Le reazioni di Iran e Arabia Saudita

Nella delicata situazione attuale è necessario distinuguere due livelli: la rivalità tra Theran e Riyadh e l'ondata di violenza settaria in Medio Oriente. Pubblichiamo la seconda e ultima parte del nostro approfondimento
Le reazioni di Iran e Arabia Saudita

Come abbiamo visto, Teheran ha immediatamente condannato l’uccisione del religioso. Il portavoce del Ministro degli esteri, Hossein Jaber Ansari, ha tacciato Riyadh di ipocrisia, mettendo in evidenza come il governo saudita supporti all’esterno “terroristi e movimenti takfiri”, per poi condannare a morte con la stessa accusa i propri oppositori interni. Nella situazione attuale, tutt’altro che semplice da decifrare completamente, è necessario distinguere due livelli, quello della rivalità tra Teheran e Riyadh e quello della ondata di violenza settaria che sta sconvolgendo il Medio Oriente. Sul piano della rivalità tra Ryadh e Teheran, l’esecuzione di un religioso sciita di alto rango rappresenta l’ennesimo gesto di sfida che gli al-Saud rivolgono alla Repubblica islamica iraniana. E’ un messaggio chiaro anche a livello di politica internazionale. Con la fine, secondo l’accordo siglato a Vienna tra Iran e P5+1, delle sanzioni patite dall’Iran, i sauditi vogliono mettere in chiaro che, nella loro prospettiva, l’Iran non sarà benvenuto nella comunità delle nazioni. Tale situazione può scatenare complessi meccanismi interni all’Iran stesso, dove da due anni assistiamo al pragmatismo di Hassan Rouhani, che, tuttavia, nel prossimo febbraio, con le elezioni legislative, sarà sottoposto a un vero e proprio referendum. C’è un pericolo concreto che si risvegli l’ostilità mai sopita degli ambienti religiosi più radicali, che mai hanno accettato Rouhani e la sua politica, soprattutto il suo accordo sul nucleare.

La reazione internazionale è stata veemente in Paesi con maggioranza sciita con incidenti anche gravi. In Iran, per esempio, l’Ambasciata dell’Arabia Saudita è stata attaccata. Stiamo assistendo alla rottura reciproca di relazioni diplomatiche e a minacce di vario tipo che non lasciano tranquillo lo scenario internazionale. Come hanno fatto notare alcuni osservatori, sorprende, tuttavia, anche il silenzio della ‘comunità internazionale’ rotto solo da qualche timida mossa, segno di apprensione, ma anche di mancanza di chiarezza in un momento in cui la guerra all’Isis sembra aver polarizzato tutte le energie mentali e diplomatiche del mondo.

Purtroppo nel caos generale, che continua a caratterizzare il momento in cui viviamo, non si mettono sufficientemente in luce anche aspetti più timidamente positivi. Per esempio, fra le tante dichiarazioni violente, da registrare anche alcune reazioni pacifiche. La prima è del presidente dell’Iran, Hassan Rouhani, che pur condannando l’esecuzione saudita, ha definito “totalmente ingiustificabile” l’attacco all’ambasciata dell’Arabia a Teheran. “Non ho dubbi – ha detto – che il governo saudita abbia danneggiato la sua immagine, ancor più di prima, fra le nazioni mondiali – e in particolare fra le nazioni islamiche – con questo atto contrario all’Islam”. Ma – ha aggiunto –  il popolo iraniano “non deve permettere ad alcuni criminali” di usare questo incidente e “eseguire azioni illegali che danneggiano la dignità del governo della Repubblica islamica [dell’Iran]”. Anche il fratello dello sheikh Nimr al-Nimr, Mohammed, in Arabia Saudita, ha condannato l’attacco all’ambasciata di Riyadh a Teheran. In un tweet egli ha dichiarato: “Apprezziamo il vostro amore verso il martire Sheikh al-Nimr che vive nei nostri cuori, ma rifiutiamo gli attacchi contro le ambasciate saudite in Iran o altrove” E ha aggiunto: “Noi amiamo la nostra patria”.

Fonti: Ispi e AsiaNews

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