Le parole di un Papa
Aeroporto di Fiumicino, mentre attendo l’imbarco per Catania, ricevo una copia di quei quotidiani che vengono distribuiti gratuitamente. La mia curiosità viene catturata da due pagine di sms, Messaggi e pensieri d’amore, che mi mettono al corrente: dell’infatuazione di un barista: “Alla moretta del terzo piano del Cotral: hai due occhi azzurri magnetici. Vorrei tanto conoscerti. Dal barista che ti vede quasi tutte le mattine”; del compleanno di un (giovane?) papà: “A papà P. dal tuo angioletto Brian e da mamma R.: ti vogliamo bene!”; di un’amicizia che poteva essere qualcosa di più: “Ad A.: anche se siamo solo amici, io ti porterò sempre nel mio cuore. S.”; di due che proprio non si decidono: “Per A.110 e G.: si vede che siete cotti l’uno dell’altra! Siamo gli spettatori di questa soap da due anni, ma quando vi decidete a mettervi insieme?” ; di un innamorato cotto e romantico: “A R.: quando ti vedo il mio cuore batte forte. Sei bella come il sole, come le stelle, come il tramonto. W.”; e addirittura di una proposta di matrimonio: “Per S. da M.: sono ormai otto mesi il 22… mi vuoi sposare?”.
Ah, l’amore, che cosa bella! E quanta voglia di comunicarlo a tutti e “in diretta”. Mi sento immerso in un immenso reality. Domani, chissà, in aeroporto o in metropolitana, forse potrei sapere se il barista è riuscito a conoscere la sua bella, se quei due hanno finalmente trovato il coraggio di mettersi insieme, se il bel Romeo ha conquistato la sua Giulietta e soprattutto se lui, lo scapolone resistente, ha detto il fatidico sì.
L’amore! È il pane quotidiano della nostra vita. Di tutti. Non è strano allora che l’enciclica di Benedetto XVI, Deus caritas est, secondo la Libreria Editrice Vaticana, sia stata la più venduta della storia, distribuita oltre che nelle librerie italiane, in tutti i supermercati e ipermercati, centri commerciali, autogrill e aeroporti. E neppure può sorprendere il fatto che da un anno a questa parte si sia prodotta una vera valanga di articoli, commenti, studi e guide alla lettura. Le parole del Papa hanno fatto centro. Nel mondo cattolico, nelle altre confessioni cristiane e nella cultura laica.
Eugenio Scalfari, per esempio, coglieva la dimensione politica dell’enciclica: “In un’epoca nella quale i fondamentalismi avanzano, anche quelli dichiaratamente cristiani o quelli che usano il cristianesimo come instrumentum regni, il richiamo di Ratzinger alla centralità dell’amore, alla passione per l’amore, all’identificazione tra amore e caritas, alla sua forza e alla sua mitezza, configura una posizione fermissima di resistenza contro ogni chiamata alle armi in nome del Dio unico e comune delle tre grandi religioni monoteistiche e in particolare del messaggio evangelico del cristianesimo e della Chiesa cattolica e apostolica” (Repubblica, 5.2.06).
Giuliano Ferrara, invece, sottolineava la “madornale inversione delle parti. I cattolici discutono di peccato e santità, di energia e lucore dell’eros come cura dell’esistenza e rinvio a quell’altro di cui ogni uomo e donna hanno una suprema nostalgia; noi, emancipati dalla disciplina divina della fede in un Dio che ci ama, riduciamo il principio del piacere, in tutta la sua urgenza e legittimità, a dovere sociale diffuso, a modello di comportamento eguale e santificato dalla norma positiva, a psicologia della sessualità di fatto” (Foglio, 24.1.06).
Giovanni Reale rifletteva sulla “rivoluzione filosofica operata da Papa Ratzinger. I due paradigmi antitetici, eros e agape, l’idea greca e quella cristiana, il principio di prendere e quello di dare, da sempre contrapposti e non sovrapponibili, s’includono considerando che in Dio diamo l’amore agli altri acquisendolo però prima da Dio stesso. Il dare presuppone l’acquisire” (Avvenire, 28.1.06).
Livia Turco, attuale ministro della salute, rimane sorpresa dall’enciclica “per la sua intensità umana. È come se il Papa volesse anzitutto mettersi in sintonia con l’umanità profonda delle persone… se dovessi esprimere in sintesi il senso che colgo di questa enciclica è di una Chiesa che cerca una pacificazione con l’umanità dell’uomo. Pertanto ci ripropone un cristianesimo che in quanto è religione dell’amore per l’uomo è universale… in questa riflessione nessun moralismo o pessimismo sulla sessualità. Al contrario leggo una critica ai processi di mercificazione e di banalizzazione della libertà sessuale che non può che essere accolta con un sospiro di sollievo! Da tutti… La conclusione dell’enciclica è come se consegnasse prima di tutto alle donne la responsabilità di riscoprire e riproporre al mondo di oggi la verità profonda dell’amore per ricostruire un senso autentico della vita umana – individuale e sociale – e per rendere più forte la libertà di ciascuna persona” (l’Unità, 26.01.06).
Il Papa stesso, alla vigilia della pubblicazione della Deus caritas est, aveva manifestato l’intenzione che lo aveva guidato nella redazione dell’enciclica: “Volevo mostrare l’umanità della fede, di cui fa parte l’eros – il sì dell’uomo alla sua corporeità creata da Dio, un sì che nel matrimonio indissolubile tra uomo e donna trova la sua forma radicata nella creazione. E lì avviene anche che l’eros si trasforma in agape… L’agape cristiana, l’amore per il prossimo nella sequela di Cristo non è qualcosa di estraneo, posto accanto o addirittura contro l’eros; anzi, nel sacrificio che Cristo ha fatto di sé per l’uomo ha trovato una nuova dimensione” (Discorso al Pontificio Consiglio “Cor unum”, 23.01.06).
È da questo punto di vista, quello di Cristo crocifisso e risorto, che Benedetto XVI, nel Messaggio per la Quaresima 2007 “Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto”, ha ripreso e rilanciato i temi dell’enciclica: “Guardiamo a Cristo trafitto in Croce! È Lui la rivelazione più sconvolgente dell’amore di Dio, un amore in cui eros e agape, lungi dal contrapporsi, si illuminano a vicenda. Sulla Croce è Dio stesso che mendica l’amore della sua creatura: Egli ha sete dell’amore di ognuno di noi… Si potrebbe addirittura dire che la rivelazione dell’eros di Dio verso l’uomo è, in realtà, l’espressione suprema della sua agape… Accettare il suo amore, però, non basta. Occorre corrispondere a tale amore ed impegnarsi poi a comunicarlo agli altri: Cristo “mi attira a sé” per unirsi a me, perché impari ad amare i fratelli con il suo stesso amore”.
Credere all’amore e vivere l’arte di amare sono stati sin dall’inizio, e ancora oggi, il cuore dell’esperienza di Chiara Lubich, quasi una nuova rivelazione di Dio Amore, della quale in queste pagine vogliamo farci eco. Fede nell’amore e impegno ad amare che possono, e dovrebbero, diventare centro e radice degli itinerari di formazione e della vita di tutti i consacrati e consacrate.