Le ragioni dell’assoluzione di Berlusconi
La seconda sezione della Corte d'appello di Milano, chiamata a pronunciarsi sull’appello proposto da Silvio Berlusconi per la vicenda Ruby, ha radicalmente ribaltato la sentenza del Tribunale di Milano del giugno 2013.
Si ricorderà che Silvio Berlusconi in primo grado era stato condannato a sette anni di reclusione e all'interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Berlusconi è stato assolto dal reato di concussione per costrizione perché «il fatto non sussiste» e dall'accusa di prostituzione minorile perché «il fatto non costituisce reato». La diversità delle formule utilizzate dalla Corte ha, ovviamente, un significato processuale ben definito: nel primo caso (reato di concussione) la Corte ha ritenuto insussistente la verità storica del fatto contestato a Berlusconi, (che non avrebbe, quindi, minacciato i funzionari della questura di Milano a rilasciare Ruby) nel secondo (prostituzione minorile), invece, il fatto contestato dall’accusa è ritenuto, invece, sussistente, ma privo di rilevanza penale per mancanza di uno degli elementi essenziali del reato. Potrebbe essere determinante, nella fattispecie concreta, la mancanza di prova che Berlusconi fosse a conoscenza della minore età di Ruby. Ma prima di avanzare ipotesi azzardate, per una analisi obbiettiva delle scelte operate dalla Corte, meglio sarebbe attendere le motivazioni della sentenza.
Tra accusa e difesa durante il processo d’appello si era combattuta in aula una dura battaglia processuale. Il sostituto procuratore generale Piero De Petris aveva chiesto per Berlusconi la conferma della pena di primo grado, che, nella requisitoria, aveva definito «severa ma giusta». La difesa invece, per bocca di Coppi e Dinacci, aveva chiesto l'assoluzione per «insussistenza dei fatti», ma puntava anche all'annullamento o alla riforma della sentenza di primo grado sostenendo l'inutilizzabilità' delle intercettazioni e l'incompetenza territoriale del tribunale di Milano.
Mentre Berlusconi ed i suoi legali esprimono soddisfazione per l’esito della sentenza, il Procuratore Generale preannuncia ricorso per Cassazione. Insomma, la partita continua e sarà la Corte di Cassazione a dire, forse in via definitiva, la parola fine alla nota vicenda.
A fronte di un così palese ribaltamento del verdetto del Tribunale siamo tenuti a credere, fino a prova contraria, che ciò sia scaturito soltanto da una diversa valutazione del materiale processuale da parte della Corte di appello.
Ma non può certamente non tenersi in debito conto dell’attuale clima nel quale la pronuncia della Corte è maturata. Di recente la politica, concentrata esclusivamente nell’attuazione delle riforme che il Paese da anni attende, è lontana dal cavalcare – come spesso in passato – il terreno del quotidiano scontro con la magistratura. Ed è evidente che questo clima non può che aver giovato, in termini di serenità, anche al processo Ruby. Non voglio ovviamente affermare che i giudici della Corte di Appello non possano aver sbagliato, a differenza di quelli del Tribunale; ma questo ce lo dirà la Cassazione. Dico solo che certamente si sono mossi all’interno di un clima disteso che li ha aiutati a fermarsi esclusivamente sugli aspetti tecnici, senza pressione alcuna, e che – se errore c’è stato – non può certamente essere attribuito ad alcun condizionamento politico.
Nel processo di appello un ruolo certamente determinante, sotto questo profilo, è stato svolto dai nuovi legali di Berlusconi, Coppi e Dinacci, che si sono limitati a condurre una battaglia strettamente processuale e tecnica, senza alcun attacco ai giudici della Corte, ben sapendo che tanto, sia pur inconsapevolmente, avrebbe introdotto un elemento di disturbo che non avrebbe certamente giovato al buon esito del processo.
Di altrettanta serenità, forse, non hanno goduto, né i magistrati della Procura di Milano, né quelli del Tribunale di Milano, oggetto di continui attacchi da parte di Berlusconi e dei suoi precedenti legali.
Da un punto di vista politico l’assoluzione di Berlusconi rafforzerà la sua leadership e ridarà ora nuove ali a Forza Italia che ha già presentato il conto alla magistratura, per i danni subiti, in termini di calo di consenso elettorale, per via delle vicende giudiziarie del suo leader.
Ci auguriamo però di non essere costretti a rivedere scene già viste e che le vicende giudiziarie di Berlusconi continuino a svolgersi nelle aule giudiziarie e non in altre sedi, proprio come ha insegnato Franco Coppi. Certamente ne avrà da guadagnare anche Forza Italia.