Le Sardine conquistano Roma
«Francesca, non puoi immaginare: c’è una partecipazione grandissima. C’è tantissima gente ovunque. È emozionante. Bellissimo». Simone, 53 anni, barbetta brizzolata e cappello, è sceso in piazza da solo e si guarda intorno con commozione mentre parla al telefono con la moglie, che è al lavoro. L’emozione gli stringe la gola e, del resto, c’è da capirlo. Sono le 16.30 di una giornata inaspettatamente mite dopo la tempesta di ieri, e San Giovanni, la piazza simbolo della partecipazione popolare nella Capitale, è strapiena di “sardine”.
A guardarsi intorno il colpo d’occhio è veramente ad effetto. Ci sono migliaia di persone di varie estrazioni sociali e di tanti colori diversi, tutte riunite da un comune sentimento antifascista, dalla voglia di una politica garbata e rispettosa delle persone e dal desiderio di partecipare e far sentire – finalmente – la propria voce. A un mese esatto dalla prima dimostrazione popolare, il movimento ha dunque conquistato la Capitale. Tutto era cominciato a Bologna il 14 novembre scorso, quando per battere i 5.570 seguaci di Matteo Salvini e della candidata alle regionali dell’Emilia Romagna Lucia Borgonzoni, quattro giovani (Mattia Santori, Roberto Morotti, Giulia Trappoloni e Andrea Garreffa) si adoperarono per battere il leader della Lega e portare in piazza almeno 6mila persone.
Il passaparola si rivelò vincente e in piazza Maggiore si ritrovarono in 10 mila, “stretti come sardine”, per cantare Bella ciao e gridare “Bologna non si Lega”. Volevano «risvegliare un popolo stanco di vedere calpestati i propri valori» e in piazza accorse un pezzo di centrosinistra, ma senza simboli né valori. Da allora, dopo più di cento piazze, il movimento è arrivato nel cuore della politica.
A Roma, in piazza san Giovanni in Laterano, ci sono tante famiglie con bambini piccoli, studenti, i papaboys, i partigiani dell’Anpi, esponenti politici e sindacalisti, il vicesindaco di Roma Luca Bergamo, professionisti in giacca e cravatta, operai, immigrati.
Un gruppo di professoresse sfila con cartelli su cui spiccano delle piccole sardine colorate: «Sono venuti anche i nostri studenti – spiegano orgogliose –. C’è una rappresentanza di tutti i licei di Roma».
Gli interventi dal palco si susseguono, oltre a Santori parla Valerio Renzoni, uno dei promotori romani del movimento, e anche c’è il medico di Lampedusa Pietro Bartolo.
L’aria sa di fumo, e non solo di sigarette, e alcuni fumogeni annebbiano la vista. La folla è enorme e l’audio non riesce a raggiungere tutti i partecipanti che riempiono le strade verso Santa Croce in Gerusalemme, dietro la basilica di San Giovanni, e verso le stazioni di Re di Roma e Manzoni, ugualmente chiuse insieme a quella di San Giovanni.
Ovunque c’è un mare di “pesci”, tutti uniti “Contro i pescecani del pianeta”. Ma se ci sono gli striscioni contro la Lega (“Sleghiamoci”, “Roma non si lega”, “Siamo 49 milioni”…) quello che colpisce è la tranquillità della piazza. C’è chi canta (da “Bella ciao” all’Inno di Mameli), chi balla, chi tira due calci ad una pigna.
Ci si parla con gentilezza, si ride, c’è voglia di essere protagonisti, di far sentire la propria voce.
«Quello che ricorderò tornando a casa – spiega Luigia – è una piazza gentile, fresca, allegra e il fatto di non sentirsi legati a nessun partito, ma da qualcosa di molto più intimo e profondo, cioè dall’essere cittadini e, in questo caso, cittadini attivi».
Se l’obiettivo era di farsi vedere e sentire dalla politica, è stato ampiamente raggiunto. Lo sa bene uno dei fondatori delle sardine, Mattia Santori che, afferma, «vogliamo arrivare ai cervelli» delle persone prima che i sovranisti parlino alle loro pance.
«L’idea – ha affermato – era riempire la piazza e cambiare un po’ la percezione della politica in questi anni. Direi che l’obiettivo è stato raggiunto». Ma la piazza di Roma, spiega, è solo una tappa di un percorso che continuerà fino a Natale per poi fermarsi e ripartire da gennaio.
Da domani, però, bisognerà iniziare a riflettere sul futuro. Molti vorrebbero la creazione di una nuova formazione partitica, un passaggio per il momento escluso, ma le circa 100mila persone in piazza (secondo i manifestanti, 30mila per la Questura) fanno gola a molti e bisogna evitare strumentalizzazioni.
Domani i rappresentanti delle diverse piazze delle sardine si riuniranno in via Santa Croce in Gerusalemme. A loro toccherà cominciare a immaginare il futuro. Le piste di discussione non mancano: i manifestanti vogliono una politica che torni ad essere rispettosa, che «chi è eletto faccia politica nelle sedi proprie e non stia sempre in campagna elettorale», che i ministri parlino solo attraverso i canali istituzionali, che ci sia maggiore trasparenza sull’uso dei social network da parte dei politici e su chi li finanzia, che la violenza sia esclusa dalla politica e che quella verbale venga equiparata alla violenza fisica. Ancora, chiedono che non si faccia leva sulla paura per ottenere il consenso popolare, che la stampa traduca le informazioni in messaggi fedeli ai fatti, che si abroghino i decreti sicurezza.
Deludere la voglia di partecipazione delle sardine sarebbe un’insopportabile ingiustizia, ma un tradimento sarebbe molto peggio.
Se riempire le piazze è stato facile, anche in altre città europee come Parigi, Londra e Bruxelles, andare avanti rischia adesso di essere più complesso, ma è sicuramente affascinante e sfidante cercare di mettere insieme tutte le anime della piazza per un percorso comune. Che duri a lungo.