Le trame di Giorgione

La rassegna a Castelfranco Veneto fino al 4 marzo 2018

Giorgione tessitore di “trame”? E di quali trame si tratterebbe? Il titolo della rassegna a Castelfranco Veneto, sua città natale, è intelligentemente ambiguo, fatto apposta per incuriosire a vedere una mostra piccola, ma densa di spunti e di originalità. Per di più collocata dentro la sua casa nel centro turrito della cittadina, accanto al duomo.

Entrando in chiesa, ci si avvicina alla cappella Costanzo, dedicata dal condottiero siciliano Muzio al giovane figlio Matteo, morto prematuramente. Qui, dai primi anni del Cinquecento, c’è la tavola votiva di Giorgione, quella Madonna col bambino e i santi Nicasio e Francesco che sovrastano la lastra sepolcrale del giovane guerriero. Un’aria di mestizia la percorre: Maria vive in anticipo la Pietà, gli occhi abbassati nella riflessione dolorosa, il bimbo addormentato nel sonno (della morte?). Viene subito in mente la contemporanea scultura di Michelangelo in Vaticano, così vicina come atmosfera psicologica ed emotiva.

La Madonna siede su un trono altissimo, vestita di seta verde e rossa, staccata da noi da un muro rivestito di velluto sanguigno, dietro cui si spalanca una visione naturalistica di intensa bellezza. Prati, forre, monti azzurri, il borgo di Asolo, sede della regina Cornaro, rugiada della prima mattina (l’alba della resurrezione futura?). Poesia elegiaca. Calore di tinte pulite, con quei tessuti appariscenti: sete, damaschi sul piedistallo del trono, i tappeti di gusto orientale, molto veneziani.

Essi ci riportano alla rassegna nella casa del pittore, dove sfilano tessuti e merletti: ecco l’arte del ricamo, della “trama” dal Rinascimento sino al Settecento, sfolgorante in “pezzi” e in ritratti, sino a quello vivacissimo di Giambattista Tiepolo del 1743. Una intera civiltà sparsa lungo i secoli, di raffinatezza, eleganza, nobiltà attraverso abiti da cerimonia, liturgici, personali, e l’abbagliante bellezza delle stoffe e dei ricami.

Un mondo a parte, lungo gli affreschi simbolici dipinti dal giovane Giorgione sulla pareti di casa – misteriosi anch’essi come lui –, cui rispondono le opere di maestri come Licinio, Previtali, Catena, Cariani, Bassano. E quel giovane incerto, a mezzo busto, la camicia bianca sulla veste viola che guarda timidamente lontano, forse proprio di lui, Zorzi da Castelfranco, detto Giorgione.

Un’altra trama: quella del colloquio fra ritrattistica di delicato scavo psicologico, paesaggio lirico, e vestiti ricamati a parlare anche questi ultimi di amore alla vita, di intimità, di desiderio di immortalità.

La mostra dice tutto questo, percorrendo i due piani della casa giorgionesca per finire – o per cominciare – dalla luce della piccola pala nel duomo, dove l’unità fra sentimento,religione, natura e costume di una civiltà  armoniosa è realizzata.

 

Fino al 4 marzo (catalogo Duck Edizioni)

 

 

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