Le ragioni “antagoniste” di chi chiede casa e lavoro

I manifestanti restano accampati dopo la manifestazione romana del 19 ottobre contro l’austerità. Cosa esprime il confluire di tanti movimenti che rifiutano ogni rappresentanza e partono dal diritto alla casa e al lavoro dignitoso?
Manifestanti stop sfratti

«Martedì al ministro Lupi non daremo tregua. La nostra richiesta di blocco degli sfratti per morosità non è contrattabile, così come la destinazione delle risorse verso un piano casa degno di questo nome, risorse ora destinate a grandi opere come il Tav o grandi eventi come l'Expo». La piattaforma “antagonista” del movimento degli accampati in piazza di Porta Pia, a Roma, è così chiaro, nella sua mancanza di mediazioni, che difficilmente potrà ricevere risposte positive dal rappresentante del governo Letta.

Chi potrà gestire il conflitto che nasce dalle richieste di questi raggruppamenti di comitati che rifiutano ogni tipo di rappresentanza partitica? Inaspettatamente il ministro degli Interni Angelino Alfano ha ringraziato, oltre le forze di polizia, la gran parte dei manifestanti che hanno marciato pacificamente, mentre l’ex primo ministro Mario Monti ha addirittura affermato, riferendosi ai tanti precari presenti in piazza, che «quei ragazzi che vogliono avere un futuro hanno ragione». Ma i precari invecchiano come tutti e molti di loro, assieme a tanti sfrattati, hanno marciato verso i palazzi ministeriali con i figli piccoli e grandi al seguito, come a scongiurare il propagarsi degli episodi di teppismo che hanno riempito regolarmente le prime pagine domenicali di alcuni quotidiani.

Ha funzionato il servizio d’ordine autogestito e l’azione di molti, anche documentata con video, che si sono frapposti tra violenti e polizia. È avvenuto qualcosa di molto diverso dai fatti dell’ottobre 2011, quando la più grande manifestazione contro l’austerità in Europa si è conclusa con le colonne di fumo che salivano da piazza san Giovanni (ecco la cronaca di allora da cittanuova.it). Un evento traumatico che ha messo in secondo piano le stesse esigenze materiali di casa, lavoro, salute e accoglienza che ora attanagliano molte più persone. I centri Caritas documentano l’aumento esponenziale del numero dei nuclei familiari senza soldi per mangiare e l’Istat continua sciorinare i dati della povertà assoluta e relativa come della forte deprivazione di chi non può far fronte al pagamento di una bolletta imprevista.

Cosa è cambiato dal 2011?
Nel 2011, quegli scontri hanno segnato la progressiva perdita di rappresentanza dei partiti a sinistra del Pd, come si è visto, assieme al forte astensionismo, nelle ultime elezioni politiche. Anche allora alcuni manifestanti, ignorati da tutti, sono rimasti accampati per qualche mese al circo Massimo fino alla caduta della neve sulla Capitale. Ora le tende a Porta Pia sono programmate come temporanee fino a martedì e già si annuncia la presenza dei manifestanti a Firenze, dal 23 al 25 ottobre, in occasione del convegno dell’Associazione dei comuni italiani (Anci) sul diritto di residenza, secondo una tattica dell’“assedio” che richiede una forte organizzazione da verificare nei fatti. Per il momento, i promotori del 19 ottobre possono esibire una maggiore partecipazione di persone di quella precedente ultra pacifica del 12 ottobre (“La via maestra”) convocata da diverse associazioni nazionali in piazza del Popolo contro il governo di larghe intese, la sua politica di austerità e il tentativo di modificare la Costituzione senza passaggio referendario.

Resta il fatto che oggi chi manifesta in piazza sa per certo che il suo gesto non produce, di per sé, un cambiamento delle cose, neanche sul contratto dell’ultimo commesso precario del negozio che abbassa la saracinesca per paura degli scontri. Gli stessi manifestanti sanno che i cosiddetti palazzi ministeriali del potere difesi dalla polizia in tenuta antisommossa non sono più tali perché le decisioni strategiche finanziarie arrivano da altre parti ed è difficile sapere da dove. Per questo motivo diventa prioritario, per i movimenti “antagonisti”, ad esempio, esercitare a Roma un contropotere nei fatti, con l’occupazione “illegale” degli immobili vuoti davanti alle esigenze di 60 mila famiglie rimaste senza abitazione. Lo stesso accade in tante vertenze di lavoro come quelle degli addetti alla logistica, i call center, ma anche certi servizi pubblici dove i sindacati di base sono ormai prevalenti rispetto alle sigle di Cgil, Cisl e Uil.

La crisi vissuta in prima persona
Realtà eterogenee, non solo i “no tav” ma anche una forte presenza di migranti, che cercano di formare un blocco sociale capace di mettere insieme gli esclusi, chi «la crisi la vive in prima persona», con esiti politici tutti da verificare. Ma resta il dato che emerge del «lavoro vivo contemporaneo, precarizzato e impoverito» ben conosciuto da realtà come l’associazione Atd quarto mondo che proprio sul sagrato di San Giovanni, il 17 ottobre giornata per la lotta alla miseria, ha proposto un momento di riflessione sull’emergenza della povertà accogliendo il saluto anche di organizzazioni in procinto di partecipare alla manifestazione del 19 ottobre, come Action, diritti in movimento. L’urgenza evangelica di padre Joseph Wresinski, fondatore di Atd, gli impose nel 1946 di rivolgersi agli esclusi, in primo luogo ai lavoratori senza qualifica, diseredati, con serie difficoltà a trovare una rappresentanza sindacale. Qualcosa che non è poi così lontano da quanto accade oggi e che rimanda alla citazione, frequente in Atd Quarto mondo, di Charles Peguy: «Basta che un singolo uomo sia tenuto o consapevolmente lasciato nel bisogno perché l’intero contratto civile debba considerarsi nullo e invalido. Fino a quando resta fuori un uomo, la porta che è chiusa sulla sua faccia racchiude una città di ingiustizia e di odio». Parole attuali di un cristiano del 1902. 

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