Le tecniche di “neuroimaging” e la meditazione
Due ricercatrici californiane, T. Kahan e P. Simone, hanno studiato quali effetti produce sul cervello la pratica della meditazione.
La risonanza magnetica funzionale (RMNf) è una nuova metodica per valutare la funzionalità di un organo o di un apparato, in grado di visualizzare i cambiamenti nel contenuto di ossigeno dei tessuti e dei capillari sanguigni ad essi afferenti. La RMNf cerebrale ci dimostra quali zone sono più attive rispetto al restante tessuto. Il più tradizionale elettroencefalogramma ci indica invece l’attività elettrica, specifica dell’attività dei neuroni di una determinata zona.
L’applicazione di queste due tecniche in contemporanea consente così di far comprendere con buona approssimazione quali stimoli esterni attivano le varie zone del cervello. I risultati di molte ricerche hanno già dimostrato che la meditazione può essere una pratica che favorisce l’attenzione, affinando le nostre capacità cognitive. Sulla scorta di queste osservazioni e con l’ausilio di queste tecniche, due ricercatrici californiane, T. Kahan e P. Simone, hanno studiato quali effetti produce sul cervello la pratica della meditazione, giungendo al risultato che essa ha notevoli qualità per modificare e migliorare il suo funzionamento e quello della mente.
È acquisito che il riflettere sul pensiero è fondamentale per la regolazione emotiva, l’autocoscienza, la pianificazione del futuro. I risultati cui sono giunte le due ricercatrici dimostrano che la meditazione potenzia l’attenzione selettiva, importante per decidere poi a quali percezioni, sentimenti e idee prestare attenzione e quali trascurare. In sostanza la meditazione ci rende più consapevoli del presente.
Le ricercatrici citate hanno studiato gli effetti di tecniche di meditazione diverse: una di tradizione mistico-religiosa indiana, come la meditazione zen e quella dei mantra, che consentono di raggiungere autoconsapevolezza e una sorta di estasi; l’altra, al di fuori delle tradizioni mistico-religiose, che focalizza l’attenzione dell’individuo nel tempo su un oggetto particolare.
Nella prima si è visto che si attivano le zone della corteccia temporale e parietale del cervello dove si sviluppano le onde alfa dell’elettroencefalogramma, tipiche della distensione. Nella seconda, che si concentra su suoni e immagini, si attivano le zone prefrontali e occipitali, implicate nello sviluppo dell’attenzione cognitiva, in cui le informazioni vengono acquisite, elaborate, archiviate e recuperate.
La meditazione basata sulla concentrazione quindi, aiuta a far diminuire l’attenzione nei confronti di stimoli esterni fuorvianti e spesso negativi. Chissà poi cosa scopriremmo se lo studio venisse esteso alla preghiera mentale cristiana.