Le sinfonie di Beethoven a Roma
Continuano le sinfonie di Ludwig all’Accademia romana di Santa Cecilia. Ed è una gioia vedere famiglie e giovani in sala ad ascoltare un Beethoven leggero, brioso e pacifico nella Quarta e poi nella Settima, ebbro di felicità. Definita da Wagner “apoteosi della danza” quest’ultima sinfonia è un gioiello ritmico incandescente, un tripudio sonoro di moto universale, ma che conosce nel celebre Allegretto – il secondo tempo, sfruttatissimo come colonna sonora nel cinema – un momento non funebre, come alcuni dicono, ma di serena accettazione della malinconia, inevitabile in alcuni momenti della vita. Per far poi posto alla gioia trionfante.
La direzione di Antonio Pappano è sicura, stringente, elimina i troppi languori di certe interpretazioni o delle lentezze si direbbero postimpressionistiche alla Karajan in favore del “bel suono”. Pappano dà come sempre senso della misura, equilibrio, dialogo fra le famiglie strumentali.
Precedeva questi brani la grandiosa ouverture dalla Medea di Cherubini, musicista amato da Beethoven: solenne, quadrata, corposa come un grande tragedia classica.
Si continua il 24,26 e 27 con le sinfonie nn. 6 e 8 e il nuovo brano di Sollima.