Le riforme e il Concilio

Ripercorriamo alcune tappe di questo storico momento della Chiesa con alcuni articoli che la nostra rivista pubblicò nel 1962 accompagnando i lavoro dei vescovi di tutto il mondo. Ogni mercoledì una rubrica racconterà discorsi, fatti, iniziative che hanno cambiato la cattolicità
Concilio Vaticano II

Dopo le prime sessioni inaugurali, il Concilio ecumenico ha incominciato l'esame degli schemi preparatori. È stato creduto opportuno iniziare da quello della sacra Liturgia.

Come ci ha fatto sapere l'0sservatore Romano stesso, vari sono stati gli interventi dei Padri conciliari, i quali hanno manifestato i loro pensieri portando all'Assemblea dei Presuli, la loro esperienza apostolica, che è varia per cultura, tradizioni, necessità.

Da questa diversità di interventi nell'affrontare i problemi della Chiesa, ugualmente fatti da ognuno con la più grande fede e il più grande amore per migliorare la nostra vita cristiana, molti giornali hanno preso spunto per classificare, catalogare, per voler vedere

 nel Concilio ecumenico un desiderio di riforme sostanziali, di rivoluzione. Da qui si sono diffuse in tanti le più strane idee circa il rinnovamento che dovrebbe avvenire.

Per questo ci sembra di dover sottolineare che la vera grande riforma che il Signore ci ha chiesto, è quella della nostra conversione a Lui, è quella di staccarci dalle fugaci cose terrene per desiderare e volere i beni celesti.

La vera grande riforma cristiana è la mortificazione del nostro uomo vecchio, della nostra sensibilità ferita dal peccato originale, della nostra superbia; l'unica grande riforma è vivere la vita della grazia, la vita dell'«uomo nuovo». E questo è il fine della Chiesa. Le altre le possiamo chiamare riforme, ma con un termine assai improprio, giacché sono sempre adattamenti marginali all'unica riforma vera, essenziale. Questo, tante volte, nei giornali viene perduto di vista. Essi fanno quasi credere a dei lettori sprovveduti che fra poco le cose cambieranno, non ci sarà più bisogno di essere del tutto temperanti e modesti; fanno credere che l'autorità della Chiesa possa essere democratizzata, che la severità della Fede che illumina e dirige la nostra intelligenza, non sarà poi più così rigorosa, che il Pontefice non si servirà più come adesso della Curia romana per governare la Chiesa.

Non bisogna dar credito a queste fantasie. Certamente la Chiesa sente il bisogno di un aggiornamento: proprio per questo il Concilio ecumenico è stato convocato dal Papa. Ma, come ha sottolineato un presule italiano, non si deve pensare che la stretta porta per entrare nel Regno dei Cieli potrà adesso essere resa larga. La fede rimarrà sempre un assenso totale alla Rivelazione di Dio, l'autorità dei papi conserverà le sue caratteristiche impronte che derivano dall'essere essi il fondamento della Chiesa posto dal Redentore, il servizio che tanti presuli fanno nel collaborare col sommo pontefice nel governo della Chiesa rimane sempre utile e necessario, la mortificazione e la penitenza non potranno mai mancare dalla vita di ogni cristiano.

Che cosa ci aspettiamo perciò dal Concilio? Ci aspettiamo che esso ci faccia diventare più buoni, ci faccia più chiaramente vedere la divinità della Chiesa Cattolica, attiri le nostre volontà tentennanti in maniera irresistibile affinché ci possiamo donare completamente al Signore: questa è 1'unica grande riforma che, iniziata con Gesù, la Chiesa sta di secolo in secolo riproponendo all’umanità. Essa sarà perciò il vero, l’unico tema dominante di tutte le sessioni, di tutte le decisioni di questa grande assise ecumenica.

di Pasquale Foresi

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