Le tre figlie di Acheloo
Il nostro viaggio – un itinerario del mito – inizia in Grecia, nella parte occidentale della Macedonia, dalla catena montuosa del Pindo. Qui dal monte Lakmos nasce l’Aspropotamo, che con i suoi 220 chilometri si piazza come secondo fiume greco dopo l’Aliacmone. Pressappoco a metà del suo percorso verso sud attraverso una piana costiera, viene intercettato da vari sbarramenti finalizzati alla produzione di energia elettrica.
Il principale di essi, al confine tra le prefetture di Etolia-Acarnania ed Euritania, ha dato origine al Kremasta, il più grande bacino artificiale della Grecia. Dopo aver segnato per un breve tratto il confine tra la Tessaglia e l’Epiro, questo corso d’acqua sfocia nel mar Jonio di fronte all’arcipelago delle Echinadi, già teatro della battaglia di Lepanto (1571), e alle isole di Leucade, Itaca e Cefalonia, evocatrici di altre storie antiche e più recenti.
Veniamo ora al mito legato all’Aspropotamo. Gli abitanti dell’Ellade, che personificavano ogni cosa, lo chiamavano Acheloo ritenendolo figlio del dio Oceano e di Teti, oppure della Terra (vi sono sempre incertezze nel caos mitologico). Acheloo, divinità dai molti amori, generò un numero imprecisato di ninfe e due sirene. Veniva rappresentato come un toro dal volto umano e con un corno spezzato: inconveniente toccatogli durante una furiosa disputa con Ercole. Testimonianza recente di questo aspetto taurino è una tegola di terracotta che così lo raffigura, rinvenuta in una villa rustica scoperta mentre si stava realizzando a Roma il nuovo Parco della Musica.
Nume tutelare delle acque, dei confini e delle unioni, come pure dei “riti di passaggio”, compreso quello al mondo dei morti, Acheloo era capace, fra l’altro, di assumere i più fantastici e imprevedibili aspetti: ciò nonostante, nel suo scontro con l’eroe dalla clava risultò perdente. In ricordo di questa contesa, venivano organizzati in suo onore giochi e lotte in Acarnania (Grecia), a Metaponto in Basilicata, e forse pure a Napoli.
A questo punto ci siamo già trasferiti nella Magna Grecia, sulle tracce delle sue figlie sirene. Le quali, secondo la mitologia classica, non erano – come siamo stati abituati a immaginarle – esseri marini metà donne e metà pesce (questa raffigurazione s’è diffusa a partire dall’Alto Medioevo), ma ibridi con testa, busto e braccia femminili, mentre avevano ali e zampe di uccelli.
La particolarità delle sirene? Col loro canto e il suono di strumenti come la lira, la cetra, il doppio flauto, il tamburello e le nacchere (così sono rappresentate nella pittura vascolare fin dall’età arcaica) ammaliavano i naviganti, portandoli all’oblio di tutto e infine alla morte per naufragio. Chi non ricorda l’episodio narrato nel XII libro dell’Odissea che le vede confrontarsi con Ulisse, il quale con uno stratagemma riesce ad ascoltarle cantare senza però cedere al loro fascino fatale? Di esse, oltre che nel poema omerico, si parla anche nella saga degli Argonauti.
Non è chiaro quale fosse la prima sede di queste figlie di Acheloo e forse di Gea (la Terra) o di una delle Muse. Ad ogni modo il loro destino si compie in Occidente, presso la penisola sorrentina, luogo il cui fascino è noto: e qui la tradizione le associa ai tre isolotti detti Li Galli (forse in memoria di queste creature pennute) o Sirenuse, visibili da Punta della Campanella. Come mai tre? Sì, perché a questo punto le due sirene originarie erano diventate Partenope, Leucosia e Ligeia. Tutte e tre suicide in mare per il dispiacere dello smacco subìto da quel furbacchione d’Ulisse, come tre sono le località del mar Tirreno dove gli abitanti costieri eressero sepolcri al loro corpi restituiti dalle onde, istituendone il culto: nel golfo col Vesuvio Partenope, che diede nome alla colonia fondata dai cumani, primo nucleo della successiva Napoli greco-romana; sempre in Campania, ma sulle spiagge di Poseidonia/Paestum, Leucosia; mentre a Terina, colonia dei crotonesi di Calabria nell’attuale piana di Santa Eufemia, venne accolta Ligeia.
Queste storie leggendarie sono narrate in prima persona, non senza un pizzico di humor, da Acheloo e Partenope nei primi due volumi di Monstra, collana dell’editrice Scienze e Lettere dedicata agli ibridi della mitologia antica. Entrambe le letture piaceranno ai giovanissimi, ai quali si rivolgono espressamente, ma anche agli adulti. Gli antichi miti continuano a parlarci col loro fascino e il loro simbolismo.