "Regata sul Canal Grande", il "Concerto delle dame", "Piazza san Marco"…–, ma è una pittura di macchia, tremante, atmosferica, con un cielo ventoso, ondivago e dall’azzurro settembrino. La vita veneziana è vivace, dinamica, segue un ripetersi di avvenimenti e di mestieri secolare e pare di sentire il brusio di un popolo animato che osserva ad esempio i fatti drammatici come l’"Incendio del deposito degli oli a san Marcuola". O quando, nel "Concerto delle dame", brilla la musica di Vivaldi, suonata dalle violiniste, in un salone fatto di riflessi colorati, di punti  brillanti, di cui si avverte il fitto parlottare sullo sfondo di note trillanti di gioia.
L’ultima gioia veneziana?

I "Capricci", tra lo scherzoso, il fantastico, il malinconico svelano cosa passi nell’animo del Guardi. È quel velo tenerissimo, appena appena mostrato di tristezza, che dal fondo dell’invenzione del pittore risale su per palazzi, ponti, case ed acque, vaporizzandosi in cieli di nuvole che corrono in fretta, di palazzi sospesi nel mare, di gondole e rematori. Come quell’unico gondoliere in laguna (Milano, Poldi Pezzoli, 1780) solitario in una distesa d’acqua immota e grigia, sullo sfondo lontanissimo di una città che è un filamento bianco che emerge dal mare. Forse è questo il Guardi più moderno, più attuale, quello che dice a noi oggi cosa sia Venezia: un sogno, reale, ma sospeso – può chiudersi da un momento all’altro – guardato con un amore appena lacrimoso. Francesco come tutti i geni ha precorso i tempi. Quattro anni dopo la sua morte, nel 1793, Napoleone avrebbe ucciso per sempre la repubblica veneziana e la città si  sarebbe avviata verso quell’essere un miracolo da guardare,  purtroppo più che da vivere, quale è oggi.

Francesco pittore del futuro osservando il suo presente, nostalgico di una gloria che diventa memoria e di una bellezza tuttavia che resiste. Nella piccola tela milanese, dice, tramite una sola persona e piccole cose richiamate in vita da una punta di luce, quello che l’arte dice da sempre: la bellezza non può morire. È Venezia di ieri e di sempre.
 
Francesco Guardi. Venezia, Museo Correr. Fino al 6/1 (catalogo Skira)

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