Le sfide della Cop 27
La Cop 27 è operativamente iniziata lunedì 7 novembre 2022 con la partecipazione di oltre 140 capi di stato e di governo, riuniti a Sharm-el-Sheikh, in Egitto. Grande sfida: provare a rilanciare l’azione contro il riscaldamento globale.
Secondo gli scienziati, l’Africa non è storicamente responsabile del cambiamento climatico. Ufficialmente, produce meno del 4% delle emissioni globali.
Il 7 novembre i leader africani hanno invitato i paesi ricchi ad assumersi le proprie responsabilità erogando i finanziamenti promessi ai paesi poveri. Una delle maggiori sfide di questa Cop 27, che si sta svolgendo in Africa, è la “giustizia climatica”.
“La Repubblica del Gabon, come altri paesi in via di sviluppo, dovrebbe poter ricevere diverse centinaia di milioni di dollari l’anno da questa promessa. Questo per finanziare il nostro adattamento ai cambiamenti climatici, la nostra giusta transizione energetica ed economica e per premiare i nostri sforzi di cattura pulita del carbonio”, ha affermato il presidente del Gabon Ali Bongo Ondimba.
Secondo il presidente senegalese Macky Sall, attuale presidente dell’Unione Africana: “Dobbiamo agire a Sharm-el-Sheikh per fare la storia e non subirla […] vorrei ricordarvi che con la foresta del bacino del Congo, il nostro continente ospita un quarto di ciò che resta di foresta tropicale, offrendo al pianeta uno degli ormai rari polmoni verdi”.
Per il presidente congolese Denis Sassou Nguesso, il bacino del Congo cattura più di 30 miliardi di tonnellate di CO2. “Da quarant’anni tutta la nostra popolazione è stata invitata a piantare un albero nell’ambito del National Arbor Day, celebrato nel nostro Paese il 6 novembre di ogni anno”.
Il presidente del Kenya William Ruto, dal canto suo, ritiene che il Paese stia affrontando la peggiore siccità degli ultimi 40 anni. “Due anni consecutivi senza pioggia hanno gettato milioni di persone nella miseria. Solo quest’anno in Kenya sono morti 2,5 milioni di capi di bestiame, provocando perdite per oltre 1,5 miliardi di dollari. La fauna selvatica non è stata risparmiata, continua William Ruto. Il portavoce del gruppo Africa alla Cop 27 stima il costo per il continente in 50 miliardi di dollari l’anno entro il 2050.
Secondo il sito Carbon Brief, dall’inizio dell’anno gli eventi meteorologici estremi hanno ucciso almeno 4 mila persone e causato lo sfollamento di 19 milioni di persone in tutto il continente. Esperti climatici delle Nazioni Unite avevano specificamente messo in guardia, a febbraio, sui rischi a cui sono esposti molti paesi africani, dalla riduzione dei raccolti agricoli alla mortalità legata al caldo estremo, e all’innalzamento del livello del mare.
Il nuovo primo ministro britannico Rishi Sunak afferma che la precedente edizione della Conferenza sul clima, Cop 26, aveva creato “un luogo di speranza”. Ha anche aggiunto che il Regno Unito si stava impegnando a fornire 11,6 miliardi di sterline (circa 13,3 miliardi di euro) in finanziamenti per il clima, triplicando i suoi finanziamenti per adattarsi alla quota di 1,5 miliardi di sterline (circa 1,7 miliardi di euro) entro il 2025.
Nonostante gli obiettivi stabiliti a Parigi nel 2015 (Cop 21), che miravano a limitare il riscaldamento globale a 1,5°C entro il 2100, le previsioni restano apocalittiche. La temperatura globale sulla Terra è già aumentata di 1,1°C dall’era preindustriale. Di questo passo, secondo le previsioni, salirà a 2,5-2,8°C entro il 2100, se non si effettuano correzioni. Nonostante tutti i vertici sul clima tenuti negli ultimi trent’anni, la cooperazione sul clima non è riuscita ad invertire la tendenza.
Alla Cop di Copenaghen del 2009, i paesi più sviluppati si erano impegnati a raccogliere, a partire dal 2020, 100 miliardi di dollari ogni anno per aiutare i paesi in via di sviluppo ad affrontare il cambiamento climatico. Secondo l’Ocse, quell’anno hanno fornito solo 83 miliardi. E il pagamento dell’ultima quota è stato posticipato al 2023. “Sentiamo davvero lo sconforto da parte dei Paesi del Sud, che si sentono truffati e traditi”, osserva Sandrine Maljean-Dubois, docente di diritto internazionale dell’ambiente all’Iep, l’Istituto di studi politici, di Aix en Provence.
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