Le Quattro Stagioni
Vivaldi e Bruckner alla stagione dell’Orchestra Sinfonica di Roma, all’Auditorium di via della Conciliazione di Roma
Chissà se Antonio Vivaldi, il “Prete rosso” – poco prete ma genio musicale – si sarebbe aspettato il successo mondiale delle sue Stagioni, pubblicate ad Amsterdam nel 1725, subito famosissime, ma poi sepolte nell’oblio totale fino ai primi del ‘900.
Certo che la freschezza, la fantasia, la limpidezza di questa musica ha pochi rivali. Le Stagioni ricreano davvero l’atmosfera, il clima anche fisico delle stagioni nell’area veneta. Chi le ha vissute, le risente con quell’umore giocoso, malinconico, calmo o rapido, mai eccessivo che è appunto il clima “moderato” di quella zona. Echi se ne trovano ancora nella pittura di Giorgione, negli affreschi delle ville, del Veronese a Maser, del Tiepolo a Vicenza.
Strumento principe è il violino. I contemporanei raccontano che Vivaldi era un’altra persona quando lo suonava: era paradiso e inferno, aria celestiale ed aria sulfurea. Insomma, la fantasia al potere, anche se quanto mai controllata nel dialogo con gli altri strumenti.
Oggi è difficile eseguire a dovere Vivaldi. Che si usino gli strumenti d’epoca o quelli attuali non è così importante. Importante è avere la sua “anima”, il gusto per il colore “veneto” della melodia e del ritmo, quel misto di cantabilità affettuosa e di scherzo vivo. Marco Fornaciari ne ha dato una lettura tradizionale, con capacità tecnica sperimentata, rapidità (forse eccessiva), cantabilità soave. L’orchestra ha accompagnato con onestà, ma forse avrebbe avuto bisogno di un maggior numero di prove. Il credere che Vivaldi sia “facile”, poi si paga…
E’ toccato poi all’immensa Sinfonia n. 4 “Romantica” di Bruckner, il compositore austriaco del tardo ottocento, innamorato di Wagner. E Wagner lo si sente nel gigantismo orchestrale, nei leitmotiv insistenti, nella presenza altisonante degli ottoni. E’ una natura “cosmica”, che ricorda certa pittura di van Gogh. Bruckner inizia sempre con un tremolo sussurrato degli archi su cui staglia il tema principale, cantato dai corni. E’ come una apparizione.
Questo aspetto mistico della natura, la religiosità che la pervade, il mistero che l’anima e che l’orchestra flessuosa decanta, sono le caratteristiche più belle di questa musica. Ci si immerge fino a sentirci portati in alto, rapiti all’interno di un cosmo vitale. Ma non ci si perde in esso, come succede in Wagner- sulla scia della filosofia di Schopenhauer -, ma si resta noi stessi, presenti al flusso vitale della natura. Qui l’orchestra diretta da Berislav Skenderovic ha fatto centro, tornendo di colori morbidi ma anche di accordi tonanti il viaggio del compositore dentro l’universo. Per poi discenderne migliori.
Musiche dunque straordinarie. Vale la pena procurarsi le incisioni: per Vivaldi quella dei Solisti Veneti, per Bruckner quella diretta da Giulini