Le proposte di studenti e professori
Una bandiera dell’Italia è appesa su una terrazza vicino alla metro Piramide. In cielo non c’è una nuvola, non tira vento, ma il tricolore si muove quasi spinto dalle voci delle migliaia di studenti che si sono dati appuntamento sabato mattina, alle nove, sul piazzale antistante la metro. I visi sono svegli, speranzosi, c’è chi chiacchiera, i giornalisti si avvicinano per le prime interviste, si aspettano gli amici, c’è chi inizia a provare i megafoni, i primi striscioni e cartelloni vengono tirati fuori dagli zaini. I tg ci dicono che la tensione è alta, soprattutto in ricordo dei fatti accaduti il 14 novembre, ma gli studenti tranquillizzano: «Siamo qui per manifestare contro le politiche di austerità, contro i tagli all’istruzione, contro un futuro che ci è stato rubato» mi dice Giulia, che studia economia a Tor Vergata. «Dobbiamo appoggiare gli studenti delle medie e del liceo, scendere in piazza con loro, vogliamo arrivare al centro, raggiungere i palazzi del potere ma senza scontri, la nostra è una manifestazione pacifica».
I ragazzi delle medie e del liceo, che scendono in piazza contro la proposta di legge Aprea, sono appoggiati e fiancheggiati dagli studenti universitari e dai professori. Camilla è al primo anno di università, ma questa mattina ha rappresentato gli studenti delle medie: «Siamo contro una legge che riduce la rappresentanza studentesca nelle scuole, sono vaghi, infatti, i rimandi ai diritti di assemblea. Siamo anche contro i finanziamenti dei privati alla scuola pubblica, questi soggetti possono introdursi nella gestione delle nostre scuole, prendere decisioni a livello didattico e informativo, creando così conflitti di interesse, mentre il sapere deve essere libero». Inoltre, continua Camilla «pretendono di valutarci attraverso i test Invalsi ma questo non è possibile, le scuole sono diverse come gli insegnamenti, non capiscono che con test a crocette ci valutano solo su nozioni minime e non sul nostro reale sapere».
Come lei molti altri la pensano allo stesso modo. Ilaria, Sara, Eliana e Alessandro frequentano il liceo scientifico Morgagni che è stato occupato per cinque giorni e mi raccontano come hanno gestito l’occupazione: «La scuola ne è uscita senza danni» mi dice Eliana. «Abbiamo ripulito tutte le classi, riverniciato le scritte e aggiustato i banchi», continua Sara «abbiamo organizzato corsi e discusso su quello che sta accadendo. La nostra è stata un’occupazione partecipata e costruttiva». Per strada c’è anche chi per manifestare liberamente è venuto da lontano: è il caso di Alessandro, Gianluca e Marco, che insieme ad un gruppo di amici si sono organizzati con il pullman e sono arrivati a Roma da Manfredonia. Anche loro sono contro le politiche di austerity, contro la mancanza di fondi e i tagli all’istruzione, ma anche contro la violenza. Mi dice Alessandro: «Con gli scontri non si ottiene nulla, certo se ci attaccano noi dobbiamo difenderci».
Alle 11 finalmente si parte. Un elicottero della polizia si alza in cielo, qualcuno rompe il silenzio e partono i primi cori, i ragazzi con gli striscioni sono in prima fila, apre il corteo un lunghissimo striscione blu su cui risalta un’imponente scritta bianca “Contro crisi e austerità riprendiamo la città”. Da un vecchio camioncino verde esce della musica, in testa scolapiatti colorati al posto dei caschi, li accompagna un uomo sulla sedia a rotelle, si chiama Pasquale, è li con i suoi nipoti: «Scendo in piazza – spiega – per far sentire ai ragazzi che non sono soli».
Accanto agli studenti Italiani a sfilare ci sono anche studenti palestinesi. Dopo un po’ di resistenza si apre con me Takoua: è in Italia da quando è bambina, ora è al quinto anno di ragioneria e in più studia fumettistica, sfila per i diritti degli studenti ma anche per la Palestina, per i diritti umani che spesso non vengono rispettati e per la pace.
La manifestazione prosegue pacifica, si attraversa il centro, si passa sul lungotevere fino ad arrivare davanti al Colosseo, qui il corteo si scioglie, non c’è stata violenza, ciò che è accaduto la scorsa settimana non si è ripetuto. C'è stato solo dialogo e ragazzi che cercano di difendere la loro istruzione e il loro futuro attraverso il mezzo più potente che c’è: la parola.