Le sfide aperte del Kirghizistan

Dalla nostra corrispondente ancora notizie sulla grave situazione umanitaria e politica della repubblica al confine con la Cina  
Scontri in Kirghizistan

Continuano ad arrivare nella capitale Bishkek e in tutto il Paese le notizie (ufficiali) sull’entità delle perdite e delle vittime dei recenti scontri nel sud del Kirghizistan, in particolare nelle città di Osh e Jalalabad: circa 190 persone uccise e 100 mila rifugiati che al di qua o al di là della frontiera con l’Uzbekistan stanno aspettando il da farsi. Altre fonti, come da noi riferito nei giorni scorsi, arrivano a decuplicare le cifre delle vittime e dei rifugiati: attualmente non è possibile verificarne l’esattezza. Resta chiara, tuttavia, la gravità della situazione nel Sud del Paese.

 

La Russia sta inviando i suoi aiuti umanitari, mentre ha già trasferito nel suo territorio oltre cento persone, in parte cittadini russi, feriti seriamente nel corso degli incidenti degli ultimi giorni. Appare sempre più evidente, come confermano anche i giornali della capitale, che nello scatenare gli incidenti interetnici sono stati implicate dei gruppi di cecchini istruiti ad arte, che sono riusciti a far credere che l’origine degli incidenti fosse, appunto, di natura etnica.

 

Già negli anni Novanta c’erano stati, in particolare ad Osh e a Ozgon degli incidenti effettivamente di natura etnica, ma negli ultimi dieci anni la situazione si era calmata e le popolazioni vivevano mescolate in una convivenza tranquilla. Tutti sono convinti che tali gruppi appartengono al potere del presidente deposto Bakiev, e che gli scontri sono stati organizzati per boicottare il referendum costituzionale del 27 giugno.

 

«Il kirghizistan deve dialogare coi leader della diaspora e delle varie comunità presenti nel Paese, e in certi casi deve intervenire con le sue forse di polizia per ristabilire l’ordine. Altrimenti lo Stato non esisterebbe più», ha dichiarato il presidente russo, Dmitriy Medvedev.

 

A Osh la vita riprende poco alla volta, dopo gli incidenti che, sembra, hanno provocato la distruzione di 115 abitazioni (ma le cifre sono incerte). Il sindaco Melis Myrzakmatov ha distribuito pane gratis alla popolazione, mentre la presidente ad interim, Roza Otunbaeva, si è recata in visita ai feriti negli ospedali di Osh e Jalalabad, dove sta cercando di organizzare delle riunioni di riconciliazione tra i leader delle due etnie in conflitto. Il tutto in attesa del confermato referendum del prossimo 27 giugno, che dovrebbe dare maggior potere al governo centrale.

 

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons