Le sfide del semestre italiano di presidenza UE
Il primo luglio ha preso il via il semestre di presidenza italiana del Consiglio dei Ministri, l’istituzione Ue che condivide con il Parlamento europeo il ruolo di legislatore. In Europa, infatti, le leggi sono proposte dalla Commissione (istituzione super partes, che rappresenta l’interesse generale dell’Ue) e sono approvate, in genere, dai due rami del legislativo: il Parlamento, che rappresenta i cittadini che lo eleggono, e il Consiglio dei ministri, che rappresenta gli stati membri, e siede in formazioni tematiche (consiglio agricoltura, consiglio economia e finanze, …), con i rispettivi ministri dei 28 stati membri competenti per materia.
I compiti della presidenza Ue
La presidenza di questa istituzione significa organizzare e presiedere le riunioni del consiglio (e dei gruppi di lavoro a livello diplomatico che ne preparano le decisioni) e fissarne in certa misura l’agenda, che è comunque determinata dalle proposte legislative e politiche presentate dalla Commissione. Il ruolo più importante della presidenza nazionale, da quando esiste un vero e proprio “Mister Europa” (il presidente del Consiglio europeo, l’istituzione che riunisce i capi di stato e di governo e dà un indirizzo generale all’attività dell’Unione), è sostanzialmente quello di ricercare un compromesso tra le varie posizioni nazionali, e tra le posizioni delle varie istituzioni, in modo da consentire l’adozione degli atti legislativi europei.
Più che il presidente Renzi, che ha presentato le priorità della presidenza italiana al Parlamento europeo il 2 luglio, saranno in prima fila i vari ministri del governo italiano, e i diplomatici della rappresentanza permanente italiana a Bruxelles. L’équipe, assai snella, della presidenza italiana farà riferimento al sottosegretario per gli affari europei, Sandro Gozi, a Roma e al rappresentante permanente italiano a Bruxelles, Stefano Sannino. Entrambi hanno ha lungo lavorato nella Commissione europea.
Le tensioni interne all’Unione europea
Il semestre italiano coincide con un periodo di cambiamenti, a volte turbolenti, nelle istituzioni europee: l’elezione del nuovo Parlamento, che si è insediato proprio il primo luglio, rieleggendo il tedesco Schulz come presidente per un mandato di due anni e mezzo; la battaglia fra il britannico Cameron e il resto dei leader dell’Ue per la nomina del presidente della Commissione, conclusasi con la sconfitta di Cameron e dell’ungherese Orban, gli unici a votare contro la proposta di Juncker come presidente della Commissione. Proposta che dovrà ora essere ratificata dal parlamento il 16 luglio. Nelle prossime settimane saranno proposti gli altri membri della Commissione europea, uno per stato membro, tra cui l’alto rappresentante per la politica estera europea, posto prestigioso per cui Renzi ha prenotato la ministra Mogherini. Questa nomina farà parte di un pacchetto con il nome del successore dei Van Rompuy, presidente del Consiglio europeo. Nome che, questa volta, dovrà essere gradito a Cameron.
Intanto proprio il Consiglio europeo ha adottato, il 27 giugno, le priorità per la politica europea dei prossimi cinque anni e che saranno il quadro di riferimento per l’azione della presidenza italiana. Tra queste priorità ne esistono alcune che sono di particolare rilevanza per il nostro Paese, oltre che per l’Ue nel suo complesso. Si comincia con il completamento, entro il 2015, del mercato unico digitale (e-commerce, amministrazioni pubbliche online …) per sostenere la crescita economica dopo la durissima crisi degli ultimi anni. Si muoveranno, inoltre, i primi passi verso una vera e propria Unione europea dell’energia, per coordinare l’azione degli stati membri e ridurre la nostra dipendenza dalla Russia. Infine, si avvierà l’attesa gestione più comunitaria e solidale dei flussi migratori e delle frontiere esterne dell’Ue.
Il nodo della flessibilità di bilancio
Notizie meno buone, come confermano le cronache, sul fronte della flessibilità intesa come possibilità di sforare a buon fine (per promuovere la crescita) dai parametri di stabilità previsti dalle regole comuni (tetto del deficit pubblico al 3 per cento, rientro da livelli eccessivi di debito pubblico, ecc.). È questa una battaglia che il premier Renzi, forte del successo alle elezioni europee, ha cercato di combattere con i partner europei, tra l’altro come arma negoziale in cambio dell’appoggio a Juncker, esponente della famiglia politica dei popolari europei. Con scarso successo a dire il vero: una frase nel comunicato finale del Consiglio europeo del 26 e 27 giugno menziona la flessibilità, ma solo per ricordare che va applicata “nell’ambito delle regole esistenti” sulla sostenibilità dei conti pubblici – regole la cui revisione non è assolutamente all’ordine del giorno. Un chiaro no all’allentamento delle regole di bilancio è venuto dal presidente del gruppo popolare al Parlamento europeo, il tedesco Weber, durante il dibattito che ha fatto seguito all’intervento di Renzi il 2 luglio.
Alleanze inattese?
Un alleato inatteso di Renzi potrebbe però essere il futuro presidente della Commissione Juncker: un uomo di grandissima esperienza, e dalla sensibilità sociale più sviluppata di quanto pensino coloro che gli rimproverano di essere il portavoce della vecchia Europa, quella del rigore e dell’austerità a tutti i costi. Ne sapremo di più il 16 luglio, con la conferma del lussemburghese alla presidenza della Commissione, e poi con le nomine e la distribuzione dei vari portafogli tra i commissari europei.
Per chi vuole approfondire, il programma della presidenza italiana si può consultare sul web: http://italia2014.eu/it/news/post/il-programma-del-semestre/