Le tante “anime” dell’Islam
Contrariamente a quanto spesso si pensa in Occidente, in modo semplicistico e superficiale, l’Islam presenta una varietà di sfaccettature che vanno ben al di là di certi stereotipi con cui viene dipinto e presentato al pubblico, soprattutto dai mass-media nell’occidente sia europeo che nord-americano che pure si differenziano fra loro.
A conferma di questo, si deve notare un’importante conferenza pan-Araba (e l’Islam dei Paesi arabi resta ancora oggi una piccola minoranza nel grande panoramico mussulmano del mondo che vive in particolare in Asia) svoltasi alla fine di agosto a Grozny, città della Cecenia. La rilevanza mediatica sull’avvenimento è stata praticamente nulla, ma si è trattato di un evento importante nella galassia islam, perché ha radunato un centinaio di imams e mufti di diverse parti del mondo del vicino oriente (Egitto, Siria, Giordania, Sudan ed Europa) con una agenda stimolante: cercare le modalità per una presa di posizione chiara contro il crescente fenomeno del terrorismo islamico. Al termine dei lavori gli accademici e i leaders religiosi presenti hanno affermato unanimemente che i cosiddetti terroristi Takfiri, che proclamano e, spesso, gridano la loro appartenenza all’Islam sunnita, in realtà non sono parte della cosiddetta Ahlus Sunnah,la definizione in cui si riconosce il mondo sunnita classico.
Sebbene la conferenza abbia radunato figure autorevoli del mondo musulmano del vicino Oriente e dell’Europa – per citare qualche nome il gran Mufti d’Egitto, Cheikh Chawki Allam; il consigliere del presidente egiziano e rappresentante del Comitato religioso al parlamento del Cairo, Cheikh Oussama al Zahri; il gran Mufti di Damasco Abdel Fattah al Bezm; il predicatore yemenita Ali al Jafri -, particolarmente importante è stato l’intervento del Gran Imam di al-Azhar, Sheikh Ahmad al-Tayeb. L’autorità musulmana egiziana, fra l’altro, ha affermato che i cosiddetti salafisti, conosciuti anche come wahabiti, non possono essere compresi nella categoria di Ahulus Sunna (i sunniti).
Si tratta di una prima assoluta di questo tipo di precisazione, affermata in modo non solo chiaro, ma anche da parte dell’autorità di riferimento più importante del cosmo sunnita. Come si sa il wahabismo è la dottrina che sta al fondamento dell’islam praticato in Arabia Saudita. Essa è nata nel XVIII secolo come posizione sunnita radicale e letteralista fondata da Mohammad ibn Abd al-Wahhab, e utilizzata dall’iniziatore del regno saudita, Mohammed bin Saoud. Esso propone l’uso della violenza contro tutti i nemici dell’islam, compresi i musulmani che non condividono quella interpretazione (takfirismo). L’Arabia Saudita, soprattutto dagli anni ’70 in poi, ha lanciato campagne di proselitismo in Asia e in Africa (e in seguito anche in Europa) per diffondere tale interpretazione dell’islam, costruendo moschee e scuole coraniche, e inviando i suoi predicatori, con la pretesa di definire il wahabismo come una espressione se non addirittura come la vera interpretazione dell’Islam sunnita. La dichiarazione dei leaders sunniti mette in chiaro che il wahabismo, e quindi tutte le espressioni in qualche modo ad esso legate in particolarmente il salafismo, sarebbe una “deformazione” dell’islam che porta all’estremismo e al terrorismo criminale che miete vittime fra mussulmani e persone di altre religioni e culture. È necessario perciò «un cambiamento radicale per poter ristabilire il vero senso del sunnismo».
Dai leaders religiosi presenti sono emerse anche alcune indicazioni per correggere l’attuale situazione che sempre più pesa sull’islam e sulla sua immagine. Particolarmente coraggiosa è l’idea di creare una catena televisiva in Russia [in contrasto con al Jazeera] per «far giungere ai cittadini un messaggio veridico dell’islam e per lottare contro l’estremismo e il terrorismo». Inoltre, è emersa la raccomandazione di istituire «un centro scientifico in Cecenia per sorvegliare e studiare i gruppi musulmani contemporanei che permetterà di rifiutare e criticare in modo scientifico il pensiero estremista». La proposta è che il centro venga chiamato col nome di “Tabsir” (chiaroveggenza). Non si è mancato di suggerire un ritorno «alle scuole della grande conoscenza»(la prestigiosa Al Azhar, la Qarawiyinne e Zaytouna in Tunisia, la Hadermouth), escludendo le istituzioni religiose saudite, in particolare l’università islamica di Medina. Infine si provvederà ad offrire anche borse di studio per coloro che sono interessati a studiare la sharia, cercando di contrastare i finanziamenti che l’Arabia Saudita eroga in questo campo.
La reazione dell’Arabia saudita non si è fatta attendere. Il giornale al-Manar (libanese) cita il lancio di una campagna mediatica senza precedenti che fa leva sul patriottismo, per difendere «l’attentato alla nostra nazione». Si cerca di umiliare anche Ahmed al-Tayeb, ricordando che il grande imam di Al Azhar «si è abbeverato per molto tempo della sapienza degli ulema sauditi»e ora «in alleanza con Putin vuole escludere l’Arabia saudita dal mondo musulmano». L’ambiente Saudita teme che la conferenza tenutasi in Cecenia possa rappresentare un primo passo per «mettere al rogo»il Paese e i suoi imam. Infatti, nel documento finale della conferenza, si chiarisce che «le genti del sunnismo e coloro che appartengono alla comunità sunnita sono gli Ashariti e i Maatiriditi, sia a livello della dottrina che al livello delle quattro scuole della giurisprudenza sunnita, e anche i sufi, sia a livello di conoscenza che a quello della morale dell’etica». L’esclusione del wahabismo e del salafismo, è stato spiegato nel documento, è dovuto alla necessità di «un cambiamento radicale per poter ristabilire il vero senso del sunnismo, sapendo che questo concetto ha subito una pericolosa deformazione in seguito agli sforzi degli estremisti di svuotare il suo senso per impossessarsene e ridurlo alla loro percezione».